EDIZIONE 1999

IL PERCORSO

ROCCHETTA al VOLTURNO – CERRO al VOLTURNO – ACQUAVIVA D'ISERNIA –
FORLI' del SANNIO - ROCCASICURA - CAROVILLI

LE CARATTERISTICHE

- lunghezza Km 27
- tempo percorrenza ore 6

- quota partenza 540 m. slm
- quota arrivo 867 m. slm
- quota max. 950 m. slm

 

IL RACCONTO
di

Claudio Di Cerbo

Foto a cura di ALFREDO CIAMARRA

IL DIARIO
(cavalcando insieme ai marciatori)
di Lino Mastronardi

TAPPA N°3

ROCCHETTA AL VOLTURONO - CERRO AL VOLTURNO -
ACQUAVIVA D’ISERNIA -
FORLI’ DEL SANNIO -
ROCCASICURA - CAROVILLI

LUNGHEZZA:km. 27
TEMPO PERCORCORSO: ore 6
QUOTA max:mt. 950 slm
QUOTA min:mt. 480 slm
Quota partenza:mt. 540
Quota arrivo:mt. 867

Si partecon Filippo masenza Giovanni Mascioli per il solito richiamo della consorte, come da copione, per cui non è possibile assistere alla piacevole sceneggiata. La partenza è fissata al bivio di Cerro al Volturno, paese che scorgiamo di fronte, arroccato con la parte più antica sull’inaccessibile spuntone roccioso, dominato dalla mole del castello Pandone. Come ci illustreranno più tardigli esperti accompagnatori, fu forse dimorasecondariadella famosa famiglia di condottieri, secondo alcuni,ipotizzata con un’originale interpretazione, di origine nomade visto l’amore per i cavalli. La stessa passione però li accomunava al ducaD’Alessandro di Pescolanciano di ben altre origini.
Lungo il percorso di avvicinamento poniamo attenzione alle pareti della caratteristica roccia di Rocchetta, un travertino non molto compatto, facilmente lavorabile che sta dando origine ad un buon artigianato locale. Le frequenti cavità della roccia hanno attirato l’attenzione di alcuninovelli esploratori.
Oltrepassato il torrente Iemmare, affluente del Volturno con le acque limpide e gorgoglianti, scavalcato dall’enorme viadotto, siamo ormaiin prossimità dell’abitato; la “fanfara casareccia” si dà da fare invogliandoun passo allegro. Si iniziano a salire iripidi tornantiche conducono alla piazzetta del nucleo alto ove ci attende l’incontro con i Cavalieri del Tratturo, scambio di saluti affettuoso con Lino da parte di tutti noi, con ilneo eletto Sindaco, il Parroco e la coppia di studiosi delle vicende dell’Alta Valle del Volturno.
Dopo parole di benvenuto, ci si inerpica verso il castellodi cuisi costeggiano le mura del lato nord sino all’ingresso che conservaancora i caratteri originali anche con ilportone separato dauntaglio nella roccia.
Il castello, dall’aspettomarziale, fu iniziato nel secolo XV ed è caratteristico per le soletretorricilindriche mentre la quarta non si ritenne necessaria vista l’asperità dei luoghiche offrivano una validadifesa naturalesul lato rivolto verso Acquaviva.
Oltrepassato lo splendido portale, l’interno non è secondo le aspettative: non si presenta particolarmente curato architettonicamente. Belli i resti di una vecchia farmaciain un angolo ancora con i mobili ed i vasi in terracotta che contenevano le spezie e le erbe curative e nel cortile il bell’albero di gelsi rossi che regolarmente tingono le mani dei meno esperti nel coglierli. Le opere di trasformazione effettuati e poi abbandonate nell’esecuzione per rendere abitabili parte dei vaninon contribuiscono a qualificarne l’aspetto; però salendo sugli spalti si può essere gratificati dall’ampia visione che permette di osservare il vasto panorama che in lontananza comprende dell’intera catena delle Mainarde e sul versante opposto il gruppo del Matese con la cima delMiletto. Il castello si dimostra unnotevole punto di avvistamentocosì come la cinta muraria di epoca sanniticasul vicino Monte S. Croce, lo stesso toponimo di Venafro ove sono i resti di un recinto megalitico di epoca sannitica.
