L’ultima lettera al Prof. Domenico Lucarelli

 

 

 

Caro Professore,

son voluto rimanere fino all’ultimo quel pomeriggio infuocato a Colle d’Anchise. Ho voluto vedere uno ad uno, uno sull’altro i mattoni che avrebbero separato per sempre il tuo corpo, robusto ed inerme, dal fragile corpo della tua amata consorte, che con estrema e commovente dignità ti dava l’ultimo bacio. Ho voluto vedere il tuo corpo staccarsi dal corpo del tuo unico figlio, ho voluto vedere il tuo corpo staccarsi dal corpo dei tuoi tanti figli. Io tra questi. Ti ho sempre considerato come un secondo padre e tu lo sai e sei stato il secondo padre dei tanti che in questi lunghissimi anni hanno partecipato alla marcia, che insieme ci siamo inventati per il troppo amore che ci legava alla nostra terra.

Le cose che cerco di dirti adesso volevo dirtele quel pomeriggio in Chiesa, ma non ci sono riuscito, perché le lacrime, ahimè, sono state più numerose delle parole. Mi scuserai, come mi ha scusato tuo figlio, che è corso, pensa,  a consolarmi, con le lacrime anche lui, sulla panca, sul retro, dove seduto cercavo di nascondermi. Grande persona tuo figlio, caro Professore. Siine fiero. Non lo conoscevo e, tra le lacrime, mi ha promesso che il prossimo anno sarà lui a sostituirti: verrà con il tuo bastone, intaccato da te, a segnare il tempo, anno dopo anno per ben sedici anni.              

 

Caro Professore, scusami se oso scriverti, come già ho fatto altre volte, una lettera, aperta a riflessioni sul cammina, Molise!, che sento di manifestare innanzitutto e per l’ultima volta a te, nostro simbolo, temerario, colto, burbero e con tanto di quel cuore, che ha saputo farti discernere al di là della ragione le vie migliori da attraversare e che ti ha portato a camminare anche sulla nostra “via nova”.

La prima volta accadde sedici anni fa.           

Era il 1996 ed il cammina, Molise! era alla sua seconda edizione.

Voglio ricordare l’episodio del nostro incontro, riportando il passo dell’articolo che ti riguarda che scrissi a commento di quella manifestazione sul numero 8/96 de “la vianova” (mensile della nostra Associazione tenuto in vita per ben dieci anni), perché il fatto denota il personaggio che più ha caratterizzato la marcia negli anni a seguire e che più è amato e apprezzato dai partecipanti.

 

Il Professore.

            Ore 7,45. Puntuale. Puntualissimo il prof. Lucarelli all’appuntamento.

         Alle 8,30, al concentramento sul campo sportivo di Duronia ci siamo tutti, o meglio, quasi tutti: mancano i “Romani”. Preoccupati, stiamo aspettando il pullman, che da Roma, per quello che sappiamo , è partito in orario.

         Sempre i soliti, questi Romani - sbotta Lucarelli - io mi sono alzato alle quattro questa mattina, per venire da Vasto fin qui!

         Sono già le nove, ma dei Romani neppure l’ombra.

         Non mi era mai capitata una cosa del genere. Un po' di rispetto per chi viene in orario agli appuntamenti” continua Lucarelli, ormai in preda ad un’ira incontenibile. Poi rivolto agli altri professori della sua Associazione, intima: “Torniamocene a casa! non possiamo rimanere in balìa di ‘questi organizzatori’ per quattro giorni.”

         La reazione giustificata del Professore  crea scompiglio all’interno del gruppo organizzatore. Tanti mesi di duro lavoro potrebbero andare in fumo nello spazio di pochissimi minuti!

         Alle 10,00 in punto arrivano i Romani. Finalmente. Mille scuse. Ma Lucarelli, infuriato vieppiù, prende di petto tutti. Lo sconcerto aumenta.

         Alle dieci e trenta, con due ore e mezza di ritardo, però si parte. Gli applausi un po' smorzati, non convinti, dei pochi amici rimasti, le note smesse della banda, l’ironia facile di qualche spettatore occasionale fanno da cornice un po' malinconica a quella che doveva essere invece una “festosa Partenza”.

         Sul Tratturo, in discesa (meno male!) verso Civitanova, Lucarelli ancora ‘rumoreggia’, ma a Faito, dopo appena due chilometri, c’è la prima sosta di ristoro, organizzata dagli amici della borgata. Scorre vino e il Professore ride. Ride? Allora aveva ragione Rocco (n.d.r.: il prof. Rocco Cirino è il Presidente dell’Associazione Italiana Insegnanti di Geografia, sez. Molise): “Vedrai, Giovanni, - continuava a dirmi prima della partenza - si calmerà. Lui è fatto così. In questi giorni avrai modo di conoscerlo. E’ una persona eccezionale”.

