Patrimonio storico-artistico e architettonico di Oratino
di Dante Gentile Lorusso – fb –
Esercizi di memoria, ultimi aggiornamenti. La consapevolezza
Per capire meglio cosa è successo nel corso dei secoli al patrimonio storico-artistico e architettonico di Oratino, tento un rapido attraversamento nei secoli, soffermandomi però agli ultimi decenni, quelli in cui sono stati perpetrati i maggiori e purtroppo irreversibili disastri.
Non avendo una data precisa relativa alla nascita del nostro paese, possiamo solamente ipotizzare che sia sorto intorno all’XI secolo. Allora idealmente prendiamo in considerazione due date partendo dall’anno 1.000 fino ad arrivare al 1945, anno che segna la fine della Seconda Guerra Mondiale.
In questi 945 anni il borgo di Oratino è cresciuto tutto sommato in maniera armonica, infatti, l’abitato si è sviluppato nella cerchia delle antiche mura del primitivo nucleo storico, che dai documenti sappiamo aveva due porte: Porta del Piano, ancora esistente e Porta del Colle, che si trovava in piazza Olmicello, posta tra la casa di Nicola Brunetti e quella di Anselmo De Cristofaro. In seguito, con buona probabilità intorno al XIV secolo, viene edificato il castello, che nel corso del XVIII secolo subisce una sostanziale trasformazione diventando una interessante dimora gentilizia con ampio loggiato. Sul finire del Seicento e i primi anni del secolo successivo, viene ampliata una piccola cappella (allora extra moenia), la chiesa intitolata a Santa Maria di Loreto.
Analizziamo adesso per grandi linee cosa è successo al nostro patrimonio storico, fissando come punto di partenza la data del 1945, fino a giungere ai nostri giorni, quindi prendendo in considerazione soltanto gli eventi accaduti negli ultimi 74 anni.
Iniziamo dalla chiesa di Santa Maria Assunta che, nel 1948 viene sottoposta ad un restauro, un intervento diciamo poco significativo in cui però si decide di sostituire l’antico pavimento e vengono ricostruiti in maniera non eccelsa alcuni altari, mentre parte delle colonne vengono ricoperte da marmi, allineandosi ad un gusto particolarmente in voga in quegli anni.
Negli anni Sessanta succedono cose decisamente più rilevanti. Il Palazzo Ducale, che alla fine degli anni Quaranta era stato venduto dai ricchi Signori Magno di Toro ad alcuni privati, è interessato da un lungo processo di trasformazione per essere adattato alle nuove esigenze abitative dei nuovi inquilini. Viene modificata parte della facciata principale, mentre altre due vengono completamente intonacate. Quasi tutti i volumi interni subiscono alterazioni e, il settecentesco soffitto tavolato dell’elegante e luminoso loggiato, voluto dal duca Giuseppe Giordano, viene quasi completamente smantellato, perdendo così le preziose decorazioni del soffitto tavolato dipinte dal pittore Ciriaco Brunetti (Oratino 1723 – 1802).
In quegli anni si assiste anche alla devastazione del Giardino Ducale, con le mura perimetrali, la porta d’ingresso sormontata dallo stemma della famiglia Giordano, oltre all’interessante edificio che definiva la piazza. All’interno del giardino pensile, che conteneva essenze arboree pregiate e rare, trova posto il massiccio e rigido palazzo scolastico, assomigliante per le linee austere, più ad una caserma militare.
Sul finire degli anni Sessanta tocca invece alla chiesa di Santa Maria di Loreto, elegante edificio di culto scelto dai Duchi Giordano come luogo per le sepolture della loro antica e nobile famiglia. Lo scempio messo in atto è incredibile. Vengono abbattute le due volte delle navate laterali, le cui superfici erano state completamente decorate nel 1790 da Ciriaco Brunetti, per far spazio a due anonimi e inadeguati solai; mentre la vota centrale dipinta nel 1757 da Ciriaco, in collaborazione del fratello minore Stanislao Brunetti, viene completante ridipinta da una schiera di improvvisati volenterosi giovani “artisti” oratinesi armati di pennelli e ducotone. Come se non bastasse la chiesa viene privata di molte suppellettili, dell’organo a canne, e di alcuni dipinti che erano stati donati dalla Signora Carmela Rogati, imparentata con la famiglia ducale.
Intanto anche il patrimonio edilizio dell’intero abitato subisce duri colpi. Sono gli anni del boom economico e molti per dimenticare le passate ristrettezze, pensano bene di rinnovare le proprie abitazioni. In due decenni vengono intonacate decine di facciate realizzate in pietra e, molti portali eseguiti dagli abili scalpellini oratinesi, vengono sostituiti da anonime lastre di marmo e travertino.
Sono gli anni in cui impera anche l’asfalto e, così in un solo giorno, in onore del progresso, viene bitumata tutta via Inforzi e via Piedassanti, stessa incresciosa sorte era già toccata a via Macinelle e via Gioco.
Intanto agli inizi degli anni Settanta viene trafugato dalla chiesa di Santa Maria Assunta un imponente Crocifisso ligneo, e successivamente spariscono nel nulla, una serie di eleganti poltrone in legno intagliato e cuoio che si trovavano dietro l’altare maggiore, dove una volta era collocato l’antico coro.
Nei primi anni Ottanta, sempre nella chiesa madre, la statua in legno di Santa Lucia, scolpita da Crescenzo Ranallo (Oratino 1816 – 1892), viene praticamente mutilata in più parti e sostituita velocemente da un’altra realizzata attraverso uno stampo dozzinale in gesso e resina, mentre la statua di San Giuseppe, riconducibile allo scultore Nicola Giovannitti (Oratino ? – Oratino 1738), viene pesantemente ridipinta. Lo stesso amaro destino toccherà inesorabilmente più tardi anche ad una piccola statua di San Rocco, databile intorno alla seconda metà del XVII secolo, mentre sul finire di quegli stessi anni, il settecentesco altare di San Gennaro, in pietra e stucco, viene deturpato nella parte alta dalle colonne alle decorazioni in stucco.
