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Paese e campagna, la reciprocità degli sguardi

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Non sempre è cosi o almeno non lo è da ogni angolo del paese essendo le visuali sulle strade interne ad esso interrotte dalla massa edificata dell’agglomerato

di Francesco Manfredi Selvaggi

25 marzo 2024

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Per quanto riguarda l’agro si rileva la presenza di strade panoramiche dalle quali è possibile apprezzare in pieno il paesaggio e con esso i centri abitati che vi sono inseriti dentro.

Generalmente dai centri storici non è possibile scorgere il paesaggio circostante all’abitato. Infatti, pur se posti in alto lo sguardo è, di norma, a corto raggio e ciò per due motivi. Il primo è che si tratta di insediamenti compatti, quindi con elevata densità edilizia (non demografica, al contrario!), case con le relative finestre che si fronteggiano a breve distanza, o come si dice nel gioco degli scacchi arroccati. Il secondo è la presenza ai bordi di murazioni difensive, integre o inglobate in fabbricati successivi, vedi Campobasso, le quali costituiscono barriera alla visione dall’interno del borgo dell’esterno del borgo, cioè dell’intorno paesaggistico.

Gli unici scorci sulla campagna si aprono in coincidenza con le porte urbiche ed è quanto avviene ad Agnone con la Porta Semiurna. Non smentisce questa regola l’eccezione rappresentata da Fornelli e Sepino con la cinta muraria sormontata da un camminamento di ronda con le sentinelle di scolta per avvistare il sopraggiungere di nemici, il quale, in tempo di pace, oggi, si trasforma in una passeggiata sopraelevata da cui rimirare l’orizzonte. Per gustare in pieno i quadri, letteralmente, visivi occorre muoversi a piedi oppure stare fermi, riposati, piuttosto che spostarsi in auto, salvo che lungo una “strada panoramica”, una visione pressoché statica piuttosto che dinamica. Per godere in maniera tranquilla le visuali panoramiche è bene che ci sia una panchina e che questa sia collocata in un giardino ed è quanto succede a Morrone del S. dove lo spazio per la ricreazione all’aperto che si apre su un vasto panorama è situato in coda all’abitato, appena al di fuori dell’aggregato insediativo; a S. Agapito è addirittura un balcone con affaccio sul corso del Lorda.

A Trivento e a Campobasso simili “osservatori” ricadono dentro, invece, alla Zona A del piano regolatore; in ciò le due realtà sono assimilabili fra loro, mentre si differenziano per la distanza dai luoghi propriamente di vita; a Trivento non vi è soluzione di continuità tra il largo denominato Piano e il borgo medievale, nel capoluogo regionale è separato dalla zona abitativa, e, in più, il percorso da compiere per raggiungerlo è in salita, la salita dei “monti”, il cammino per i frequentatori è impegnativo se non fosse che si tratta di un tragitto piacevole trattandosi di un viale alberato, il Viale delle Rimembranze.

A proposito di camminata e ancora a proposito della “capitale” del Molise piace ricordare che nell’ottocento il passeggio cittadino serontino di gran moda ovunque in Europa in quell’epoca si concludeva con il “belvedere” della Villa De Capoa. Il panorama è tanto più apprezzato quanto più è ampio, nelle piane non si possono avere punti panoramici. Boiano e Venafro sono le uniche due entità urbane di pianura e, perciò, ne sono sprovvisti; in verità, per quanto riguarda la prima nel suo territorio, nella fascia montana del suo territorio, vi è il borgo di Civita, perlappunto, Superiore dalla cui piazza si scorge, nella sua interezza, la vallata del corso iniziale del Biferno, un bel vedere e perciò funge da belvedere.

Non è, comunque, detto che è l’altitudine del centro abitato ad assicurare la presenza di un belvedere nel senso che non è vero l’assioma per cui quanto più sono alti i paesi tanto più sono alti i valori percettivi. Si pensi a tale proposito a Vastogirardi, siamo nell’Altissimo Molise, che ha vedute limitate perché il dislivello tra il rilievo su cui si erge l’agglomerato abitativo e il fondo della struttura territoriale su cui, a sua volta, si erge tale rilievo è ridotto, tutto il comprensorio prossimo a questo comune è già in quota. Esiste un’ulteriore verità la quale è che a determinare la significatività di una veduta può essere in certi casi l’ampiezza dell’angolo visuale il che ispira un sentimento di “magnificenza” nell’osservare il territorio e in altri casi il fatto che si è di fronte a squarci di natura selvaggia come con la gola del Quirino visibile dallo slargo sommitale di Guardiaregia il che ispira il sentimento romantico del “sublime”.

Lasciamo ora la ricognizione sulle viste panoramiche che si aprono dagli aggregati urbanistici e passiamo a quelle che si colgono stando nel comprensorio rurale. Lasciamo da parte pure l’attenzione alle vedute singole e passiamo a quelle in serie cioè alle sequenze di visioni che si sviluppano lungo assi stradali. Essi vengono denominati “strade panoramiche” nel piano paesistico che le sottopone a stringenti norme di tutela. Per questa categoria si rimanda, quale esempio, al segmento viario che collega Castelpetroso, S. Angelo in Grotte e Macchiagodena; qui l’automobilista volgendo gli occhi verso valle vede, manco a dirlo, la valle che è quella dove sta Boiano, e volgendoli verso monte vede, manco a dirlo, il monte ovvero i monti del Matese, una varietà di stimoli visuali.

Andando per sentieri si possono sperimentare effetti analoghi, si prenda l’itinerario che da S. Anna di Trivento raggiunge la Morgia dei Briganti la quale appare alla vista dopo essere passati per una folta cerreta, un ambiente buio, e, in seguito, attraverso la piana del laghetto di Salcito, con lo specchio d’acqua che esalta la luminosità dell’area avendo quale traguardo visivo la predetta Morgia, da lontano un punto dell’orizzonte che diventa man mano che si avvicina sempre più distinguibile; in prossimità tale masso roccioso appare davvero imponente suscitando meraviglia nell’escursionista, uno stupore che non sarebbe stato così forte se non ci fosse stata la sequenza descritta.

(Foto: F. Morgillo-Veduta di Casalciprano)

di Francesco Manfredi Selvaggi

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