         Domenico Lucarelli, settanta anni suonati, “ru prufssore”, come veniva chiamato in ogni paese attraversato (lo conoscevano dappertutto!), si è rivelato, già dopo i primi chilometri, il compagno ideale di questa lunga marcia. Instancabile camminatore. I più giovani lo ‘sfottevano’ quando rimaneva indietro o quando (ma questo non lo raccontate in giro!), spossato dalla calura delle prime ore pomeridiane, saliva sul pullman per riposare: “Prufssò, e !”. Tanto prezioso e dotto nelle sue lezioni di conoscenza “globale” del territorio, quanto ardito e divertito nell’incassare gli scherzi camerateschi dell’allegra brigata dei marciatori. “Guagliù, m’eta prdunà pchella matina, ma m’evancazzate  brùtt.” Si ti perdoniamo, Professore, e ti diciamo grazie per aver scelto di trascorrere quattro giorni insieme a noi.

 

 

         Caro Professore, altri undici anni sono passati ed altre undici marce abbiamo fatto insieme. Alla veneranda età di 84 anni hai avuto ancora il coraggio di metterti a disposizione e donare alcuni dei beni preziosi che possedevi, la conoscenza e l’amore per la Nostra terra.        

             Camminando, spesso abbiamo colloquiato scambiandoci idee e riflessioni  e insieme ci siamo meravigliati di tanta partecipazione. La partecipazione innanzitutto dei marciatori in crescita progressiva di anno in anno, la partecipazione delle associazioni che collaborano alla organizzazione, la partecipazione sempre più convinta dei sindaci e, quella che più conta, la partecipazione della cittadinanza che si incontra nelle piazze dell’accoglienza. 

            Il figlio col padre, lo studente con il professore, l’operaio con l’imprenditore, l’artigiano ed il professionista, l’animalista, il cacciatore: varia umanità, varia socialità, varie culture. Il folclore itinerante che dà la carica. Tutti insieme, il sudore alla fronte ed il suono dell’organetto nelle orecchie che si trasferisce alle gambe, per scoprire o riscoprire le terre molisane.

            La fatica fisica del camminare, intesa come proposta del “fare” attivo, contrapposto alla staticità passiva  dell’attesa; il piacere culturale del conoscere, contrapposto  alla requie insipiente della “chiacchiera”;  la riscoperta della “piazza”, intesa come luogo di festa e punto d’incontro e di confronto, contrapposta agli steccati dell’”orticello”, coltivato con la cultura dell’assistenzialismo.

            La manifestazione di quest’anno è stata emblematica. Una delle migliori, nonostante le forti apprensioni del primo giorno. Non dimentico gli occhi carichi di passione dei ragazzi che si sono esibiti a Campochiaro. Ho ancora nel cuore lo sguardo lucido di lacrime del Sindaco ballerino di San Polo Matese, che non riusciva a trovare le parole di commiato per i nostri marciatori, e la squisitezza del tocco femminile del Sindaco di Sepino, che ha preparato l’accoglienza in ben tre postazioni diverse nell’agro del comune. La felice partenza a S. Agapito, l’imbarazzo e la palpabile tensione a Longano ed infine l’accoglienza genuina della piccola comunità di Castelpizzuto. Percorsi bellissimi. Nonostante le evidenti difficoltà, suggestivo quello tra S.Agapito e Longano; lungo e faticoso, ma indimenticabile per il vasto panorama e per l’effetto scenografico della fila chilometrica dei marciatori quello tra Roccamandolfi ed il Santuario di Castelpetroso; riposante quello tra Guardiaregia e Campochiaro; ricco di storia e di archeologia il tratto Sepino-Altilia. E poi gli spari di S.Giuliano, la piazza di Pettoranello che è diventata il palco per l’esibizione canoro-ballerina dei nostri marciatori, il folklore a Campochiaro, a S. Polo, a Guardiaregia e a S.Giuliano. Insomma i 250 marciatori di questa ultima edizione, provenienti da ogni parte d’Italia, come e più di quelli degli altri anni, hanno potuto scoprire o riscoprire parte delle terre molisane apprezzando il senso di ospitalità delle nostre genti, la peculiarità dei nostri borghi aggrappati alla montagne, la semplicità e l’efficacia della architettura povera delle case, il verde dei boschi e degli immensi pascoli, l’ambiente ancora incontaminato, nonostante l’incombenza delle pale eoliche, la storia, l’archeologia, e l’azzurro cielo.

