EDIZIONE 2006

IL PERCORSO
SAN GIOVANNI IN GALDO (CB) - CAMPODIPIETRA (CB) - TORO (CB) - JELSI (CB)


L'itinerario

San Giovanni In Galdo
E' il quarto ed ultimo giorno della dodicesima edizione di "cammina, Molise!". L'intera giornata è stata organizzata in collaborazione con l'Unione dei Comuni del Tappino che ha provveduto a finanziare l'accoglienza nei vari comuni. Il sig. Mario Santella di Jelsi ne è stato il promotore e con questa azione ha fcilitato non poco il lavoro del Coordimanento.
I marciatori, ad un km dal paese, si incontrano con il Sindaco che li condurrà sulle rovine del Tempietto Italico. Qui a fare da cicerone è il poeta Nicolino Di Donato, Direttore artistico del gruppo Folk "Zig-zaghini" di S.Giovanni in Galdo. Finita la visita al sito archeologico i camminatori si avviano verso il paese, dove arriva dopo circa mezz'ora di cammino. L'ingresso festoso, e poi la visita guidata al centro storico.

Campodipietra
I paesi attraversati in questa tappa sono molto vicini tra di loro e quindi si procede con una certa tranquillità. Appena dopo le undici i marciatori sono alle porte di Campodipietra. Anche qui l'ingresso festaiolo del gruppo è accolto dagli applausi della cittadinanza che subito fraternizza. Frequenti sono le estemporanee serenate, di cui una molto toccante viene fatta ad un ragazzino portatore di handicap che apprezza moltissimo. Il Sindaco ed il sacerdote illustrano le caratteristiche architettoniche della Chiesa di S.Martino, si prosegue quindi nella visita del centro storico e prima di ripartire si offre ai marciatori aperitivi e bevande varie. Appena usciti da Campodipietra i camminatori incrociano uno strano individuo con un cappellaccio in testa ed un bastone tra le mani di grosse dimensioni. Questi poi si rivela essere Vincenzo Colledanchise, l'etnologo nonchè camminatore di Santiago di Compostela già noto al Coordinamento per essersi proposto come guida per Toro.

Toro
Vincenzo guida quindi il gruppo verso Toro. Appena arrivati in paese trovano l'accoglienza del Sindaco e degli amici della Pro-loco e di tanti cittadini che stavano in attesa. Vincenzo, profondo conoscitore delle bellezze archittoniche e storiche del suo paese, trascina in un appassionato tour il folto gruppo mai stanco di sentire la voce infervorata di questo colto ed effervescente torese. La visita ha il suo culmine quando si va a visitare il museo etnografico delle tradizioni contadine e religiose. Questo museo, messo in piedi da Vincenzo in anni di duro e appassionato lavoro, rapresenta qualcosa di straordinario: mai visti tutti insieme migliaia e migliaia di oggetti, custoditi con tanto amore, a testimoniare la storia e la cultura di secoli di vita contadina e religiosa. Vincenzo riceve molti applausi in segno di riconoscenza. E' il minimo che possono fare i marciatori. Si spera che chi di dovere, quelli a cui spettano le competenze istituzionali, prima o dopo si smuovano, prima che tale tesoro possa deteriorarsi. Si va quindi a pranzo nel capannone della palestra e qui ancora uno spettacolo nello spettacolo. Prima di tutto lo spettacolo del pranzo, così accuratamente preparato da mani sapienti capaci di far gustare appieno i sapori legati alla gastronomia locale; poi lo spettacolo vero e proprio, improvvisato da un inedito Vincenzo, con cappellone da pagliaccio in testa e tante poesie e filastrocche da recitare. Infine, a malincuore, i saluti ed i dovuti e sentiti ringraziamenti agli amministratori, alla pro-loco, a Vincenzo e quanti hanno dato il proprio contributo alla buana riuscita di questa bella festa. Per concludere una breve visita al Convento dove i marciatori sono attesi dal Priore che sapientemente illustra le caratteristiche artistiche ed architettoniche del posto.