Invece la pregevole statua di San Rocco, opera significativa dello scultore Silverio Giovannitti (Oratino 1724 – 1788), appartenete alla chiesa di Santa Maria di Loreto, viene depositata e lasciata al totale abbandono e degrado in un locale sotterraneo dell’antico cimitero della parrocchiale. La statua nel corso degli anni è stata privata del cagnolino posto sulla base del Santo pellegrino e versa in condizioni davvero disastrose, ma per fortuna da poco è stata sottoposta ad un ottimo intervento di restauro conservativo. Da quel momento viene stranamente ipotizzata l’attribuzione allo scultore campobassano Paolo Saverio di Zinno, come si legge su una indecente targhetta in plastica appoggiata alla base del simulacro.
Qualche anno fa la cattiva sorte si è abbattuta nei confronti della straordinaria Madonna del Rosario, esposta in Santa Maria di Loreto, rara opera dello scultore Carmine Latessa (Oratino, 1690 ca. – Napoli, 1719), forse tra le migliori sculture del primo Settecento molisano, al quale è stato asportato in un rocambolesco furto il Gesù Bambino e di recente ha subito la mutilazione di un dito della mano destra e altre alterazioni dovute evidentemente alla scarsa o inesistente attenzione. Analogo destino era stato riservato, qualche decennio prima, al Bambino della Madonna del Carmine, firmata e datata 1854 da Crescenzo Ranallo, statua esposta nella stessa chiesa, e poi al Bambino tenuto tra le braccia del Sant’Antonio di Padova, opera presente nella parrocchiale riconducibile allo stesso scultore oratinese.
Sul finire del 2009, la scalogna è andata incontro al pregevole Ostensorio in argento ideato e progettato da Isaia Salati (Oratino 1787 – Napoli 1864), una straordinaria testimonianza d’arte che farebbe la sua bella figura anche in un prestigioso museo. L’opera, realizzata nell’ambito delle botteghe di oreficeria napoletana, si espone nella chiesa matrice, e, se pur in buone condizioni di conservazione, è stata sottoposto, in barba alle norme sulla tutela dei beni culturali, ad un errato intervento di restauro, che da quanto è trapelato nel corso di un recente sopralluogo da parte di esperti della Soprintendenza ai B. S. A. E. del Molise, ha causato danni irreversibili al raro ed inestimabile capolavoro.
Ma come se non bastasse negli ultimi giorni di maggio del 2010, dalle volte delle tre navate della chiesa madre, sono stati calati otto ingombranti lampadari, che alterano vistosamente l’equilibrio architettonico dell’edificio, ed inoltre disturbano la lettura dei dipinti, infatti, i due scintillanti e inadeguati manufatti, installati nella navate centrale, creano notevoli problemi di visibilità all’affresco con l’Assunzione della Vergine, opera portata a termine il 15 dicembre 1791 da Ciriaco Brunetti e all’Ultima cena, vasta composizione su tela eseguita nel 1947 dal pittore Amedeo Trivisonno (Campobasso 1904 – Firenze 1995), sicuramente tra le opere più significative del pittore. Chiaramente vale la pena sottolineare che, lo sfarzoso e inutile intervento, è stato messo in essere senza minimamente preoccuparsi di chiedere le necessarie autorizzazioni alla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise, organo periferico del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, da pochi giorni rinominato Ministero per i Beni Culturali e Turismo, che tra il 1990 – 1991, aveva curato con propri finanziamenti, un impegnativo e complesso intervento di restauro dell’intero sacro edificio. Per fortuna dopo un lungo ed estenuante braccio di ferro ha vinto il buon senso e i due esagerati corpi luminosi presenti nella navata centrale sono stati finalmente eliminati. Intanto, dopo pochi giorni, viene rimossa dalle pareti della parrocchiale la Via Crucis in pietra formata da 14 formelle, opere uniche eseguite nel 1992 da Renato Chiocchio (Oratino, 1956 – 2024), scultore di Oratino, ultimo esponente di una importante famiglia di rinomati ed abilissimi lapicidi. Le stazioni, donate grazie alla devozione di tre cittadini oratinesi, vengono inspiegabilmente sostituite con i precedenti anonimi pannelli in gesso ottenuti tramite stampo, a suo tempo rimossi dalla Soprintendenza Architettonica, perchè considerati di nessun pregio e valore artistico.
A causa dell’ingiustificabile ed inaccettabile incuria, qualche giorno fa, dopo 20 anni (2005-2025), è stato rimosso dalla facciata principale della chiesa di Santa Maria Assunta di Oratino il dipinto con l’Assunzione della Vergine, opera di Antonio D’Attellis (Campobasso, 1946), tutto questo per motivi di decoro e soprattutto per il pericolo di incolumità pubblica, dunque, testimonianza irrimediabilmente perduta.
A tutto questo disastroso percorso va anche aggiunta la sottrazione dai luoghi preposti, di una serie di documenti cartacei, fondamentali per ricostruire la memoria storica e le vicende umane appartenenti all’intera comunità.
Adesso dopo questa breve e frettolosa analisi, permettetemi di sottoporvi ad un piccolo e forse ingenuo esercizio.
Chiudete gli occhi e provate soltanto per un momento ad immaginare: cosa doveva essere Oratino se non avesse subito tutte le perdite, il depauperamento e le umiliazioni del patrimonio culturale?
di Dante Gentile Lorusso – fb
lì 26 Settembre 2025

