indietro

Baranello

Baranello è un comune di 2806 abitanti della provincia di Campobasso.

 

Informazioni Generali

Il paese fu edificato su un piccolo colle a valle di Monte Vairano, detto appunto "Vairanello". La più antica traccia che si ha di Baranello risale all’XI secolo; ma è ovvio poter stabilire che un aggregato di case esistesse intorno al Mille. Il documento è del 1011, e si riferisce ad una donazione fatta da Leone vescovo di Boiano alla badia Cassinese della chiesa di S. Giusta. È molto difficile ricostruire le origini del paese: molti scritti e reperti sono stati distrutti da cataclismi, incendi, guerre e, non ultima, l'incuria. Con molta probabilità i primi abitanti furono i Sanniti il cui insediamento declinò con l'avvento della potenza di Roma. Dopo diversi scontri, il Sannio fu assoggettato a Roma ed a nulla servì la grande vittoria dei sanniti delle Forche Caudine, avvenuta nel 321 a.c. Si può ritenere, che la nascita dell'attuale Baranello e la sua crescita come entità urbana organizzata, risalga al IX secolo. I più antichi documenti indicano che nel XI secolo il paese faceva parte della Contea di Bojano. Un quadro articolato delle ben undici famiglie nobili che si avvicendarono col titolo di "Conti", "Marchesi" o "Duchi di Baranello" è offerto da Giambattista Masciotta. Il titolare del feudo, durante l'epoca normanna fu Guidone di Gibelletto a cui successe la famiglia Gaetani. Dopo il 1467, Capece Galeota si impossessò del territorio di Baranello. Tra il 1490 e il 1532 Baranello cadde nelle mani della nobile famiglia napoletana, ma di origine normanna, Sanfelice. Con un diploma del 1532, l’imperatore Carlo V concesse il feudo ad Alfonso D’Avalos. Dopo questi ultimi Baranello tornò ai Gaetani, anche se per poco tempo perché Camillo Gaetani vendette il feudo a Fabrizio De Gennaro. Giovan Vincenzo del Tufo, con l'intermediazione di Scipione Imperato si aggiudicò il feudo acquistandolo all'asta. In seguito oberato di debiti, cercò di conservare il feudo, ricorrendo ad una vendita simulata a favore della moglie Cornelia Carafa. Nel 1591, deceduta la Carafa, i creditori del marito ottennero la messa in vendita del feudo di Baranello. L'asta fu aggiudicata a Tommaso Marchese. Angelo Barone residente in Baranello, rilevò il feudo da Tommaso Marchese e, dopo poco tempo, a sua volta, cedette il feudo nel 1606 a Tommaso D'Aquino. Dai D'Aquino, Baranello passò ai Carafa-d'Aragona. Nella prima metà del secolo XVIII Baranello divenne feudo dei Ruffo, grazie ai quali il titolo del feudo di Baranello non è più marchesale ma diventa ducale. Il titolo di duca di Baranello è attualmente portato dai discendenti dei Ruffo di Bagnara Calabra. Il periodo tragico della storia di Baranello risale alla Seconda guerra mondiale, durante la quale il paese fu teatro delle terribili vicissitudini causate dall’occupazione tedesca.

Monumenti e luoghi d'interesse

Ex Palazzo Comunale e la Meridiana

Nel centro abitato di Baranello è presente l'antica sede del Municipio, che occupa anche il Museo Civico. L'edificio fu realizzato su progetto dell'architetto Giuseppe Barone il quale, oltre a predisporre il fabbricato su due livelli, volle e ideò la facciata in stile rinascimentale fiorentino sulla quale spiccava una Meridiana, tuttora ancora visibile, la cui realizzazione costò all'amministrazione pubblica l'ingente somma, per l'epoca, di duecento lire. Da una lettera datata 25 aprile 1895 scritta dal sindaco Alfonso Barone al cugino Giuseppe, ideatore del progetto, si apprende che le trattative per la realizzazione della facciata dal Palazzo e della Meridiana non incontrarono il favore immediato del sindaco, il quale scrisse:<<...non ho poi favorito il completamento dei lavori della casa municipale. Per quest'anno limitiamoci alla sola decorazione esterna; nel venturo anno, a Dio piacendo, ed agli uominiche resteranno a leggere le sorti del nostro paese, si potrà completare il palazzo. Allora, chissà, ci troveremo con i lavori della fontana e si farebbe una sol festa ( 8 maggio festività del Santo Patrono S. Michele Arcangelo). Noi abbiamo disponibilità per quest'anno di 800 lire. Saranno poi esse sufficienti per fare il prospetto comprese le lapidi? E qui, se pur non mi chiami cocciuto, vorrei farti rilevare l'inutilità della Meridiana... è spesa che andrà assolutamente perduta, se togli il solo scopo della decorazione. E anzichè spendere 200 lire per una cosa niente affatto utile necessaria, non puoi supplire a questa un'altra cosa? Mi piace annunziarti essersi completata ieri sera la Cappella della Consagrazione. Il lavoro è stato fatto con pazienza e molta cura. Tutto insieme è una bellezza, direi quasi sorprendente: l'attenzione di chi arriva là si ferma.

