L’Italia in tralice
Povera di grandi città e piena di paesi
di Rossano Pazzagli (da La Fonte Dic/24)
29 Novembre 2024
C’è un’Italia a traverso che non si immagina, una regione di mezzo ricca di storia e di ambiente, una porzione centrale di territorio che diventa margine. Un orienta[1]mento obliquo che va oltre l’inclinazione dello stivale. Se noi osserviamo su una mappa le province attualmente a più bassa densità demografica, cioè quelle dove la popolazione è più rada e dove, quindi, c’è più spazio e più ambiente, possiamo individuare una fascia di territorio che sembra collegare i tre mari – il Tirreno, l’Adriatico e lo Jonio – incuneandosi dalla Maremma toscana all’Appennino e arrivando alla Basilicata. È l’Italia in tralice, povera di grandi città e piena di paesi, più salubre e meno inquinata, ricca di prodotti e di paesaggio, ma trascurata dalle politiche. Trascurata e marginalizzata da un modello di sviluppo che le ha sottratto progressivamente popolazione, attività produttive e servizi. Un’Italia scossa dai terremoti e dall’abbandono. Un mondo in movimento, come lo definisce lo storico degli Appennini Augusto Ciuffetti, che si è come fermato e allontanato dagli occhi e dal progresso.
Le 10 province che formano l’Italia in tralice, sulla mappa unite dallo stesso colore, sono Grosseto, Siena, Viterbo, Rieti, L’Aquila, Isernia, Campobasso, Foggia, Potenza e Matera. La più spopolata è la provincia di Grosseto, dove la densità demografica si aggira sui 48 abitanti per chilometro quadrato. Subito dopo viene Isernia che non arriva a 52 ab/kmq, grosso modo la stessa densità di Potenza, seguite da Rieti, Matera e l’Aquila che stanno tra i 54 e i 56. Vanno un pochino meglio Siena e Campobasso rispettivamente con 68 e 71 ab/kmq, mentre le province di Viterbo e di Foggia arrivano agli 85 (Dati ISTAT). Le due regioni che sono interamente comprese nell’Italia in tralice sono il Molise e la Basilicata, rispettivamente con le due province di Isernia e di Campobasso e di Potenza e Matera. Alla fascia traversa che abbiamo individuato si possono certamente associare le terre alte di altre province, come ad esempio le parti interne di Macerata, Chieti, Frosinone, Benevento e così via.
In tutti i casi siamo a meno della metà, e in diversi casi a meno di un terzo, della densità media italiana che è intorno ai 195 abitanti per kmq. Come si vede guardando a tutto il Paese, solo le province della Sardegna, quella di Enna in Sicilia e quelle dell’arco alpino (esclusa Torino) hanno una densità inferiore ai 100 abitanti, ma qui c’è l’attenuante dell’elevata montanità delle Alpi. Anche l’Italia in tralice è montuosa: basti pensare al massiccio dell’Amiata, ai Monti Sabini, alle Mainarde, al Matese, alla Daunia, fino all’Appennino lucano, ma sono montagne assai diverse dalle vette delle Alpi: è una montagna di mezzo, come l’ha definita il geografo Mauro Varotto, una montagna nei secoli coltivata e vissuta, popolata da una popolazione in movimento di pastori, boscaioli, carbonai, costellata di paesi e forte delle sue risorse naturali, che oggi può diventare attrattiva per una nuova qualità della vita, per un turismo mitigato e diffuso, per la bontà delle sue produzioni agricole e artigianali, per un ritrovato senso civico delle comunità locali e perfino uno spazio di innovazione sociale. Siamo troppo abituati a interpretare l’Italia secondo uno schema dualistico Nord/Sud e a pensarla secondo direttrici longitudinali. E sappiamo quanto è difficoltoso attraversare l’Italia in orizzontale, anziché in lunghezza. Così è venuto strutturandosi nell’ultimo secolo anche il sistema infrastrutturale della Nazione e così hanno ragionato le politiche: quelle sociali, economiche e culturali. Eppure, uno sguardo più ravvicinato alle condizioni del territorio, alle sue forme e ai suoi caratteri ci suggerirebbe la necessità di recuperare una visione tra[1]sversale, verso un approccio che riannodi i fili tra le coste e l’entroterra, che riattivi in forme nuove le connessioni spezzate che a lungo avevano messo in relazione il mare e l’interno di un Paese che vanta oltre 8.000 chilometri di costa e che quasi all’80% è collinare e montuoso. Chissà se insieme alla storica questione meridionale le politiche potranno considerare anche una questione appenninica, ponendosi l’obiettivo di ridare linfa vitale alle relazioni tra territori costieri e interni, tra Est e Ovest?
L’Italia in tralice è stata marginalizzata da un modello economico che ha inibito la mobilità e la vivibilità in queste dieci province e nelle aree limitrofe, alle quali fanno capo diverse centinaia di comuni, con la complicità della politica (forse perché bassa densità demografica significa pochi elettori?); è stata una politica della deriva a cui sarebbe necessario contrapporre finalmente una politica della rinascita.
di Rossano Pazzagli (da La Fonte Dic/24)
29 Novembre 2024