Caro Professore, i messaggi in funzione di un risveglio fecondo dei nostri paesi noi li abbiamo lanciati e dimostriamo col nostro impegno, giorno dopo giorno, che esiste una avanguardia culturale attiva capace di agire autonomamente e con profitto all’interno della nostra regione e, purtroppo,  al di fuori delle maglie, spesso asfittiche, delle istituzioni locali.

 I messaggi penetrano. Attestati di stima e applausi a non finire. Ringraziano i marciatori per la bellissima esperienza. Plaudono i sindaci e le cittadinanze coinvolte perché i loro paesi si trovano finalmente al centro dell’attenzione che meritano. Sono entusiasti i commenti degli organi di stampa e delle televisioni locali che accorti colgono l’importanza dell’evento. Sentitamente ringraziano gli alberghi. Inviano riconoscimenti ufficiali le istituzioni provinciali e regionali. Uomini politici, di cultura e di chiesa inviano lettere e telegrammi di apprezzamento. Tutte queste onorificenze ci entusiasmano e ci commuovono al contempo: vuol dire che non abbiamo lavorato invano.

Il lavoro iniziato ormai da tanti anni e profuso a piene mani con tanto entusiasmo aveva e continua ad avere come obiettivo primario il risveglio delle coscienze. Il risveglio delle nostre terre non può che essere il frutto naturale del risveglio delle coscienze. Noi dobbiamo tenere ben saldi i piedi a terra e la testa sgombra da lusinghe varie per camminare bene.

Le tue “incazzature” memorabili servano da monito! Incazzature da estendere al di fuori delle linee che segnano il confine del percorso dei marciatori. Già qualche anno fa in una caricatura ti immortalai (si fa per dire) in una sana tirata d’orecchie ai Sindaci, ed in quel caso devo dire che i risultati furono ottimi. Bisogna continuare e mirare più in alto.

Il progetto integrale “cammina, Molise!”, vasto ed articolato, che va ben oltre i quattro giorni di agosto e che va ad interessare in maniera capillare tutto il tessuto regionale per tutto l’arco dell’anno, è stato sottoposto, puntualmente ogni anno, al vaglio delle istituzioni regionali e provinciali, ma invano, ad eccezione di qualche attenzione in più da parte dell’Assessorato al turismo regionale che da un paio d’anni sta promettendo di aprirsi fattivamente alle nostre proposte.

Caro Professore, fino a quando potremo ancora “tirare la carretta”? le energie, anche le nostre, hanno un limite! E’ vero, siamo riusciti a coinvolgere i Sindaci e le associazioni di base e con loro si lavora in modo sinergico ed i risultati si vedono, ma gli interlocutori più importanti, le istituzioni politiche ed economiche regionali, sono ancora duri d’orecchio. Dobbiamo far presto, perché la carretta può sfuggirci dalle mani col rischio che nessuno la raccolga. E’ il momento di irrobustire i muscoli e, seguendo la nostra via nova, portare la carretta a destinazione, svuotare i frutti e farli germogliare. Per uscir fuori di metafora, l’impegno ultimo delle nostre Associazioni  è quello di riuscire a contribuire a rendere esecutivo il nostro progetto integrale “cammina, Molise!”, che potrebbe essere uno dei punti fondanti di un progetto più ampio di sviluppo regionale, basato soprattutto sulle ricchezze delle zone interne e nel quale ci dovranno essere i collegamenti necessari alle esigenze più vive del territorio. I nostri obiettivi sono tanti, bisogna stabilirne solo la priorità e la peculiarità, che non possono prescindere dal finalizzare gli itinerari turistici ad un recupero ambientale e produttivo dei borghi montani e dal coinvolgere in maniera pragmatica direttamente sul territorio le nuove generazioni, per un loro recupero alla cultura contadina dei loro padri o alla conoscenza della cruda bellezza di questa  terra molisana che devono imparare ad amare se la si vuole salvare.

E allora, Prufssò, ch’emm’a fa?

La tua imponente figura, sorretta dallo storico bastone, non la vedremo più avanti ai marciatori, orgogliosa di condurre tanta gente a far conoscere la genuina bellezza delle sue terre.

Dal tuo corpo ci siamo per sempre separati, caro Professore, ma noi non vogliamo separarci da tutto quello che ci hai saputo caparbiamente e con amore insegnato in tutti questi anni. Per questo motivo, quel pomeriggio in Chiesa, sicuro di interpretare la volontà unanime dei marciatori, tra le lacrime ma con orgoglio ti ho promesso di dedicarti la XVIII edizione del cammina, Molise! .

Non è niente, ma servirà a tenerti ancora in mezzo a noi, per spingerci a camminare!

Caro Professor Lucarelli, grazie di tutto!

 

Giovanni Germano

(Coordinatore di cammina, Molise!)

 

 

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