Non solo «scuole sicure»
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È necessario pure che esse siano integrate nel contesto cittadino. Una riflessione sulla situazione di Campobasso
di Francesco Manfredi Selvaggi
26 Settembre 2023
La scelta di una grande area da destinare a zona scolastica in prossimità di via Altobello si ritiene che sia stata determinata dalla volontà di avere una maggiore quantità di servizi complementari alle attività didattiche oltre che una concentrazione di scuole. Per quanto riguarda il primo aspetto è da specificare che vi è una divaricazione nel nostro quadro normativo tra lo standard urbanistico che è contenuto nel decreto ministeriale n. 1444 del 1968 e quello edilizio il quale è fissato, invece, da un decreto del Ministero della Pubblica Istruzione contenente anche indicazioni sulla dotazione di verde delle scuole.
Quest’ultimo è ormai datato risalendo al 1975 e, quindi, risulta non al passo con le esigenze che si sono andate affermando di nuove funzioni connesse con l’insegnamento; per queste si pensi agli orti didattici, al compostaggio e a tutti gli altri spazi all’aperto necessari per l’educazione ambientale, per le discipline motorie, per la semplice ricreazione. Passando al secondo aspetto annunziato all’inizio, quello della compresenza di più scuole, è da dire che diversi pedagogisti auspicano la creazione di centri per l’istruzione omnicomprensivi nei quali insieme alle scuole dell’obbligo vi sia almeno un liceo, affiancato ad altri due istituti superiori; in generale, si ritiene utile una coincidenza tra le scuole di secondo grado e quelle di primo nella convinzione che la separazione dei cicli d’istruzione riduca la loro valenza formativa.
A Campobasso un modello simile a quello adesso descritto si scontra con l’esistenza di un cospicuo patrimonio edilizio scolastico che, in alcuni casi, ad esempio per il liceo scientifico, è stato oggetto di interventi di adeguamento strutturale. Peraltro con l’eccezione del liceo pedagogico, le scuole sono già costruite al margine dell’agglomerato urbano dove le condizioni ambientali dovrebbero essere migliori, condizioni che, però, non sempre si verificano come nel caso di via Scardocchia, una strada interessata dall’intenso traffico diretto verso l’anello delle tangenziali.
L’area di via Altobello è sicuramente più tranquilla ed, in più, essa, nell’ipotesi, in verità non ancora in campo, di una fermata della “metropolitana leggera” non soffrirebbe della carenza di trasporto pubblico, vantaggio tanto più significativo nel caso vi si installino scuole superiori i cui studenti provengono da un vasto bacino territoriale. La scelta delle scuole da ubicare nel predetto sito dovrebbe misurarsi (ad eccezione degli istituti superiori che sono, di certo di dimensione comprensoriale, non semplicemente cittadina) con l’esigenza di limitare i tempi di percorrenza necessari per raggiungerle.
Nelle indicazioni ministeriali e nella trattatistica urbanistica sono fissati i raggi ottimali di percorrenza, basati piuttosto che sulle distanze sui minuti da impiegare per arrivare a scuola, beninteso a piedi, che sono 15 per le elementari, ovvero 500 metri, da 15 a 30 per le medie, circa 1 Km., fino a 45 per le superiori. L’area prossima a via Altobello è adiacente al Quartiere CEP ed è destinata ad ospitare le attrezzature scolastiche presenti qui, ormai datate, residuando, comunque, una quota di terreno che si intende occupare con ulteriori scuole.
Il CEP è l’unico vero e proprio quartiere individuabile nel capoluogo regionale in cui, cioè, vi è una compenetrazione organica tra residenze e servizi comunitari; non si può parlare di autentici quartieri in altre porzioni dell’abitato, neanche nelle successive Zone PEEP realizzate negli anni 70 a Vazzieri, Colle dell’Orso e S. Giovanni dei Gelsi. Vi è un rapporto reciproco stretto tra quartiere e scuole, in particolare le primarie: la dimensione di un quartiere secondo i teorici dell’architettura moderna va rapportata al cerchio d’influenza, se così si può dire, delle attrezzature scolastiche di primo grado.
Non è detto che esse debbano essere baricentriche, come dimostra proprio il quartiere CEP in cui sono dislocate ad un lato che è, poi, quello contiguo all’area servita da via Altobello. Il rapporto tra scuola e insediamento varia a seconda se si tratta di materne la cui diffusione è, evidentemente, assai capillare, all’incirca una per ogni 8000 abitanti negli aggregati a grande densità (sarebbero 700 nei piccoli comuni). Il problema è, comunque, che a Campobasso non vi è una vera e propria suddivisione in quartieri ben delimitati per cui sia possibile determinare la dislocazione di servizi didattici per ciascuno di essi (pur se va maturando, per inciso, nella cittadinanza il senso di appartenenza ad un cero ambito urbano, vedi il “comitato di quartiere S. Giovanni dei Gelsi”).
La programmazione di nuovi edifici scolastici, considerando non adeguati sismicamente quelli presenti che, dunque, vanno sostituiti, non appare abbia seguito la logica dell’organizzazione del sistema scolastico in relazione al contesto insediativo, quanto piuttosto quello della necessità di dare risposte immediate alle urgenze che, mano a mano, si sono manifestate. Del resto, in una situazione urbanistica dove l’edificazione è stata consistente (salvo qualche cosiddetto «vuoto urbano» che però non è indicato per la localizzazione di una scuola mancando i parametri ideali di ariosità e luminosità, date in genere le ristrettezze dello spazio) è difficile reperire siti da destinare a strutture per l’istruzione e, poi, entrarne in possesso.
Vista l’enormità della domanda di «scuole sicure» proveniente in special modo dalle famiglie degli alunni che le frequentano, il Comune ha proceduto alla stipula di appositi “accordi di programma” per l’acquisizione di aree con i proprietari, o loro consorzi, dei terreni e con le imprese realizzatrici. Il caso dell’area vicina a via Altobello conferma che superfici libere si trovano nelle fasce periferiche, facendo prevedere un destino per le scuole di una collocazione non più centrale rispetto all’abitato, o a parti di esso, cioè i quartieri dei quali si è detto; nella discussione sul futuro della scuola di via Kennedy non è entrata in campo la questione della centralità nei confronti dell’ambito residenziale circostante.
Il quadro, va detto, non è così preoccupante per il “cuore” della città essendovi l’eredità di vari edifici scolastici (in via Roma, a piazza della Repubblica, ecc.). Si è insistito sulla relazione tra scuola e unità di quartiere poiché fin dal varo del DM nel ’75 è stata prevista l’apertura dell’istituzione scolastica al contesto socio-culturale se non la vocazione a polo di vita comunitaria, ovviamente purché vengano rispettate le esigenze della funzionalità educativa la quale va protetta dall’ambiente circostante con i suoi fattori di disturbo, anche solo di distrazione.
(Foto: F. Morgillo-Immagine di una scuola antisismica)
di Francesco Manfredi Selvaggi