Il nome di Anello,
condannato - come si legge nelle cronache
abruzzesi - a quattro anni per associazione a delinquere, abuso
d'ufficio e truffa aggravata, compresa l'interdizione dai
pubblici uffici, per la vicenda della Sanitopoli
abruzzese, è
tornato d'attualità nei giorni scorsi grazie a
una denuncia,
a metà tra lo stupore e il richiamo all'etica e
all'opportunità, mossa dal consigliere regionale di
centrosinistra
Salvatore Ciocca. L'esponente della Federazione
di sinistra s'è domandato come mai la giunta regionale abbia
scelto come suo difensore davanti al Tar proprio un avvocato
con una condanna alle spalle.
E il fatto già di per sé meriterebbe una risposta almeno un po'
più articolata dell'etichetta di «discrezionalità politica». La Regione Molise
infatti non poteva non sapere della condanna di
Anello: curiosità delle curiosità, il legale nel processo di
Pescara era difeso da due avvocati molisani, Antonio Di Michele e
Domenico Porfido, stimati e apprezzati entrambi
nei tribunali della regione.
Porfido - legittimato sia
chiaro a difendere i suoi clienti - però ha anche una carriera
politica che lo vede da lungo tempo ormai legato a Michele Iorio:
non solo è stato consigliere regionale di Forza Italia, ma dal
2006 è stato anche presidente dello Zuccherificio di Termoli,
fino alla decisioni di rassegnare le dimissioni che poi hanno
lasciato libera la poltrona ad Antonio Di Rocco. Qualche
informazione dunque poteva essere facilmente recuperata ai piani alti di via
Genova.
Ma lì, a via Genova, l'affezione per Pietro Anello è roba
antica. Sempre il suo studio ha seguito e curato moltissime
delle consulenze e degli incarichi nel mondo della Finmolise. E il peso dei perché diventa
sempre più sostanzioso.
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