Jelsi
E' tardi, tanto per cambiare. Per di più le nuvole si addensano e già comincia a piovere. Si decide di farsi trasportare dai bus per un tratto fino al sito archeologico delle grotte di Jelsi, dove il giovane archeologo Michele Roccia con gli amici dell'Associazione San Amanzio sta aspettando i marciatori. La visita alle grotte di Civitavecchia, sito paleolitico, con strutture appartenenti a civiltà italiche, deve essere fata a scaglioni di non più di venti persone, per motivi di sicurezza. Quando anche l'ultimo dei marciatori ha concluso la sua visita alle grotte, Michele si mette alla guida del gruppo e procede verso Jelsi.
Si arriva al ponte Campobasso e si entra in paese da questa antica strada, che una volta era quella che collegava Jelsi al capoluogo. La visita al centro storicoed alle traglie si rivela alquanto accurata ed esaustiva: l'opera di facile esposizione di Michele è molto apprezzata e viene sinceramente ringraziato. Il buio della sera e la pioggia sono in agguato. In piazza è tutto pronto per la festa di chiusura della manifestazione. Grossi preparativi. Tavole imbandite, stand gastronomici ricchi di ogni bendidio, stand dell'artigianato locale, palco pronto per l'esibizione degli "Zig-zaghini" e tanta gente in piazza. Invece arriva l'acqua. Con la santa pazienza, propria del molisano, si cerca di allestire più in fretta possibile all'interno di un ampio locale comunale attiguo alla piazza almeno i posti a sedere per i marciatori e far loro consumare la cena. Tutti accalcati all'interno del locale. I marciatori, gli organizzatori, i Sindaci dei paesi attraversati ed il presidente dell'Unione dei comuni del Tappino sono tutti lì.
Una visita inattesa mette in subbuglio il Coordinamento, dati i rapporti difficili con le istituzioni regionali sempre sordi alle richieste leggittime di una attenzione concreta nei confronti di "cammina, Molise!" che da dodici anni offre a livello di volontariato professionalità ed energie varie per la valorizzazione delle terre molisane. Ebbene in mezzo ai sindaci spicca la presenza di un noto parlamentare europeo, ex consigliere regionale, e di un altro consigliere regionale di maggioranza. A fine festa, al momento dei saluti e dei ringraziamenti, i marciatori hanno la contetezza di ascoltare gli apprezzamenti verso la manifestazione espressi ad alta voce dal parlamentare. In dodici anni hanno fatto sempre così: belle pacche sulle spalle in segno di compiacimento e niente più. La lotta su questo fronte è destinata a continuare se continuerà "cammina, Molise!". I vari Vincenzo, Michele e i tanti altri che, come gli amici del Coordinamento di "cammina, Molise!", si dannano di lavoro, seppure appassionato, per far risorgere le proprie terre, dovranno ancora combattere e sodo per vedere qualche risultato nella situazione stagnante della politica molisana.
Finalmente cessa la pioggia ma è già tardi. Finita l'ottima cena, si esce tutti in piazza a gustarsi l'esibizione del gruppo folcloristico degli "Zig-zaghini" diretto dal maestro Nicolino Di Donato. Sul palco, a fine festa, tutti i Sindaci, i rappresentanti delle Associazioni e delle Pro-loco, e i Coordinatori ed i Collaboratori di "cammina, Molise!" che si scambiano targhe e doni in segno di reciproco ringraziamento per l'ottima riuscita, nonostante la pioggia, della XII° edizione della manifestazione.

 

NOTIZIE

ALBUM

S. Giovanni in Galdo


Provincia CB
C.A.P. 86010
Altezza s.l.m. 610
Superficie kmq 19
Abitanti 698
Santo Patrono
S. Giovanni Battista 27/29 Agosto

