La Ferula Pontificale in mano a S. Felice

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Angoli sconosciuti, ma particolarmente interessanti, del Molise: S. Felice del Molise

di Franco Valente - fb

26 marzo 2024

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Una volta si chiamava S. Felice Slavo e successivamente, in epoca fascista, si chiamò S. Felice Littorio e poi finalmente S. Felice del Molise.

In epoca normanna il suo nome era semplicemente “Sanctum Felicem”, come si legge nel Catalogo dei Baroni Normanni: “Riccardus de Monticello tenet ab eo Monticellum et Sanctum Felicem feudum V militum et cum augmento X et servientes X”).

Di questo papa romano si conosce molto poco e rarissime sono le sue immagini. Dopo quella che si trova in un frammento di affresco di S. Paolo Fuori le Mura di Roma, molto probabilmente la più antica è proprio quella che ora si trova applicata, da un tempo relativamente recente, sulla facciata della piccola chiesa di S. Felice.

Una vecchia immagine di questa cappella, pubblicata da Pierino Neri, mostra la facciata priva di qualsiasi bassorilievo e tantomeno della misteriosa epigrafe in lingua ebraica.

Epigrafe di cui non sappiamo dare una spiegazione logica non essendo documentata alcuna presenza ebraica nel territorio di S. Felice, anche se sappiamo da fonti indirette che una qualche colonia fosse presente a Termoli già dall’epoca angioina. Nel 1303, Roberto, vicario del Regno, aveva fatto trasferire a Lanciano cinque famiglie ebraiche che abitavano a Termoli.

Esattamente due secoli dopo, nel 1503, all’epoca del Viceregno spagnolo, Don Samuel Abravanel aveva acquistato a Termoli120 carri di grano da esportare all’estero tramite il suo agente Gabriel Isaac. Su richiesta dell’acquirente, la Camera della Sommaria in data 16 aprile ordinò al mastro portolano di riscuotere solo metà della “tratta”, ossia del dazio dovuto per l’esportazione del grano, come si faceva per i grani prodotti nel territorio di Termoli anche se erano esportati da persone estranee, e di considerare l’agente come cittadino napoletano. (ITALIA JUDAICA).

Nulla di più.

Invece più interessante è il bassorilievo con l’immagine di papa Felice che tiene sul capo la tiara papale mentre con la sinistra regge una “ferula” papale, ovvero una croce con tre traverse orizzontali, insieme a un libro chiuso. La destra è alzata in segno benedicente.

Dal “Liber pontificalis” (I, p. 158), sappiamo che Felice era romano e figlio di un Costanzo. 

Secondo Eusebio (“Historia ecclesiastica” VII, 30, 23), era stato vescovo di Roma dopo Dionigi.

Il “Catalogo Liberiano”, che è la lista dei papi fino a Liberio, utilizzata poi dal “Liber pontificalis”, assegna al suo episcopato una durata di cinque anni, undici mesi e venticinque giorni al tempo degli imperatori Claudio e Aureliano, probabilmente tra il 5 gennaio 269 e il 30 dicembre 274.

Nonostante sia considerato martire dalla Chiesa, non esiste nessuna notizia antica del martirio di papa Felice..

Dalla tiara non vediamo scendere le “infule”, che sono quelle fettucce di seta che appaiono nell’abbigliamento papale e vescovile a partire dall’XI secolo in poi.

Questo particolare potrebbe essere un primo indizio per assegnare a quella immagine, molto rovinata, un’epoca anteriore al X secolo.

Peraltro nella chiesa di S. Maria di Costantinopoli del medesimo paese è ripetuta una immagine analoga ai piedi della Madonna. 

Il quadro è molto rovinato, però in alto a sinistra si vede un papa con la tiara insieme a S. Antonio Abate, S. Caterina d'Alessandria, S. Barbara e S. Lucia.

Vi sono ragionevoli motivi per ritenere che si tratti proprio di papa Felice I dal quale il paese prende il nome.

Non ha gli altri segni speciali della croce a tre traverse e il libro nella mano sinistra ma, se sono stati rappresentati, qualcosa devono significare.

Il libro va messo in relazione al braccio destro alzato. Molto semplicisticamente si dice che si tratti di una mano benedicente.

L’origine di quel gesto, invece, è collegato all’autorità papale che sostituisce in terra il Cristo giudicante (e non benedicente) sulla scorta dell’osservanza dei comandamenti biblici simboleggiati nella Bibbia che il papa tiene nella sinistra.

Ora veniamo all’ultimo elemento molto particolare: la cosiddetta “ferula pontificalis” che non è semplicemente un bastone, ma un’insegna che indicava la potestà papale che veniva offerta dal priore di S. Lorenzo in Palatio quando il papa prendeva possesso di S. Giovanni in Laterano, come “signum regiminis et correctionis”. Ovvero come simbolo dell’autorità regale che dava facoltà al papa anche di comminare punizioni o di stabilire penitenze.

Probabilmente la figura di S. Felice che regge la ferula con le tre croci è una delle più antiche (se non la più antica) della Cristianità perché la consuetudine di usarla è attestata intorno al Trecento e questo bassorilievo sembrerebbe più antico. Il suo significato è noto e attiene ai tre poteri che il papa esercitava come Vescovo di Roma, Patriarca dell’Occidente, successore di S. Pietro apostolo.

di Franco Valente - fb

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