Ancora si ammiral’agro con le numerose frazioni, oltre 10, dai nomidi richiamo forestali, come lo stesso Cerro, o legati al territorio: Selvone, Cerreto, Foresta, Foci, Valloni, che danno un idea di come potevapresentarsi il territorio conestesi boschi di cerro.
Inoltresi puòosservareil pianoro su cui sorgono l’Abbazia, Rocchetta, il corso superiore del Volturno e meglio si può comprendere la teoria dell’origine secondo Leopoldo Pilladi Venafro,geologorinomato e storicocomandante degli universitaria Curtatone, secondo la quale è da identificarsi con il fondo di un primitivo lago poi scomparso perun repentino svuotamento.
Per scendere verso la parte bassa, in effettianche a Cerro siamo inpresenza didueantichinuclei, comeper Castel S. Vincenzo, utilizziamo la “via breve”chesi trasforma in uno stretto passaggio a ridosso dell’ex parete rocciosa, poitrasformata dai muraglioni di consolidamento in calcestruzzo. Prima di imboccarla ci si sofferma sul piccolo belvedere ove fra le roccespicca l’alto fiore della agave, chiaro esempio di comedoveva essere bella e selvaggia la parete rocciosa prima che negli anni anteguerra venissero effettuati i deturpanti lavori con possenti pareti in c.a.
Dall’alto si possono ammirare le coperture del sottostante abitato in vecchi coppi,visione simile a quella di Roccamandolfi, ad eccezionedi una sola in marsigliesipiù rosse e senza cromismo.
In basso ci attende il rinfresco con squisiti prodotti locali a base di rustici e dolci , si prosegue poi per arrivare alla spaziosa piazza, realizzata negli anni ’70 che distrusse occupando uno stupendo angolo sul fiume e deturpandolo in modo definitivo. Adesso la piazza è parzialmente chiusa peril cedimento di alcuni alti muri in c.a.
Poi il trasferimento in pullman, ad eccezione della solita Maria Rosaria a qualche chilometro prima del paese Acquaviva, anche esso sorto a seguito della colonizzazione dell’Abbazia, ma secondo taluni risalente al periodo sannitico. Il sindaco Alfredo ci accompagna per un pezzo di strada sino all’inizio dell’abitato su cui domina il “castello” in stato di abbandono mentre il tetto verde di una mansarda frai tettidelle abitazioni crea una nota di contrasto.
In prossimità della chiesa dedicata a S.Anastasia, edificio pregevole per la facciata in pietrame squadrato, preceduto da una lunga scalinatacon gradini in pietrame, si imboccala strada cittadina sulla sinistra, con un primo tratto asfaltato e poi brecciato che ci porterà, con l’ultimotratto di salita accentuata,affrontato con lena, sino all’incrociocol la S.S. 17- Raccordo Appulo - Sannitico. Siamo giunti a quota 840, al di sotto del Il Monte, superando inmeno di un chilometro un dislivello di 100 metri e lo sguardo èancora sul versante delle Mainarde e verso lepareti deicollisulla sinistra di Rionero; fra poco la visione invece sarà diretta verso i territori dell’Altissimo Molise.