 

Fontana Monumentale

Eretta su progetto dell'arch. Giuseppe Barone, questa fontana faceva parte di un progetto molto più vasto costituito da un acquedotto che captava le acque di Monteverde, in agro di Vichiaturo (CB), per convogliarle all'interno del nucleo abitato di Baranello, precisamente nel sebatoio interrato sotto i resti del palazzo ducale. La fontana costituiva l'elemento terminale dell'acquedotto e le sue acque di scarico alimentavano il lavatoio pubblico posto più a valle. La fontana realizzata in marmo di Carrara in stile neoclassico è costituita da un corpo unico di forma rettangolare.Le statue e gli altorilievi in bronzo presenti, realizzati da F. Ierace di Napoli, sono affiancati da due iscrizioni, da cui si evince la dedica a Cerere. Almo Sole, che con lucente carro fai sorgere e sparire il giorno e ritorni a nascere diverso e medesimo possa tu contemplare la cosa più grande di questo paese. La terra fertile di frutta e di greggi dia a Cerere una corona di spighe e le acque salubri di Giove nutrano la prole. Arch. Giuseppe Barone, dalla lapide di destra.

 

Monumento ai caduti

Nel 1925 il podestà Vittorio Barone, con l’ausilio del Comm. Marcello Barone e tramite una pubblica sottoscrizione, volle onorare i caduti della prima guerra mondiale con la costruzione, che all’epoca costò settantamila lire, di un monumento situato all’ingresso del paese, opera dell’ architetto Alberto Di Giacomo di Roma. Sulla base marmorea è poggiata una pregevole statua in bronzo, alta circa 2,5 metri, che raffigura la Patria come una donna che stringe con la mano destra una bandiera e con la sinistra uno scudo; ai suoi piedi è adagiata la figura di un soldato. I nomi dei 66 caduti della Grande Guerra erano incisi sulla facciata nord della base, successivamente, negli anni sessanta ad opera dell’ Associazione dei Reduci e Combattenti furono aggiunti sulla facciata sud i caduti della Seconda Guerra Mondiale.  

Mulino Corona

E' uno dei pochi mulini ad acqua esistenti lungo il corso del fiume Biferno che non è stato trasformato in centrale idroelettrica. Una pietra decorata porta incisa la data di costruzione del 1872, ma il mulino è molto più antico come risulta dagli atti notarili depositati presso l'Archivio di Stato di Campobasso. Il funzionamento era assicurato da una portata costate di acqua proveniente dal fiume Biferno, che attraverso un canale adduttore detto "ru camine", veniva convogliata in una vasca di carico, posta a monte del mulino, detta la "fota" o rifolta. Da questa vasca partono tre canali in forte pendenza in cui veniva incanalata l'acqua che con violenza batteva contro i "ritrecini", ossia delle vere e proprie turbine, in modo da azionare la soprastante macina. Questa è costituita da due pietre cicolari (mole), di cui una fissata al pavimento e l'altra, sovrapposta alla precedente, che ruota va sencondo il moto impostogli dalla turbina. Le granaglie quindi venivano versate nella tramoggia che , a sua volta, le introduceva tra le due mole in modo che dallo sfregamento delle due pietre sovrappposte si produceva la farina grezza. Sono ancora presenti 3 macine, di cui una veniva sata per il mais, una per il grano e una per avena e orzo. All'interno del mulino si trovano i pochi resti di un'altra macchina idraulica molto importante: la gualchiera. Questa è un'atica macchina in legno costituita da grossi magli battenti e serviva prevalentemente a battere il "pannolana" (antico tessuto) per coferigli una consistenza più morbida.  

