Pale eoliche: Impatto ambientale

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Un pò del come e del perché le pale eoliche non sono quella bella cosa che si preferisce credere e un pò del come e perché leggi e regolamenti italiani sono spesso contraddittori e al servizio delle multinazionali e non del territorio e delle popolazioni che lo vivono. Politici inadeguati fanno il resto!

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di lavomma.eu

12 maggio 2016

Le localizzazioni predilette degli impianti sono, a causa della situazione della ventosità, i crinali montano-collinari dell’Appennino e delle grandi isole. La realizzazione delle centrali e delle opere ad esse accessorie ha come primo, più vistoso ed evidente effetto, la devastazione irreversibile dei valori paesaggistici e panoramici. Tale impatto viene notevolmente amplificato dal fatto che gli impianti, progettati separatamente, vengono poi spesso aggregati in aree di confine tra più comuni.
Un esempio drammatico in tal senso è rappresentato dalla Valle del Fortore nel Sannio, al confine tra le regioni Campania, Puglia e Molise, dove diverse amministrazioni pubbliche hanno imprudentemente consentito l’installazione ognuna di una certo numero di pale eoliche cosicché oggi i crinali di tutto il comprensorio ospitano quasi 600 torri.
L’effetto visivo e prospettico da qualsiasi punto si osservi la vallata è tale che l’intero aspetto dei luoghi risulta pesantemente trasformato e ciò, unitamente alla rumorosità delle pale, fa decadere in modo definitivo qualsiasi valenza turistica del territorio. A tale proposito si evidenzia che alcuni recenti progetti dovrebbero interessare le ultime coste rocciose ancora intatte, come ad esempio nella Puglia meridionale (Salento).Una situazione analoga a quella della Valle del Fortore si sta venendo a creare con la messa in opera, già in fase avanzata, di centinaia di torri eoliche in provincia di Chieti, nei comuni di Castiglione Messer Marino, Schiavi d’Abruzzo e altri vicini.
Alla devastazione del paesaggio si accompagna il grave danno arrecato all’ambiente naturale, nelle sue varie componenti. Spesso le aree scelte per la realizzazione degli impianti costituiscono habitat di elevato pregio naturalistico, che in molti casi, proprio per il loro valore ambientale di importanza spesso non solo regionale ma nazionale ed internazionale, ricadono in aree protette dalla legislazione interna (parchi nazionali e regionali, riserve naturali) o in siti d’importanza comunitaria, o in entrambe le situazioni. I progetti che si stanno proponendo non tengono in nessun conto i principi di conservazione acquisiti in questi ultimi decenni nel nostro Paese e in Europa e che hanno trovato espressione giuridica in fondamentali norme nazionali come la legge quadro sulle aree protette n.394 del 1991, nella cosiddetta legge Galasso su vincoli e piani paesistici, oggi convertita nel D.L. 490 del 1999, nonché nelle relative leggi regionali in materia.
puglia luglio 2006 appia EOLICO 004
I siti di importanza comunitaria (SIC) ospitano specie animali e habitat minacciati e meritevoli di misure speciali di tutela e, per tale motivo, sono riconosciuti di rilevanza europea sulla base di convenzioni internazionali e di norme comunitarie come la Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche, recepita in Italia con il D.P.R. 8 settembre 1997 n.357 e la Direttiva 79/409/CEE concernente la conservazione degli uccelli selvatici del 2 aprile 1979, recepita in Italia con la legge n.157 del 1992.
Le suddette Direttive prevedono l’istituzione di una rete europea di aree protette denominata NATURA 2000 e i siti individuati ai fini della loro inclusione, elencati nel Decreto del Ministro dell’Ambiente del 3 aprile 2000, furono a suo tempo individuati dalle Regioni sulla base di studi naturalistici appositamente condotti. Oggi, paradossalmente, molte Amministrazioni pubbliche avvallano ed autorizzano la distruzione dei beni naturalistici da loro stesse inventariati. A questo proposito è bene chiarire come ai sensi del DPCM 3 settembre 1999, gli impianti per la produzione di energia eolica che ricadono, anche parzialmente, all’interno di aree naturali protette (inclusi i SIC) debbano essere obbligatoriamente soggetti a preventiva valutazione d’impatto ambientale (VIA). Se l’impianto progettato ricade al di fuori di un’area protetta la regione competente ha l’obbligo di effettuare la valutazione di assoggettabilità alla VIA, detta anche “screening preliminare”.
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Nel quadro della tutela delle aree protette è fonte di notevole preoccupazione il Protocollo d’intesa “L’energia dei Parchi” firmato il 27 febbraio 2001 da Enel, Ministero dell’Ambiente – Servizio Conservazione della Natura, Legambiente e Federazione Italiana Parchi e Riserve Naturali, che favorisce ed incentiva lo sfruttamento, nelle aree protette, delle fonti di energia rinnovabile ovverosia il vento e quindi le centrali eoliche, vista la situazione italiana di quasi monopolio dell’eolico rispetto alle altre forme di energia rinnovabile. Il Protocollo costituisce inoltre un pericoloso precedente, un alibi, per quanti al di fuori delle aree protette vorranno realizzare centrali eoliche in aree naturalisticamente di pregio.