Oltrepassata quindi la Diramazione inlocalità“Taverna” si proseguesulla destra con la pista in terra battuta per un altro chilometro fra pratia pascolo prima di inoltrarcicon il sentierino usato dai boscaioli fra la folta vegetazione arborea dopo 15 minuti di cammino. Quando questo è chiuso dal sottobosco siprosegue fraprati incolti.Per non disperdere il gruppo che si è allungato e frazionato, ogni centinaio di metrisi posa qualche segnale, ma le bottigliette lasciate a terra per indicazione non serviranno perché Gaia ha pensato bene di ripulire, in anticipo, il tracciato dalla presunta immondizia. Si oltrepassa la SS 17 Appulo Sannitica, una volta sede del tratturo Pescasseroli Candela, ma la cosasfuggeperchéormai senza più caratteristiche (interessanti da vedere, lungo questo tratto stradale i termini lapidei di epoca borbonica)eancora si prosegue con un sentiero in terra battuta sino alla cima della collina di Colle Corvino - quota800 -da dove appare in basso, in felice posizione paesaggistica, l’abitato di Forlì del Sannio (faccio notare: Forlì con l’accento finale come appare scritto sulla tabellonistica stradale).
Si scendefra zone a pascolo cespugliato in direzionedel cantiere stradale della costruenda arteria veloce, incrociando, adesso, la S.S. 86arteria desueta per Vastoa causa del tracciato tortuoso ma piacevoleda percorrere per la varietà dei paesaggi. Avvicinandoci siamo passati poco distantidalla localitàConvento Vecchio, ove ci sono resti di una cinta sannitica.
La giornata è calda e, risalendo versol’abitato, una fontana con lavatoio invita ad una sostaprima di giungere alla piazza,ove si accede transitando sotto la vecchia porta; nella piazza c’è la facciata della chiesadi S. Maria delle Grazie. Oltre il portale del vecchio convento degli Osservanti, che attualmente ospita servizi pubblici (scuole e municipio) al fresco degli ambienti che si aprono sul classico portico intervallato dalle arcate l’accoglienza dell’Amministrazione comunale con l’assessore Ancona.
Il fresco e la lunga tavolata, l’incontro con i vecchi alunni, non solo di Lucarelli e di Rosalba, fanno allungare la permanenza; i Cavalieridel Tratturohanno sostato, invece, alla splendida fontanapoco oltre il paese e li raggiungeremo dopo aver ripreso il viaggio.
Il tracciato previsto è costituito dastrada brecciata o in terra che inizianei pressi delbivio di Roccasicura, e, successivamente,da un sentierino che conserva la quotaintorno ai 700 m. slm., a mezza costa di Colle Fratta edAcqua dei Rangie da cui si può con tranquillità osservaretutta la vallata sottostante del corso superiore della Vandra, un fiume dai candidi massi e dalle caratteristiche come il Rio Chiaro con la semplice “aggiunta”di unoptional: quello dell’acqua. Il sentierino, che non è stato percorso, dopo aversuperato l’asfalto della strada statale 86, sempre per Vasto, in prossimità del Km 8 della S.S., continua con una pista per trattori, che passando sotto Colle S. Benedetto,anche se sempre evidente ma poco utilizzata, scende a piccoverso il fiume Vandra.
Da quota650, con circa due chilometri si scende per superare ilpiccoloe tranquillo corso d’acqua,a quota 480in prossimità di alcuni vecchi edifici presenti sulla sponda opposta, lo superiamo saltando su alcune pietre posizionateallo scopo. Operazione che unarzillo contadino di 75 anni, come ci ha confessato poiché in apparenza molto piùgiovanee chenon ha voluto abbandonare le abitudini della sua vita quotidiana, esegue con sicurezza tirandosi dietro la vecchia asinella che solleva spruzzi d’acqua che creano in controluce un suggestivo effetto.
Non è faticoso risalire il sentiero sulla traccia appena segnata dal ripetuto passaggio dell’asinella, al di sotto di Colle Ripa,sino ad incontrare a quota600, nei pressi del depuratore, la stradina asfaltatasu cui si prosegue sino ad incrociare di nuovo il tortuoso tracciato della S.S. 86.Una semplice annotazione:dal punto di innesto del sentiero, al Km 8, il tracciato è di circa4 Km.,mentrecon la strada S.S. 8Km. ; si può comprendere, per chi vuole raggiungere Vasto utilizzandola come può indurre in errore la indicazione al bivio di Forlìcon la S.S. 17.