CENNI STORICI
Le strutture del piccolo santuario italico, riportato alla luce negli anni precedenti, testimoniano che il territorio realmente risale all'epoca antica. Il centro, sul finire dell'epoca longobarda, divenne pertinenza dei Benedettini di Santa Sofia in Benevento. Nel 1785 finiva tale sudditanza e nel luogo veniva inviato un Governatore Regio. Questa carica si protrasse fino al 1806. Architettura Un'opera di valore storico la troviamo in una proprietà privata, è l'impianto planimetrico del tempietto italico, che richiama la tipologia dei luoghi sacri. All'interno del centro abitato si trova la chiesa di San Germano, che custodisce un pulpito di ottima fattura. Questo, decorato con figure di Santi, è retto da due pilastri con capitelli decorati, raffigurante sulla parte frontale un'arco trilobato. All'interno della stessa, troviamo due leoni risalenti al XIII secolo che fungono da base di acquasantiere.
FESTE E SAGRE
Tra le tradizioni ancora in uso nel paese vi è quella della sagra del "frecassè", che cade il 29 agosto, in occasione della festività di San Giovanni, il tipico pasto consiste in interiora d'agnello, uova e formaggio. Una rappresentazione da non tralasciare è la Via Crucis che si avvale della recitazione degli abitanti del luogo vestiti con abiti d'epoca. La stessa si conclude con la "Crocefissione" sul Colle Calvario. Nelle notti del 31 dicembre e del 6 gennaio, gruppi di persone del paese intonano le tradizionali "maitunate". I canti ed i balli tradizionali del luogo, vengono raccolti e rappresentati dal gruppo folcloristico "Zig-Zaghini" in tutte le parti del mondo.



SAN GIOVANNI IN GALDO
Foto di Gianfranco Zerbesi

SAN GIOVANNI IN GALDO - CAMPIDIPIETRA

Foto di Gianfranco Zerbesi

Campodipietra

Provincia CB
C.A.P. 86010
Altezza s.l.m. 504
Superficie kmq 19
Abitanti 1664
Santo Patrono S. MIchele
Data del S. Patrono 11 Agosto


CENNI STORICI
Le origini di Campodipietra risalgono al 1200, quando una colonna di militari germanici, al servizio di Federico Lo Zoppo, prese dimora sullo sperone roccioso dell'attuale località Coste di Santa Maria. Successivamente la storia del centro fu caratterizzata da un tranquillo avvicendarsi di signori e casate più o meno importanti. Tra quest'ultime meritano menzione quelle dei Gambatesa (fine del XV secolo) e dei Carafa.
Il centro storico conserva le caratteristiche medievali, esso mostra vicoli stretti con selciato in pietra e piccoli edifici a stretto contatto tra di loro. L'intero abitato era racchiuso, nello stesso periodo, da una sicura cinta muraria che si apriva in tre soli punti con le rispettive porte. La chiesa di San Martino fu costruita nei pressi di una di quest'ultime nel luogo oggi denominato Borgo della Porta. L'edificio sacro custodisce all'interno una preziosa tela del pittore molisano Paolo Gamba, raffigurante l'Immacolata (1774). Alla più piccola chiesa di San Bonaventura, edificata in epoca successiva al Medioevo, è legata una tipica storiella locale: gli abitanti di Campodipietra vi si riunirono nel 1705 per decidere, tramite votazione, quale dovesse essere il Santo Protettore delle campagne, (gravava continuamente la minaccia di grandinate), la popolazione del luogo avvertiva il bisogno di affidarsi completamente ad un protettore celeste perché in precedenza le intemperie avevano causato gravi danni alle campagne. Il ballottaggio si svolse tra San Bernardino da Siena e San Martino e quest'ultimo "ebbe la meglio".
FESTE E SAGRE
La Campodipietra moderna è un centro che accomuna il nuovo e la tradizione con estrema disinvoltura. Alla tavolata che ha luogo in occasione della festività di San Giuseppe, il 19 Marzo ed è composta da 14 pietanze, è affiancata una rivisitazione del Carnevale (è stata ripristinata dai giovani del luogo) con la sfilata dei carri addobbati, carichi di giovani mascherati e schiamazzanti per l'intero territorio comunale. L'Estate è vivacizzata dai balli in piazza, i giochi popolari (albero della "cuccagna", corsa nei sacchi) caratterizzano, oltre le cerimonie sacre, la festività di San Michele (11-15 Agosto).

