Boiano, città a pelo d’acqua

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Una superficie terracquea continua, una città che qui convive con la presenza idrica tranquillamente. Il Calderari in effetti sembra una strada come le altre solo che è fatta di materiale liquido non asfalto

di Francesco Manfredi Selvaggi 

27 febbraio 2023

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Il Biferno costituisce una sorta di fattore identitario per Boiano, la città che si gloria di avergli dato i natali, i natali del maggior corso d’acqua interamente molisano, natali che, si rinnovano in continuazione, non dunque una tantum, poiché non è mai la stessa acqua a scorrere sotto uno dei ponti o, adesso, viadotti che servono a scavalcare l’asta fluviale lungo la Bifernina. Il Biferno è quasi il simbolo di questa cittadina i cui abitanti, è l’unico centro abitato del Molise dove coloro che vi risiedono possono essere denominati così, sono detti anche bifernini.

I boianesi hanno diritto pure all’appellativo di matesino del quale, però, non hanno l’esclusiva condividendolo con quanti abitano negli altri comuni posti alle pendici di questo pezzo di Appennino anche se possono rivendicare qualche priorità nell’adozione del termine matesino per identificarsi e ciò in virtù del fatto che in antico il nome del monte del Matese era Tifernus mons e Tifernus è Biferno; il fiume che abbiamo detto nasce a Boiano en effetti nasce da tale montagna per cui appare, in fin dei conti, indifferente per chi vive a Boiano essere chiamato bifernino o matesino. È di maggior vanto, ad ogni modo, per Boiano essere riconosciuto bifernino perché la ricchezza d’acqua è sempre stata sinonimo di ricchezza tout court, le grandi civiltà, prendi quella sviluppatasi in Mesopotamia, sono civiltà fluviali, le zone montuose sono state in ogni tempo associate alla povertà, non c’è un granché di cui essere fieri nel legame con un rilievo montano.

La copiosità d’acque giustifica la formazione di un insediamento abitativo di consistenti dimensioni qui e, del resto, non solo le civiltà più progredite, ma anche le città più grandi sono quelle fluviali. L’abbondanza di risorsa idrica, tanto più che si tratta di acqua pura scaturendo da sorgenti e perciò potabile, ha permesso il sorgere alle sue scaturigini di un centro popoloso. L’acqua è un bene essenziale oltre che per soddisfare la sete per tutta una serie di bisogni antropici. Il Calderari, un ramo del Biferno, si rivela fondamentale per allontanare gli scarichi fognari dall’ambito urbano che esso attraversa, quindi per ragioni igieniche.

Un’altra ragione è, stavolta siamo nel settore alimentare, per irrigare la fascia di orti che lo fiancheggia; nella medesima finalità rientra pure il mulino che sta all’inizio dell’altro braccio del Biferno a Pietrecadute e, ancora, connesso al nutrimento vi è l’allevamento di trote al quale è collegato un laghetto di pesca sportiva vicino alla sorgente di Maiella. L’acqua che scorre nel Biferno dà vita anche ad alcune iniziative paleoindustriali, dalla segheria idraulica di via Ciammarucone alla centrale idroelettrica di Pietrecadute; vi è poi un’attività produttiva che si svolgeva un tempo su una sponda del Calderari nel sito di, appunto, Tintiere Vecchie in cui si tinteggiava la lana tosata delle pecore per la macellazione delle quali doveva sicuramente esserci nelle vicinanze di questo rio un mattatoio.

La principale lavorazione artigianale è, ieri come oggi, quella casearia senza dubbio legata al Biferno perché la produzione di latticini richiede molta acqua. Da non molto il nostro fiume è stato visto in un’ottica ricreativa: l’alveo per le escursioni in canoa, gli argini per passeggiate lungofiume. Non ci sono le condizioni per farne un canale navigabile per il trasporto merci, neanche per la fluidificazione del legname diretto alla segheria. Come si è potuto constatare da quanto si è elencato sopra l’economia boianese integra i beni della montagna (boschi e pascoli innanzitutto) con la notevole disponibilità idrica del fondovalle e tornando alla questione in discussione prima se Boiano va definita centro matesino oppure bifernino si può concludere che esso è innanzitutto legato al Biferno e poi al Matese.

Per merito del cospicuo quantitativo d’acqua ivi presente questa città fin dalla notte dei tempi è stata un caposaldo della transumanza e quindi un polo di scambi che da intermittenti, l’andata e ritorno delle greggi tra Abruzzo e Puglia, sono diventati continui assumendo Boiano un ruolo di mercato stabile. La vocazione commerciale è favorita dal passaggio di una fondamentale arteria di età romana che nell’abitato si trasforma in decumano il quale contende lo spazio al Calderari, c’entra sempre il fiume quando si parla di Boiano sia se fonte di prosperità sia se d’intralcio alla circolazione viaria come in questo caso, nel bene o nel male è una presenza “ingombrante”.

Il corso d’acqua produce disturbo alla cittadinanza allorché favorisce il formarsi della nebbia la quale, nonostante a volte sia assai persistente, non ha dissuaso le persone a stare qui da oltre 2.000 anni, troppo vantaggioso è avere a portata di mano un’ingente quantità d’acqua da sfruttare per usi civili, agricoli, ecc. Una risorsa che per essere utilizzata non necessita di particolari infrastrutture idrauliche e ciò deve essere il motivo per cui nel modo di sentire della gente del posto l’acqua è connaturata alla gratuità. Non di specifiche opere fisiche si abbisogna, è vero, e però di tantissimo lavoro umano, in prevalenza femminile, per il trasporto dell’acqua dalla fontana all’abitazione mediante la tina sorretta da una donna che è il soggetto di una statua situata nel cuore della città. È oneroso ed eccone la gestione del servizio idrico e per tale problema insieme a quello della scarsità dell’acqua che si va accentuando a livello planetario occorre evitare la dissipazione di questa autentica “materia prima” della vita.

(Foto:F. Morgillo-Veduta del Calderari)

di Francesco Manfredi Selvaggi 

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