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Intervento

                   

 

 

 

Riapre il teatrino del pensiero unico

 

 

Non è la prima volta che denunciamo la mancanza di pluralismo nel mondo dell’informazione regionale in Molise; quello che, però, ora sta avvenendo soprattutto a livello di talune emittenti radiotelevisive è, a nostro avviso, davvero preoccupante e pericoloso, perché si cerca volutamente e subdolamente l’omologazione collettiva al pensiero unico.

 

Venerdì sera, dopo la sentenza del Consiglio di Stato che riporta i Molisani al voto, è ricominciato il teatrino dei talk show che seguono linee di puro allineamento alle logiche del potere costituito.

Facendo zapping il telespettatore poteva vedere contestualmente alla medesima ora su più emittenti le stesse persone che, aperta ormai la campagna elettorale con il patrocinio gratuito di questo o quel sedicente anchorman, riempivano spazi temporali notevoli per tentare di rinfrescare posizioni politiche obsolete o di definirne altre simili, riverniciate e dunque da presentare come nuove.

Sia chiaro in premessa che in questa riflessione non faremo neppure cenno al momento politico che attraversa la nostra regione, perché la fluidità del movimentismo in atto richiede al momento ancora molta riflessione e grande impegno di esplorazione e di analisi.

Quello che non vorremo calpestato, come sempre è avvenuto e continua a manifestarsi palesemente, è il diritto sacrosanto alla estrinsecazione delle opinioni plurali della collettività di una regione che pertanto non ci pare possano essere relegate al silenzio dando spazio nei mass media ai soliti noti.

Vediamo allora se alle redazioni giornalistiche delle televisioni molisane è possibile indicare, umilmente e gratuitamente, qualche tecnica per condurre l’informazione verso un sano pluralismo che consenta di dare voce a tutte le espressioni culturali e politiche che si muovono sul territorio della regione.

Intanto i dibattiti rigorosamente in diretta dovrebbero accogliere esponenti di tutte le categorie sociali, evitando di ospitare unicamente amministratori, dirigenti di partiti e soggetti legati al mondo finanziario; il confronto sui temi in discussione, poi, va aperto ad un pubblico in studio ed a quello dei telespettatori attraverso le linee telefoniche o il web.

Una discussione plurale e democratica su un qualsiasi argomento non può consistere solo nel contradditorio tra esponenti di aree politiche diverse, ma deve necessariamente prevedere la presenza di opinionisti, esperti e cittadini.

Sul territorio le emittenti televisive ignorano completamente il lavoro di elaborazione culturale e politica che associazioni e movimenti cercano di portare avanti a livello di base. Quando va bene vi dedicano qualche servizio veloce. Non sarebbe al contrario auspicabile che incontri significativi in cui si esprime il confronto di idee vengano trasmessi in diretta invece di mandare in onda programmi senza alcun valore ed utilità?

Sono solo i partiti, i consiglieri regionali e provinciali, i sindaci o il potere economico a dettare l’agenda di una troupe televisiva e di una redazione giornalistica o invece c’è la speranza che i criteri perché un evento abbia rilievo nell’informazione siano legati alla sua importanza sul piano dell’apporto di idee per la soluzione dei problemi della collettività?

Perché nei talk show ancora così raramente vediamo intellettuali, studiosi, direttori di giornali, imprenditori, operai, giovani, anziani, operatori nel mondo del volontariato?

Come mai solo nel Molise non si riesce ad allargare a voci contrapposte di giornalisti di diverso orientamento la conduzione di trasmissioni d’informazione e di confronto culturale, economico e politico?

Perché, infine, da noi, se si escludono le rassegne stampa, non esiste alcuna interazione di collaborazione e confronto tra l’informazione televisiva, quella dei giornali cartacei e del web?

Sempre i mass media devono servire la verità e favorire il pensiero critico, ma se c’è un momento in cui tale esercizio deve raggiungere il massimo della correttezza questo è il tempo di una campagna elettorale.

Sono queste alcune riflessioni che proviamo a porre al centro del dibattito nell’opinione pubblica con la speranza che anzitutto i cittadini e poi gli operatori liberi del mondo dell’informazione possano veicolarle per un confronto capace di rendere finalmente accettabile e pluralistica la presenza delle voci della collettività nella discussione di temi di rilevante importanza sociale.

 

di Umberto Berardo

Campobasso, li 05 Novembre 2012

 

 

 

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