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L’Intervento

 

 

Romani e Sanniti:

il pdl sotto le Forche caudine
 Si vis pacem para bellum



Con tutto il rispetto per il secolo dei Lumi e per ciò che ne è seguito, io sono sempre molto affezionata all'impero Romano. Soprattutto per quel modo pagano e brutale di risolvere ogni dilemma esistenziale con il binomio: "Più forte-meno forte".

I Romani hanno la mia stima, pur condizionata, soprattutto per il loro motto: 'Si vis pacem para bellum'. Per loro la pace era una prova di forza e la convivenza tra popoli, che oggi chiameremmo 'civile' era semplicemente l'attrito che il più forte riusciva a esercitare sui più deboli, facendolo sembrare equilibrio consapevole. Ora, che c'entra il sacro Romano Impero col Molise? Poco. Noi siamo sanniti e i Romani li abbiamo fatti neri.

Rimane la validità pragmatica, per così dire, di quel principio su cui si fonda la loro politica estera: 'Se vuoi la pace, prepara la guerra'. La pace, cioè, si conquista con l'autorità. Che gran cafoni! Niente a che vedere con i gentiluomini di campagna sanniti che umiliarono i Romani facendoli passare sotto le Forche caudine, proprio per spiegare che la faccia la perdi anche così, non solo se te la rompono. Il 'romano poco imperioso' Silvio Berlusconi, salito in corsa sulla lettiga che doveva essere dell'uomo nuovo Alfano, ha dimostrato che con due chiacchiere e molto populismo si può rischiare di vincere. Ma è stato un salto disperato, in una corsa già persa. In Molise il clima era lo stesso, semmai aggravato proprio dal trend nazionale. Due decenni di governo Iorio sono stati attraversati da tutte le faide che un partito medioevale come il pdl possa inventare. Faide interne, trasversali ma anche semplicemente erosioni causate dal tempo. Calo fisiologico del desiderio di potere.

A scardinare il Totem isernino ci ha provato per anni la fiera opposizione fascio-imprenditoriale di Ciarrapico. Anni di dossieraggi, di fango, di pulci fatte all'impassibile democristiano travestito d'azzurro. Poi arrivò anche Massimo Romano e continuò, avendo però l'eco della stampa nazionale. Alla fine, più che l'Informazione poté la paura del futuro e la crisi economica ha reso gli elettori incazzati e ribelli. Tutti contro Iorio, tanto, con chi ce la potevamo prendere? E qui, proviamo a discutere di pdl. Non conoscendo i fatti procediamo, senza vergogna, a colpi di supposizioni. L'ex senatore Di Giacomo dice che si è battuto perchè Iorio non fosse ricandidato, prevedendo che sarebbe stato un candidato perdente. Aldo Patriciello, altra sponda mobile del pdl, ha proprio fornito le forbici per uno strappo clamoroso, che lo ha visto al fianco dell'antagonista di centro sinistra, Paolo Frattura. Ma sciolto e in posizione privilegiata.

Dopo la scelta guascona di Berlusconi, che usurpa il posto in Senato a Di Giacomo, l'ex senatore dice qualcosa di inqueitante. Suggerisce che sia stato proprio Iorio a premere per convincere Berlusconi a 'farlo fuori'. Ma perchè il pdl si è fidato di Iorio (se fosse come dice Di Giacomo) e non di Ulisse? In Molise, gli Scilla e Cariddi del partito di Berlusconi si sono schierati contro e Iorio, solo ed elitario, è rimasto in piedi sulla sua barchetta, Argonauta astito, capace di attraversare lo stretto e le sue correnti. Non ha vinto, ed era impossibile, ma non ha perso il pdl. Perchè? Perchè dopo aver stravinto e stracomandato per decenni ha prestato la faccia alla sconfitta. In questo modo, secondo me, ha presevato proprio il pdl. Se avessero perso già con un uomo nuovo, (ed era probabile) il partito avrebbe già dilapidato, a prima botta, le sue eventuali energie nuove. Ha perso con Iorio, che si è preso la colpa e l'onore di una sconfitta dignitosa, ma non definitiva.

Guardando da fuori, si osservava la nomenclatura del pdl, la potentissima nomenclatura molisana, sparpagliata di qui e di là e lui, solo, dove avrebbero dovuto stare tutti. Chissà, magari è stato questo il criterio con cui a Roma hanno ragionato del PDL molisano. colpe, medaglie, ovviamente. Non si tratta di scelte eroiche, ma di razionalità e di senso dei programmi politici. Ordine mentale, a garanzia della politica, che mi sento di riconoscere anche a Vitagliano. Non candidato dal suo partito ha chiarito subito, e prima delle elezioni, la sua distanza. Ma Iorio, più di lui e di tutti gli altri, ha traghettato il consenso elettorale preservandolo come un capitale. Se si fosse fatto da parte il pdl avrebbe perso anche il dopo-Iorio. Non tanto le elezioni, quindi, quanto lo slancio di una prospettiva moderata e moderna.

Il prossimo candidato, chiunque sarà, avrà ancora una rampa di lancio non usurata da poter utilizzare
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di Catharina Sottile (da primapaginamolise.it)

 

Campobasso, lì 27 Marzo 2013

 

 

 

 

 

 

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