FLORA E FAUNA
L’insieme delle torri e delle infrastrutture che accompagnano necessariamente le centrali eoliche realizzate in aree naturalisticamente significative, esercita un impatto pesantemente negativo su flora e fauna. Ogni centrale richiede la realizzazione di strade, di manufatti, di scavi per la posa dei cavi, di cabine di trasformazione (una per ogni torre),ecc. Sono opere che vanno a perturbare gravemente gli equilibri degli ecosistemi e che comportano la distruzione di intere comunità animali e vegetali. Vista la localizzazione degli impianti progettati risultano particolarmente a rischio associazioni vegetali considerate, ai sensi della succitata Direttiva 92/43/CEE, prioritariamente meritevoli di tutela a livello europeo come ad esempio le “formazioni erbose secche naturali su substrato calcareo caratterizzate dalle fioriture di orchidee” e le “formazioni substeppiche di graminacee e piante annuali”. Pur essendo le centrali eoliche collocate in aree aperte la costruzione delle strade di accesso e delle linee per il collegamento alla rete di trasmissione nazionale non può non interessare anche gli ambienti boschivi limitrofi.
La presenza di decine e più di queste strutture, con pale in movimento di giorno e di notte, esercita un pesante impatto sulla fauna. Le zone individuate per le centrali sono per lo più molto importanti per numerose specie di rapaci sia come zone di caccia sia come punti di concentrazione durante le migrazioni. E’ noto e documentato il rischio diretto per gli uccelli rapaci costituito dalle pale dei generatori oltre che dal degrado ambientale generale connesso. Quasi tutte le specie di rapaci italiani sono incluse nell’allegato I della Direttiva 79/409/CEE, che comprende le specie particolarmente meritevoli di tutela per le quali gli Stati membri (art.4) sono tenuti all’adozione di misure speciali di conservazione dei loro habitat di vita per ” … garantire la sopravvivenza e la riproduzione di dette specie nelle loro aree di distribuzione”. La realizzazione delle centrali eoliche in tali ambienti costituirebbe quindi un’evidente infrazione a precisi obblighi comunitari. Negli Stati Uniti varie ricerche scientifiche testimoniano come la presenza dei generatori in aree critiche costituisca un forte fattore di minaccia per la conservazione di molte specie di rapaci. In particolare uno studio condotto in un’area della California ha verificato che il 38% della mortalità dell’aquila reale era dovuto all’impatto con le turbine eoliche. Considerando l’impatto con gli elettrodotti, il cui sviluppo si presuppone sia proporzionato nelle aree sensibili alla produzione dell’energia eolica, tale percentuale di mortalità sale al 54%. Da un altro studio più recente effettuato nelle medesime località risulta che in soli undici mesi sono stati uccisi, a causa delle collisioni con pale eoliche, 139 esemplari di uccelli rapaci, tra cui 74 poiane, 5 aquile reali e 1 gufo reale. E’ evidente che l’aquila reale, come molte altre specie di rapaci già rari in Italia poiché minacciati da molteplici altri fattori, difficilmente potrebbe sopravvivere nelle zone interessate dagli impianti eolici. Poiché questi sono progettati di preferenza proprio negli ultimi territori dove sopravvivono aquile reali, aquile del Bonelli, avvoltoi, nibbi reali, gufi reali e altri rapaci rari, intere popolazioni di uccelli da preda potrebbero subire un ulteriore e forse definitivo tracollo vanificando così il lavoro di decenni nella battaglia per la loro salvaguardia. Ancora più minacciati degli adulti risultano essere i giovani da poco involati dai nidi ed ancora poco esperti nel volo.
Non solo i rapaci diurni e notturni ma anche altre specie come il corvo imperiale (quasi estinto nell’Appennino centro-settentrionale ed in via di reintroduzione), il gracchio alpino (il passeriforme a maggior rischio di estinzione nell’Appennino Centrale), il gracchio corallino (incluso nell’allegato I della sopraricordata Direttiva 79/409/CEE), la coturnice, ed altre specie ancora, subirebbero danni assai gravi dalla realizzazione delle centrali eoliche nei loro ambienti di vita. Inoltre un recente lavoro condotto sempre negli Stati Uniti ha riscontrato una sensibile riduzione della densità di uccelli passeriformi nidificanti fino ad una distanza di 180 metri dalle turbine. Il rischio di collisione con le pale sarebbe inoltre elevato per gli uccelli migratori soprattutto durante il passaggio notturno ed in condizioni di nebbia. Molte specie di uccelli migrano prevalentemente od esclusivamente nelle ore notturne.