Per giungereall’abitato di Roccasicura si percorreun vecchio tracciato, uno dei più curati come realizzazione per unaantica stradaextracomunale, il cui fondo, nel primo tratto, è costituito dabasole in pietra locale, squadratee dal semplice disegno geometrico eancora delimitata da muretti in pietrame a secco: una testimonianza storica che va salvaguardata e tutelata, uno dei pochi esempi in tal senso.
Siamo arrivati in ordine sparso avanti la sede comunale ed accolti dai rappresentanti dell’Amministrazione e dallabionda impiegata, che ci porgono il saluto del sindaco assente.
Sono circa le ore18 e per giungere a Carovilli, tappa finaledella giornata, si percorre la strada, che salendo dolcemente verso lacava,oltrepassando la sorgente Maiuri,in stato di abbandono,e proseguendoversoun gruppo di edifici abbandonati prima del tratturo, ove ci dovrebbe attenderel’Ing. Cinocca sempre solerte e puntualecome in questa occasione: è infatti assente onon visibile nascosto fra l’alta erba.
Abbandoniamo la strada bianca per inoltrarci fra i prati guidati da una tenue traccia, lasciando sulla destra le masserie che cihanno fatto da punto di riferimento e inoltrandoci nella zona alberatasino nei pressi del tratturoCastrel di Sangro - Lucera. Prima, però,si incontrasulla destra un fontanile in pietrame, dalla buona fattura ed un tempo importante per le masserie lì dislocate, anche quelle de Le Particelle che si trovano poco oltre Fontanilea cui si giungeva con un sentiero zeppato di cui ne rimane qualche traccia.
Rosaria, semprein perfetta tenutaelegante e “ tirata” per qualcuno, nonostante gli avvertimenti, si imbatte nel filo spinato appena visibile e posizionato per trattenere gli animali al pascolo che taglia il sentiero.
Siamo sul tratturo, sotto le rocce di Colle Moricone o Montagna, il serpentone verde allungato lo percorre su un tratto stradale in fondo brecciato, sulla destra delle masserieGismundo, sino ad incontrare sotto il Colle Panetta, una volta ricco di prataioli, la strada provinciale.
Qui, mentre Domenico, “fisico bestiale”, fazzoletto alla Pantani , “tira dritto“,alcuni di noi proseguono sul tracciato che, quasi parallelo alla provinciale, giunge sino al mulino ora vivaio di trote e risaliamo sinoal convento di S. Domenico. Siamo passati sotto Colle Tavernola e Cerro Savino, in prossimità della località Convento Vecchio, l’antico monastero di S. Pietro delTasso oveuna volta esistevano reperti, qualeun capitello distile corinzio, che, mi dicono, ora scomparso.
Mentre un folto gruppo è intento, sotto la guida di Stefano del CAI, a visitare Monte Ferrante fra la cui folta vegetazione si nascondono i resti di una cinta sannitica e sulla sommità quelli di un tempietto, ci dirigiamo verso la zona attrezzata nei pressi del mulino, in cui è stata predisposta una tavolata a base di eccellentiprodotticaesarie salumi locali che vengonoaffettati insieme al buon pane cotto al forno di legna.
Alcunepartecipanti, per educazione, prima di porsi a tavola fanno toilette lavandosi i piedi nel ruscelletto che lì passa, mentre Alberto, poco in disparte, ne approfitta persuonare ilflauto tirato fuori dallo zaino.
Si è fatto tardi, il sole è tramontato da un po’, quando il Sindaco, anche qui neo eletto, dà il benvenuto e si dà da fare presso il focolare che è stato approntato per cuocere alla brace carne e salsicce su grandi griglie.