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CAMPODIPIETRA
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Costantino Cirelli

TORO

Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Costantino Cirelli

TORO - JELSI
Foto di Gianfranco Zerbesi

 

JELSI
Foto di Maurizio Germano
Foto di Gianfranco Zerbesi
Foto di Costantino Cirelli

Toro

Provincia CB
C.A.P. 86018
Altezza s.l.m. 606
Superficie kmq 24
Abitanti 1558
Santo Patrono
S. Mercurio Martire
Data del S. Patrono 23/27 Agosto

TORO, sul versante collinare della fondovalle del Tappino, a 12 chilometri da Campobasso, si porge al visitatore con le blandizie di una bella donna, specie la domenica mattina, inondata di sole. Piazza del Piano, “arengo ciarliero dei sogni” secondo Emilio Spensieri, pullula di battute, sorrisi, ammiccamenti. Ma, sulle prime, è bene sfuggire all’abbraccio della piazza, resistere al richiamo degli sguardi luminosi della sana gioventù a passeggio e tuffarsi, invece, nel dedalo di viuzze deserte, le rue o ruve di boccaccesca memoria e diretta derivazione latina, che si dipanano dal sagrato della chiesa. Le rue sorprendono (come sorpresero Longano nel Settecento) con splendidi colpi d’occhio su un panorama che incastona una dozzina di comuni limitrofi, spaziando dalle cime del Matese, alla valle del Tappino, ai lontani contrafforti del subappenino dauno. Né può essere altrimenti, se è stata proprio l'altezza del sito a dare il nome a Toro che nell'equivalente termine della bassa latinità significa "Collis cacuminatus et rotundus" cioè "colle aguzzo e rotondo". Non a caso, la terrazza (la loggia) si propone come motivo architettonico ricorrente delle costruzioni locali. Così la chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore ha la sua loggia, affiancata su quella naturale che è data dal sagrato; e un’altra ancora ha, sul torrione del campanile a strapiombo sul Barbacane, a spiare la piazza del Piano. Incantevole, poi la visione che offre, a chi si arrampica fin lassù, la loggia del campanile; non beninteso la cella campanaria, ma il tetto a terrazza, proprio della torre.
Tradizioni popolari
Nel silenzio ovattato delle rue, rotto di tanto in tanto dai passi frettolosi di donne sempre in faccende, si respira un'aria di stagioni antiche, che si rincorrono nel ciclo annuale delle tradizioni contadine: dalla Pasquetta, canto augurale della notte dell'Epifania, al bufù di fine anno, passando per il Carnevale, i riti di San Giuseppe, la Pasqua (tra l'altro la Via Crucis e la Scurdata), il Maggio, i fuochi a Sant'Antonio... Un'aria filtrata dall'oscura profondità di fondaci e cantine che i toresi, come api laboriose, hanno pazientemente e pericolosamente scavato a più piani nella roccia arenaria (u rapille), per farne scrigni di salumi (ricercatissima la soppressata torese) e vini che niente hanno da invidiare a quelli più celebrati: specie il bianco, sapido e frizzante. Lo si gusta sempre, ma celebra la sua apoteosi nei conviti di San Giuseppe (il 19 marzo e il 1 maggio), o all’indomani del Ferragosto, in quello di San Rocco, ovviamente di magro. Il vino rosso impera, invece, nella eccezione, che pure esiste, di convito a base di carne, salumi, e spezzatino (cacio, uova e interiora di pollo o agnello).

Il Convento
Tesori d'arte, sculture e pale d'altare, sono anche nella chiesa di Santa Maria di Loreto, costruita nel 1592 sul colle che domina il paese, a ridosso dell’omonimo convento francescano. Impossibile elencarli tutti. Ci limitiamo a indicare quelli che rimandano a papa Orsini, Benedetto XIII, il quale da arcivescovo di Benevento e abate di Santa Sofia, e quindi signore spirituale e temporale di Toro, amava soggiornare proprio nell’ameno convento. L’Orsini, che già aveva donato al convento una Madonna del Rosario, datata 1721 e firmata Nicola Boraglia, una volta papa volle donare ai frati una grande tela della Madonna di Loreto, di autore anonimo, datata 1727, con la dedica “Ex Amore Benedicti XIII”.

