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Pietro Corsi, il mercante del sole

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Il mercante del sole e romanziere molisano d’ogni terra, a sette anni dalla morte 

di Vincenzo Di Sabato

11 marzo 2024

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L’8 marzo 2017, 7 anni fa, la cultura, e l’umana tenerezza perdeva un primatista, un modello di dottrina. Moriva a 80 anni a Los Angeles, Pietro Corsi, amico mio dall’infanzia: affettuoso, generoso.
Scrittore, romanziere italo-americano, molisano di Casacaenda, un giramondo: il mercante del sole.
Egli che viveva inseguendo l’Astro sia quando nel nostro gelido inverno scarseggiava, ma assolava invece il Messico della sua sposa Elsa, sia un po’ prima o un po’ più tardi quando in primavera e in autunno, brillava potente in California laddove vivevano i due figli; e poi finalmente qui in Molise, nella nostra estate mentre il Sole picchiava a perpendicolo sul vicoletto della sua “Terra Vecchia” a Casacalenda.
Muore a 80 anni e, di lui, ho ancora “80voglia” di amarlo.
Volto indimenticabile, straordinario protagonista di eventi letterari; uomo di stile unico e raffinato, ha donato, con il suo scrivere e con il suo vivere, un arcobaleno di colori alla vivacità, alla civiltà ed alla letteratura mondiale. Curiosamente oggi lo rivedo, così come dipinto da Cicerone per un personaggio simile a lui (“Lo Stato, 6,13). “Per chiunque abbia prestato aiuto all’uomo, per chiunque abbia assunto un forte impegno su sé stesso e l’abbia riempito di significati, per chiunque abbia contribuito ad elevare la dignità della sua patria, per costui, è assicurato un luogo prelibato in cielo”. Proprio così è stato Pietro, statura umile, animo grande, cosmopolita per povertà e per onore, solenne nel parlare, onorabile nel comportamento. Quasi fanciullo sfonda col coraggio una vita spinosa, sofferta.
Il notar Domenico Lalli (guardiese, mio padrino di cresima), lo prende con sé seppur privo di licenza media. Diventa il dattilografo nel rogare comprovendite, atti giuridici, divisioni patrimoniali, testamenti. Poi parte per Roma, giovanissimo. Di notte studia lingue per corrispondenza e si dà all’industria cinematografica. Conosce per sbaglio Michele Galdieri, poeta e autore della eterna bella canzone “Munasterio ‘e Santa Chiara”. E, con lui collabora nella strutturazione di famosi programmi radiofonici: “L’usignolo d’argento”, voci di oggi e canzoni di sempre, presentato da Rosalba Oletta nel 1952, ogni domenica alle 20,30 sul Secondo Programma Rai; e per “Sorella Radio”, la trasmissione per gli infermi del sabato pomeriggio con Maria Luisa Boncompagni e Silvio Gigli. E scrive. Collabora con “Il Tempo”, “Paese Sera”, “Il Messaggero”. Nel 1959 arriva in Canada. Entra nella redazione del “Cittadino Canadese”. Ed esce già, nel 1982, “La Giobba”, il suo primo romanzo, il primo importante documento storico sul fenomeno migratorio, edito dalle Edizioni Enne. Nel 1996 entra nel corpo dirigenziale della Princess Cruises, quella cioè “dei piroscafi d’amore”.
Poi ritorna scrittore. Pubblica quattro romanzi di seguito “Ritorno a Palanche”, “Lo sposo messicano”, “Amori tropicali di un naufrago”, “Il morbo dell’ozio”, “L’odore del mare”. Sperimentando più tardi un diverso modello letterario ed ideologico e, recuperando la bellezza della memoria e dell’identità della sua terra, pubblica, con Nocera, “Omicidio in un paese di cacciatori”. Alla 2^ Edizione del Premio Letterario Internazione “Il Mondo nel Molise ed il Molise nel Mondo”, conquista ex aequo a Guardialfiera il 2° Premio per la sezione.
E scrive ancora, compie anche un’attenta esplorazione sul movimento salesiano nel mondo. Ritrova don Raffaele Maria Piperni, kalendino, l’ambasciatore di don Bosco, disperso dal tempo, morto a San Francisco nel 1930. Ne elabora la biografia e dona il privilegio di presentarla nella chiesa di S. Maria Maggiore a Casacalenda, a don Antonio Pelle, simpaticissimo salesiano di Napoli e dal Prefetto di Campobasso, Marcello Palmieri già allievo salesiano.
Anche se non c’è nulla che possa rimpiazzare l’assenza di una persona amabile, genuina come Pietro Corsi, è bello tuttavia, tener duro con lui per ricavare ancora il gran conforto di evocazioni, consolazioni, di nostalgie. Perché quanto più suggestivi e densi saranno i ricordi, tanto più la separazione diventa feconda e trasformata in gioia silenziosa. Perché è così che portiamo, la bellezza del passato, non solo come spinta, ma come dono prezioso che si rimira nei nostri futuri momenti di vita.

di Vincenzo Di Sabato

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