Martedì 10.8.1999

La partenza è legata all’incontro tra pedoni, provenienti da Venafro, Castel San Vincenzo, Rocchetta, e i cavalieri provenienti dalle tappe descritte in precedenza. L’incontro si è svolto nei pressi della scalinata che porta al Castello di Cerro
al Volturno. Migliore scenografia non poteva organizzarsi. È stato un momento di condizionamento della fantasia che subito si è portata al Medioevo, tramite i suoni degli zoccoli dei cavalli sull’acciottolato, i nitriti e le stradini strette che si degli zoccoli dei cavalli sull’acciottolato, i nitriti e le stradine strette che si inerpicano fino alla porta della rocca.
Da qui si è ripresa la strada di Acquaviva di Isernia. Ma, un momento, i bagagli dei cavalieri che fine hanno fatto. Pietro Berardo, proveniente dall’albergo Volturno afferma che non ci sono, Angelo, cognato di Armando Berardo, dice che non ci sono. Allora decido di controllare cosa è successo. Con Angelo e Pietro torno in albergo e qui scopro che un piccolo lapsus si è ingenerato in quanto Pietro, proveniente da Isernia, ha dedotto che non essendoci i cavalieri in albergo, anche i loro bagagli erano stati portati via, cosa, poi, comunicata da Pietro ad Angelo, comandato da Carlo per il loro ritiro. Non basta. Io sono indotto a lamentarmi, anche con una certa veemenza, con il proprietario dell’albergo. Questi, però mi fa presente, e la cosa è chiarita nel contraddittorio con Pietro e Angelo, che nessuno gli ha mai chiesto dei bagagli. Insomma un vero “impeachment” alla “….Berardo….”. chi l’ha procurato? Insomma scegliete simpaticamente tra Armando e….Armando (è infatti il cavaliere arrivato in ritardo).
Alle 10.30 il gruppo dei cavalieri e dei pedoni arrivano all’Acquaviva e proseguono verso Forlì del Sannio dove entrano insieme. Il Sindaco ha riservato l’aula consigliare per un piccolo rinfresco. Sostiamo con i cavalli presso la bella fonte-lavatoio ubicata all’ingresso del paese. Dopo aver mangiato la colazione al sacco preparata dal ristorante “L’incontro” di Cerro al Volturno, dove abbiamo cenato la sera prima, ripartiamo per l’Acqua dei Ranci e quindi per l’azienda “IL TRATTURO” di Roccamandolfi. Sotto casino Pece troviamo un bellissimo abbeveratoio dove io, Armando, Marco facciamo un bel bagno.
Ripartiamo da tale ultimo punto per scendere verso la Vandra, lungo il Tratturo Castel di Sangro-Lucera. I cani che avevano lasciato chiusi a Foresta, sono stati presi da Francesco per essere portati a San Quirico. Il Lagottino è saltato dall’auto proprio sul ponte della Vandra e lì è rimasto fino al nostro passaggio a cavallo. Spaventato e stanco riesce a riconoscere i propri cavalli e quindi si accorda alla fila che inizia a salire per Roccasicura lungo il Tratturo alla sponda sinistra del Torrente. La cavalla di Sonia, in tale occasione, ha una forte crisi derivante dalla combinazione di: sovraffaticamento, calura e forte sudorazione con connessa disidratazione del mantello. La presenza del puledro che “ciuccia” in continuazione rende il quadro clinico veramente preoccupante. La cavalla rifiuta di muoversi e barcolla. In quel momento, nonostante i segnali di Marino, proprietario della cavalla, impongo che tutti i cavalieri rientrino presso l’Azienda, ormai prossima (a circa 2 Km), ed io resto solo con la cavalla, un pastone liquido, onde evitare coliche, ma proteico. La cavalla tenta, all’inizio, di mangiare l’erba che a stento ingoia, poi, ripresasi nei battiti e nella respirazione, ingoia sempre maggiore quantità di erba. Comincia ad oscurare, preparo il mio giaciglio per la notte, in attesa che la cavalla riprenda le forze, fatto della sella della cavalla e di una siepe di ginestra. Dopo un’ora avverto che la giumenta è già in grado di camminare e tento, collaborando con la cavalla, di portarla in una zona più alta del tratturo. Ci riesco, con enorme sforzo dell’animale, e qui, alle 20.30, arrivano Carlo, Fabio e Alessio che con secchi di acqua, biada bagnata e crusca, sono venuti in mio aiuto. La cavalla beve l’acqua e la lascio mangiare un mezzo chilo di biada appena, per evitare coliche. Poi decidiamo di parcheggiarla nei pressi di una svolta del tratturo dove continua a mangiare. Le condizioni fisiche migliorano. Decidiamo di rientrare per cenare. Così è stato. Alle ventitré, mi porto la cavalla e lì sosto per la notte con loro due e il mio cagnolino lagotto, dopo averle dato un morbido pastone di biada, crusca e acqua. È la notte di San Silvestro: nitida, calda e tranquilla in attesa che l’energia fisica ritorni nelle membra della giumenta. Il puledro si è accorto che la madre non sta bene e più volte strappa l’erba per porgergliera invitandola la mangiare. Alle tre e trenta di mercoledì avverto, dai movimenti dei tre esseri che con me convivono questa famosa, fiabesca notte, che il quadro della situazione è favorevolmente cambiato. Mi alzo, sello la cavalla e la invito a partire. Avverto la piena ripresa nel momento in cui mi passa davanti, mi precede. Salgo a cavallo e in meno di quindici minuti, naturalmente mi conduce nell’azienda agrituristica dove due sere prima aveva sostato. La chiudo nel paddock con il puledro e cerco di dormire sul fieno. Non sono stato il solo a dormire avendo come coperta il bellissimo cielo di San Lorenzo. Infatti sia Marco che Alessio mi hanno atteso dormendo, o meglio cercando di dormire, all’aperto, vicino ai cavalli.

Riepilogo: Ore 16 di lavoro-Km 45.

 
Copyright: A.C. "La Terra"

Editrice de la vianova, periodico molisano di informazione, ed organizzatrice della manifestazione naturalistica e socio-culturale cammina, Molise!