Mostra etnografica
Realizzata con tenacia e passione da Vincenzo Colledanchise, la raccolta privata esibisce centinaia di utensili, attrezzi da lavoro, abiti d'epoca, santini, oggetti e statue di pietà popolare...
Allogata nei locali della cantina di casa Pietrantuono, in via Sotto le Case, la Mostra rimane ufficialmente aperta nella seconda quindicina di agosto. A richiesta, previo contatto telefonico (0874-69583), il signor Colledanchise è lieto di aprire la mostra, anche negli altri periodi dell'anno.



Jelsi


Provincia CB
C.A.P. 86015
Altezza s.l.m. 597
Superficie kmq 28
Abitanti 2040
Santo Patrono S. Andrea
Data del S. Patrono 30 Novembre

Riguardo le origini del paese molisano, il parere degli storici è discorde: alcuni ritengono che Jelsi sia stata fondata da alcune colonie di zingari e per questo veniva chiamata nel 1494 "Terra Gyptie", altri invece sostengono che il paese abbia avuto origine presumibilmente nel 680-700 dalla tribù degli Zingani, appartenente al popolo dei Bulgari.Lo storico dott. Vincenzo D'Amico colloca la fondazione di Jelsi tra il VII - VIII secolo D.C. ad opera di una popolazione bulgara destinata alle nostre terre da Grimoaldo, ex duca di Benevento poi Re dei Longobardi.

Il paese durante l'ultimo scampolo di dominio longobardo nel Molise era denominato "Gittia" per divenire Gelzi o Gilizza nel 1600. Jelsi compare in molti documenti del 1092, del 1148, del 1194 e ancora in un elenco di Defetari, redatto nel 1212. Dopo il 1212 il feudo di Jelsi fu assegnato all'amministrazione dell'imperatore Federico II. Il primo feudatario del paese fu Bertrando di Beaumont, come si apprende da un documento del 6 marzo 1270: questo documento registra l'assegnazione di Jelsi e del vicino territorio di Gildone da parte di Carlo I d'Angiò a Bertrando di Beaumont.

Nel 1334, dopo la morte di Bertranda, nipote di Bertrando, la Casa dei Beaumont si estinse e il feudo passò alla famiglia dei Barras, che lo detenne fino al 1477, quando ne divenne proprietario Alberico Carafa. Il suo buon governo venne ripagato dal Re di Napoli Ferdinando I d'Aragona con la concessione al feudo dello status di Contado. Il feudo restò alla famiglia Carafa, fino a quando Girolamo Carafa fu costretto a cederlo a Nicolò Pavesio per i debiti accumulati. Soltanto nel 1606 Eligi Carafa riuscì a ricomprare il feudo, che restò in possesso della sua famiglia, con varie vicissitudini, fino all"eversione della feudalità.

Tra il 1656 e il 1657 Jelsi dovette lottare contro la peste. Dopo l'epidemia il paese subì l'attacco dei briganti di Cesare Riccardo il quale, alleatosi con una famiglia di Jelsi intenzionata a vendicarsi dei Carafa, rubò molti oggetti preziosi e incendiò molte abitazioni. Era il 17 marzo del 1672. Il centro medievale ha una forma a fuso, nata da un impianto urbanistico di epoca romana; si vede ancora chiaramente il decumano (Via S.Andrea), invece il cardo è poco riconoscibile per la sovrapposizione del tessuto medievale. La piazza più importante del centro Storico è Piazza Chiesa Madre.

Gli edifici che la delimitano sono la Chiesa di S.Andrea Apostolo, il complesso ducale dei Carafa, nonchè la Cripta dell'Annunziata con i soui affreschi del XIV secolo della scuola di Giotto e Pietro Cavallini.Suggestivi sono i sottopassaggi che mettono in comunicazione i vari isolati; l'altra Piazza è Largo Ripo che per la sua morfologia amplia la visione panoramica verso il fondovalle del Carapelle.

