Una rete ferroviaria che perde pezzi
di Francesco Manfredi-Selvaggi –
Le problematiche del trasporto nella regione
Ci si è concentrati sulla linea “forte”, la Campobasso-Roma e si è abbandonata quella “debole”, la Carpinone-Sulmona. Attualmente e per un altro bel po’ di tempo nella stazione del capoluogo regionale i treni non partono; speriamo che alla ripartenza possa prendere avvio anche la Metropolitana leggera
Le logiche delle principali linee ferroviarie molisane, quella costiera e la Campobasso-Roma sono diverse, la prima ha lo scopo di congiungere i centri del Nord a quelli del Sud della Penisola, la seconda quello di collegare la “capitale” del Molise con la capitale d’Italia e, però, hanno in comune un connotato significativo, la linearità. Questo andamento rettilineo ha la sua giustificazione nella necessità di ridurre il chilometraggio del viaggio e così i tempi di percorrenza. Nel contempo va evidenziato che la rettilinearità della strada ferrata è consentita dalla particolare morfologia dei luoghi che attraversa, è una fascia pianeggiante tanto la striscia litoranea quanto le vallate sottostanti al massiccio del Matese per cui, in questo secondo caso, la ferrovia che le attraversa può essere definita una ferrovia pedemontana. Sia lungo l’Adriatico sia lungo le piane matesine si legge una continuità nella distribuzione degli insediamenti abitati e ciò fa si che questi tracciati si rivelino funzionali anche al traffico locale, non solo alla connessione tra le varie parti del territorio nazionale, la ferrovia adriatica, e tra il capoluogo di regione e Roma.
Per quanto riguarda quest’ultimo tracciato è vero che la funzione primaria è quella, la si ribadisce, di legare le due polarità superiori, a livello molisano Campobasso e a livello dell’intera nazione Roma, è solo accessorio il collegamento intraregionale. Lo si dice nuovamente l’obiettivo di tale ferrovia è di unire questi due centri, se non vi fosse questa ragion d’essere non vi sarebbe il trasporto su ferro nell’ambito regionale mediano, il flusso dei passeggeri sarebbe troppo scarso. Si è evidenziato che quello interamente nostrano, la Campobasso-Roma, è una tipologia di servizio ferroviario in linea anche se, è doveroso sottolinearlo, si coglie pure un accenno di radialità, unicamente tre raggi, la Campobasso-Roma, la Campobasso-Benevento e la Campobasso-Termoli, con il perno costituito dalla nostra maggiore città. Tutto questo impianto risale a quasi un secolo e mezzo fa e da allora poco è cambiato, non sono stati costruiti altri tratti di rotaie, piuttosto se ne è dismesso uno, la Carpinone-Sulmona. Ci si è concentrati su un’unica linea, la più forte, abbandonando pressappoco l’altra, più debole. La Carpinone-Sulmona serviva l’Alto Molise dove vi sono le condizioni per ampliare la rete ferroviaria (altro che abbandonarla!) in quanto qui gli aggregati antropici sono compatti, mancano infatti le case sparse in campagna in quanto rimarrebbero isolate causa neve nei lunghi inverni di questo circondario montagnoso; ciò favorisce tale modalità di spostamento collettivo essendo il punto di raccolta dei viaggiatori, cioè la stazione, di facile accessibilità da parte degli abitanti del borgo.
La ferrovia soffre quando vi è la polverizzazione insediativa. Invece la spesa in questo settore non è stata mirata a rilanciare il troncone ferroviario altomolisano bensì a rafforzare la linea centrale della nostra terra mediante alcune innovazioni infrastrutturali come l’elettrificazione la quale, però, ancora non va in porto. Vi è stato, poi, il miglioramento dei vettori, ovvero i treni, a partire dall’introduzione del Minuetto; il convoglio ferroviario ha così acquisito un’immagine qualitativamente elevata, il treno non viene più considerato come un mezzo di trasporto obsoleto, al contrario tecnologicamente avanzato, non un qualcosa di superato, non più un veicolo, su binari, per i poveri. I rafforzamenti suddetti si sono resi indispensabili per tentare di sostenere la concorrenza dell’automobile la quale, nell’epoca che stiamo vivendo della motorizzazione di massa, è assai forte poiché in grado di soddisfare le esigenze di mobilità di una popolazione in larghi distretti territoriali dispersa nell’agro. Abbiamo discusso del vecchio e adesso vediamo il nuovo.
Tra le misure recenti messe in campo per valorizzare il traffico ferroviario vi è la Metropolitana Leggera. Ci soffermiamo sui punti di sosta della stessa perché rappresentano delle autentiche novità rispetto a quelli tradizionali non coincidendo più con le stazioni ma con le fermate. Il limite grosso delle fermate è che non essendo degli edifici bensì una semplice pensilina non hanno sale d’attesa oltre che, di certo, biglietteria, locale per deposito bagagli, bar, buffet e via dicendo il che significa che l’utente della metropolitana è al freddo, cosa tollerabile unicamente in considerazione del fatto che i tempi d’attesa, dato che sono previste ben otto corse al giorno, dovrebbero essere contenuti. L’opera più costosa nella realizzazione delle fermate della Metropolitana Leggera è stata il sottopasso il quale si spera possa servire tanto per raggiungere i binari situati nel segmento opposto della piattaforma rispetto all’entrata quanto per ricongiungere i due lati del percorso su rotaie le quali oggi costituiscono una barriera invalicabile.
Vista l’automatizzazione non c’è più bisogno di personale a presidiare le soste dei treni per cui diventa inutile l’alloggio degli addetti collocato nell’immancabile secondo livello del fabbricato stazione di un tempo, una ragione in più per rinunziare all’edificazione dello stabile. Motivi sacrosanti anche se un po’ dispiace che si arrivi ad abolire un “segno” architettonico che caratterizzava la composizione urbanistica della piazza che antecede la stazione, appunto la “piazza della stazione” vedi quella dei due capoluoghi di provincia. Le attuali stazioni di Vinchiaturo, Baranello, Guardiaregia, Campochiaro, S. Polo poste lungo il tragitto della Metropolitana Leggera dovranno giocoforza riconvertirsi in altri usi.
(Foto. F. Morgillo -Treno in partenza alla stazione di Boiano molto tempo fa)
di Francesco Manfredi-Selvaggi
lì 4 Novembre 2025