 

Museo Civico

Il museo raccoglie la collezione privata di opere d’arte donata al comune dall’arch. Giuseppe Barone nel 1897. Esso è localizzato al secondo piano dell’ex Palazzo Comunale che fu all’uopo ristrutturato alla fine del XIX sec. dallo stesso Barone, il quale attraverso l’adozione di alcuni elementi architettonici, come le bifore e le rimarcature della facciata, gli conferì, secondo le tendenze architettoniche dell’epoca, un aspetto classicheggiante, sottolineato ancor di più dalla pregevole meridiana di marmo bianco. Il museo, allestito secondo il progetto del Barone, è costituito da sole due sale espositive in cui sono collocate le teche originarie che contengono la raccolta. L’immagine che si ha, salendo lo scalone di accesso, è quella di entrare lentamente in mondo remoto, dove il tempo si è fermato. Il museo, pur dopo consistenti restauri, è rimasto così come era in origine. La disposizione dei pezzi, le vetrine, tutto è rimasto immutato secondo i criteri espositivi dell’800, in modo che il museo è apprezzato, non solo per la notevole quantità di reperti e opere d’erte esposte, ma per la perfetta conservazione dell’allestimento stesso. La prima sala, posta in adiacenza allo scalone d’ingresso, è caratterizzata, inoltre, dall’esposizione a parete di diversi dipinti di scuola napoletana, in cui si riconoscono opere di Luca Giordano e Francesco Solimena, e di scuola fiamminga, con il noto Mangiatore di Prosciutto. Sulla balaustra di questa sala è collocato un vaso canopo egiziano contenente ancora i resti di organi umani interni mummificati. Altre teche, invece, contengono vasellame italico a decorazioni geometriche, vasi attici a figure nere e a figure rosse risalenti al VI sec. a.C., terrecotte greche e romane, statuette, antefisse e vasellame vario. Nella seconda sala sono esposti vasi, bronzi, utensili da cucina, specchi e monili vari di provenienza etrusca. In essa, inoltre, sono conservate porcellane di epoche più recenti provenienti dalle fabbriche di Capodimonte e di Pescolanciano. Non mancano, secondo la moda delle collezioni ottocentesche, opere d’arte cinesi, giapponesi e indiane.

 

Zona archeologica di Monte Vairano

Sul monte omonimo, tra Busso e Baranello, l'abitato sannitico era circondato da mura che si estendevano per una lunghezza di circa 3 km., ottenute con blocchi di pietra locale, con un'area interna di circa 50 ettari. Il circuito murario include le cime più alte di Monte Vairano (m. 968 e m. 997) mantenendo una quota abbastanza costante, senza pendii troppo ripidi. Le porte visibili sono tre, di cui due evidenziate con gli scavi; sono del tipo cosiddetto a corridoio obliquo, non si aprono cioè perpendicolarmente al muro ma in senso ad esso obliquo. È possibile ipotizzare l'esistenza di un terrapieno che ricopriva interamente la faccia interna delle mura, sul quale si presuppone la presenza di torri di guardia; il terrapieno permetteva di camminare sopra le mura e di difenderle. All'interno gli scavi, sia pure limitati, hanno evidenziato la presenza di strutture abitative e l'esistenza di attività connesse con la vita urbana. Una abitazione è stata esplorata nella sua interezza presso la porta meridionale, sul lato della strada che dalla porta si dirigeva verso la zona centrale dell'abitato. Si tratta di un locale a pianta quadrata, con pavimento in cocciopisto (un battuto di calce e frammenti di terracotta sminuzzati) e con tracce di intonaco rosso con zoccolatura nera sulle pareti. La casa, per la presenza di due lettere (LN) graffite sui frammenti di ceramica in essa rinvenuti, è stata chiamata "La casa di LN". Si sono rinvenuti, anche se allo stato frammentario, gli arredi: tazze, piatti, tegami, lucerne, pesi di telaio, vasi per la conservazione, in uno dei quali c'erano farro e legumi. Oltre ad altri edifici, di cui uno rettangolare molto grande (m. 8,25 x 16,50, corrispondenti a 130 x 60 piedi oschi; il piede osco, è di cm. 0,33; il rapporto tra i due lati è perciò esattamente 2 a 1), all'interno è stata esplorata una cisterna a pianta circolare con muri ottenuti con frammenti di tegole (profonda m. 6).  

Evoluzione demografica

Baranello.jpg

Abitanti censiti

 

indietro