L’agricoltura molisana verso la rottamazione?

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Gli impianti a biogas, specialmente quando sono enormi, creano seri problemi e l’agricoltura ne risente irrimediabilmente

di Pasquale Di Lena

15 giugno 2016

Personalmente non ho elementi per spiegare nei particolari il pro e il contro degli impianti a biogas, ma so che, specialmente quando sono enormi, creano seri problemi all’ambiente circostante. Tant’è che l’entusiasmo iniziale, in Emilia, Lombardia, Veneto e Trentino, cioè là dove si sono maggiormente diffusi, si è trasformato in crescente contrarietà da parte di sindaci e popolazioni, proprio per i tanti problemi che sono venuti a creare nel tempo, non ultimo quello dei cattivi odori emessi a causa della fermentazione dei vegetali o dei liquami, dei vegetali e liquami se abbinati. Un problema non indifferente per l’ambiente e chi lo vive, che è da abbinare a un altro problema, ancora più grave, qual è quello, con questa auspicata scelta – non sempre consapevole di chi prende le decisioni della sua realizzazione – della riconversione di un territorio agricolo che attualmente produce cibo, per di più di grande qualità, in un territorio, pur sempre agricolo, che, però, produrrà energia. Infatti, non più un’agricoltura contadina con la barbabietola da zucchero a rinvigorire il terreno e a dettare la rotazione agraria e l’avvicendamento delle colture, ma la sua trasformazione immediata in agricoltura industrializzata, e, come tale, destinata a produrre masse ingenti di vegetali che servono all’impianto e necessari per la fermentazione. Vegetali che, per essere prodotti in grandi quantità, hanno bisogno di estese superfici, enormi quantitativi di acqua e dosi elevate di fertilizzanti e pesticidi, con la conseguenza di un inquinamento crescente del terreno stesso e delle falde acquifere. 

In pratica inquinamento dell’ambiente dell’intero territorio del Basso Molise, quello più rappresentativo dell’agricoltura molisana e della sua stessa ruralità, ma, anche, quello che meglio può sfruttare l’abbinamento ruralità-mare per un turismo non solo balneare. In pratica le stesse questioni aperte, mesi fa, dal possibile insediamento di una grande stalla grande di quasi cento ettari di terreno, necessari per ospitare 12.000 manze della Granarolo, provenienti dall’Emilia e dalla Lombardia. Terreni di proprietà del Seminario di Larino, messi a disposizione dall’attuale Vescovo della Diocesi di Termoli – Larino. Una stalla voluta dall’attuale governo regionale e, anche, dai deputati e dal senatore del Pd che rappresentano il Molise in Parlamento.Una proposta, quella della grande stalla della Granarolo, rinviata al mittente grazie alla mobilitazione dei cittadini molisani che ha permesso al territorio di vincere una battaglia per niente facile. 

Bisogna riprendere a dire No con la stessa forza se ci sarà la chiusura dello zuccherificio e la sua trasformazione in centrale a biogas, perché questo annunciato cambiamento porterà a determinare un ambiente inquinato e, nel breve tempo, a rendere il terreno sterile; cambiare il paesaggio; asservire il mondo dei produttori e, così, a rendere ancora più facile l’abbandono dell’agricoltura, con la conseguenza di un possibile accorpamento delle aziende e la nascita di un nuovo latifondo teso, grazie alle macchine, a produrre solo quantità e, così, a sostituire il lavoro dell’uomo. Un cambiamento che renderà ancora più tragico il tema della disoccupazione nel Molise, visto che le centinaia di persone occupate fin’ora dallo Zuccherificio, fisse e stagionali, verranno sostituite da due o tre persone, quelle che servono per gestire un impianto a biogas, come, del resto, qualsiasi altro impianto di termovalorizzazione. Davvero poca cosa di fronte all’entità dell’investimento! (olivo al tramonto) 

di Pasquale Di Lena