Va messo in evidenza come le ricadute negative coinvolgerebbero l’intera comunità animale sia a causa degli effetti indotti sulla vegetazione e quindi sulla disponibilità delle risorse alimentari, sia a causa della mortalità diretta a carico dei rapaci che svolgono un indispensabile ruolo di controllo ecologico, sia a causa di fattori indotti come il disturbo e il bracconaggio favoriti dalla nuova viabilità. Anche i pipistrelli, particolarmente utili per la loro dieta insettivora, verrebbero falcidiati dal movimento delle pale.
SUOLI, ACQUE E TERRITORIO
Lo sviluppo di questa capillare rete stradale di servizio, proporzionata per giunta all’accesso di mezzi pesanti di eccezionali dimensioni, non solo rompe la continuità dei delicati ambienti prativi di alta quota ma altera fortemente il drenaggio dei terreni provocandone mutamenti nella loro composizione vegetale e conseguentemente nelle comunità animali che ne dipendono. L’apertura delle strade di servizio che dovrebbero necessariamente raggiungere ogni singola torre non potrebbe non arrecare danni alla stabilità dei suoli favorendo l’erosione ed alterando la circolazione superficiale delle acque. E’ notorio poi come in Italia le vie di penetrazione negli ambienti più selvaggi ed incontaminati aprano la strada al fenomeno del bracconaggio, alle discariche abusive, alla cementificazione, al traffico di fuori strada e motociclette fuori pista, ai furti di bestiame, ecc.
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Bisogna sottolineare poi che, come già avvenuto in molte località, i materiali inerti che vengono adoperati nelle imponenti strutture di fondamenta delle pale eoliche vengono prelevati in cave, spesso abusive, limitrofe agli impianti o, ancor peggio, nei letti fluviali dei bacini circostanti. Si vanno quindi ad alterare non solo le superfici direttamente interessate dagli impianti ma l’intero territorio con possibili gravi conseguenze anche sull’assetto idrogeologico.
Le dimensioni degli aereo generatori (molti modelli dell’ultima generazione arrivano a superare le 200 tonnellate l’uno) e delle relative fondamenta in cemento, rendono proibitivi i costi di rimozione di queste strutture, una volta che queste non venissero più utilizzate a causa degli eccessivi costi di manutenzione o dell’obsolescenza dovuta al progresso tecnologico. Come già avvenuto altrove, ad esempio in California, si avrebbero cimiteri di centrali eoliche abbandonate al degrado ed al disfacimento, monumenti più che eloquenti all’insipienza, per non dire altro, dei responsabili della gestione del territorio. Un aspetto ancora abbastanza sconosciuto ma che richiederebbe ulteriori approfondimenti è quello connesso con l’alterazione delle falde provocate dai plinti di ancoraggio dei generatori che raggiungono notevoli profondità nelle porzioni di territorio più delicate per il drenaggio delle acque e quindi per l’approvvigionamento idrico dei bacini.
CONCLUSIONI
* Le centrali eoliche sono veri e propri impianti industriali, e pertanto già in quanto tali la loro ubicazione in aree ambientalmente pregevoli risulta del tutto incompatibile con la vocazione spiccatamente naturalistica di questi territori, caratterizzate inoltre dal fatto che, essendo per lo più realizzate in aree remote, comportano la costruzione di infrastrutture di servizio, come strade e linee elettriche, che ne accrescono il già notevole impatto sull’ambiente e sulle sue varie componenti.
* Non è accettabile che, come invece è diventata prassi usuale, la localizzazione e la dimensione degli impianti vengano decise solo in base a contrattazioni tra le ditte produttrici ed i comuni interessati, che spesso svendono per pochi soldi i valori ambientali più significativi dei loro territori, tra l’altro con danni anche economici assai notevoli per l’agriturismo, il turismo naturalistico, l’allevamento del bestiame, eccetera.
* Occorre che le Regioni varino piani energetici accurati che tengano conto dei valori ambientali e che, in attesa di tali piani, venga imposta una moratoria alla realizzazione di nuovi impianti eolici. Vanno inoltre incoraggiate altre forme di produzione di energia da fonti rinnovabili come il solare termico ed il solare fotovoltaico.
* E’ necessario che il Ministero dell’Ambiente e gli altri enti coinvolti ritirino il Protocollo d’intesa “L’energia dei Parchi”, firmato nel febbraio 2001, che ha effetti diretti ed indiretti molto dannosi nei confronti della salvaguardia degli ultimi ambienti naturali del nostro Paese.
* Vi è un alto livello di disinformazione in merito alle centrali eoliche vista da molti, anche titolari di responsabilità decisionali in questo settore, come a basso impatto ambientale ed assai utili per la riduzione dell’effetto serra. Occorre quindi un’attenta opera di sensibilizzazione e di informazione in merito alla situazione reale.

di lavomma.eu