L'espansione del paese è avvenuta verso il locale tratturo, che per la sua larghezza, ha conferito al nuovo abitato ampi spazi, caratteristico Corso Vittorio Emanuele, nella cui parte terminale è stato realizzzato il Monumento ai Caduti. Nel Resto del paese si possono apprezzare: il Palazzo Valiante, il Palazzo Pinabello, il Palazzo Civico, a pochi chilometri dell'abitato, il Santuario Santa Maria delle Grazie con l'annesso Convento, le Grotte di Civitavecchia, il Parco paleontologico, Colle San Pietro e il Parco "Valle del Cerro".

La festa del grano
La Festa del Grano nasce nel 1805 come ringraziamento a S. Anna per i lievi danni subiti in seguito al rovinoso terremoto del 26 luglio 1805.
La scelta del grano come offerta ed elemento da plasmare per le decorazioni è chiamata simbolica: è il ringraziamento offerto alla "Grande Madre", S. Anna, del frutto della nostra terra. Ogni Jelsese è particolarmente fiero della Sua "Festa".
Fierezza e consapevolezza di essere nello stesso tempo autori, attori e registi di una importante rappresentazione di vita e di cultura. Ogni gruppo, ogni famiglia ed ogni contrada che vuole sfilare con il suo carico di grano si impegna alla sua realizzazione curandone l'addobbo.
Il grano diventa uno strumento espressivo e garanzia per lo svolgimento della festa nonchè l'elemento principale per la realizzazione delle traglie trainate dai buoi e dai carri a trazione meccanica.
I vari tipi di carri che prendono parte alla sfilata ogni anno il 26 luglio possono essere schematizzati come segue:
A) Il Carro della Santa.
Originariamente la statua di S.Anna veniva trasportata a spalle ma dal 1974 viene inserita su un carro pregno di elementi simbolici.
B) Le Traglie
Sono tregge tirate da buoi. La traglia si compone di due "soglie" (pattini di legno di quercia) unite da due assi su cui poggiano ortogonalmente tre tavole fermata da sei legni che formano il piano
di carico.
Sia dall'asse anteriore che da quello posteriore portano due "catinelle"
verso l'alto che si uniscono ad un palo centrale.
Il legno usato per la realizzazione della Traglia è quello di quercia. La sua decorazione viene effettuata con:
- trecce di grano (ogni spiga viene pulita dalle foglie superflue e messa in ammolo per 24 ore e lavorata a treccia).
- pellone (struttura sferica ricoperta di grano, portata da un bastone);
- nicchia (arbusti di legno ancora verdi, ritorti e uniti da filo di ferro e coperti da trecce di grano);
- pellome (piccoli bastoncini lignei incrociati e fissati con fili di paglia lavorati in forma geometrica).
C) Le Trasportatrici.
Giovani in costume tradizionale che trasportano covoni di grano.
D) I Carri in Miniatura.
E' il contributo dei più piccoli e il carico viene fatto tirare da cani o ovini.
E) Gli Asini.
Un tempo molto in uso trasportavano il carico direttamente sulla groppa, abbellito con trecce di grano.
F) I Carri Agricoli a Trazione Meccanica.
L'ingresso dei carri trainati da trattori è recente e segna un rinnovamento del trasporto dei carichi.
G) I Carri Moderni.
Scenografie decorate con grano artisticamente lavorato, sono le principali innovazioni apportate da questo tipo di carico.
Negli ultimi anni la Festa si è gemellata con altre similari. come quella delle "Regne" di Minturno e quella del "Covo" del Santuario Mariano di Campocavallo di Osimo, riscuotendo un grande successo.
Il 18 ottobre 2000 il carro raffigurante la Porta Santa è stato portato a Roma in udienza Pontificia dal Santo Padre Giovanni Paolo II.
L'ultimo Gemellaggio nel 2003, con la Festa del Pane di Savigliano. La festa è stata presente al "B.I.T." di Milano e alla "Manifestazione Città dei Sapori" di Roma
Nell'anno 2005 si è tenuto il Bicentenario della Festa del Grano che ha richiamato un gran numero di cittadini Jelsesi residenti all'estero e la manifestazione si è svolta in un clima di particolare suggestione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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