Senza l’orso non ci sarebbe stato il parco

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Senza il parco non ci sarebbe stato l’orso

di Francesco Manfredi Selvaggi

26 febbraio 2023

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Il Parco d’Abruzzo nacque per l’Orso Marsicano la cui tutela rimane l’obiettivo primario. Con l’allargamento al Molise della seconda area protetta d’Italia si è incluso al suo interno Castel S. Vincenzo il cui preesistente impianto idroelettrico verrebbe ora potenziato 

Il progetto del pompaggio delle acque del lago di Castel San Vincenzo denominato Pizzone II con la costruzione (così come previsto nel progetto che però è in corso di revisione) di una lunga galleria i cui lavori si protrarranno per circa 5 anni, opera di certo interrata ma con operazioni legate allo scavo che si svolgeranno in superficie, suscita molte preoccupazioni in relazione alle conseguenze sull’ambiente, specialmente sulla sopravvivenza dell’orso marsicano. È da ricordare che è il mammifero maggiormente a rischio presente nel continente europeo

È proprio per la sua salvaguardia che nel 1923 venne creato il Parco Nazionale d’Abruzzo, così come per la protezione dello stambecco nacque negli stessi anni il Parco Nazionale dello Stelvio i quali, poi, sono i primi due parchi italiani. Pure a quei tempi c’era la consapevolezza che per salvare una specie animale fosse necessario conservarne l’habitat di vita, non sarebbe bastato vietarne la caccia. Questa strategia vincolistica basata su “specie ombrello” come è definibile l’orso appare ancora oggi valida e, dunque, la preservazione di tale animale deve rimanere al primo posto nelle politiche di conservazione della natura da attuare in quest’area protetta.

Occorre, pertanto, tenere al sicuro le sue zone-rifugio, quelle nelle quali vi è la sua tana dove cade in semiletargo nel periodo invernale, stagione in cui non va assolutamente disturbato da rumori di escavazione, di movimentazione terra, dovuti al traffico di macchine da cantiere e così via. È da dire che proprio i comprensori ad elevata pendenza come il versante molisano delle Mainarde vocati per far funzionare le centrali idroelettriche garantendo significativi salti di quota dell’acqua immagazzinata a monte (lago della Montagna Spaccata) costituiscono ambienti ideali per il riposo della fauna, in quanto scarsamente accessibili all’uomo.

Non basta, ad ogni modo, al fine di assicurare condizioni favorevoli alla permanenza dell’orso, salvaguardare gli areali per la sosta e la riproduzione compreso lo svezzamento dei cuccioli, ma è nel contempo necessario lasciare la libertà di spostamento in uno stato indisturbato all’orso che è una bestia spiccatamente erratica. Esso si sposta anche di decine di chilometri alla ricerca di cibo la cui disponibilità varia di anno in anno, dipende dalle annate la ricchezza della vegetazione e a seconda dei mesi, la frutta si trova solo d’estate. L’orso si muove secondo traiettorie variabili in dipendenza dell’abbondanza o meno in un sito di risorse trofiche, di qua i querceti, ghiande, di là le faggete, faggiole.

Tendenzialmente vegetariano, essenzialmente onnivoro. Esso frequenta il territorio a tutte le altitudini scendendo persino in basso in autunno non potendo soddisfare altrimenti i propri bisogni alimentari, in alto in quella stagione ha difficoltà a reperire il nutrimento. In definitiva, è indispensabile non provocare impedimenti alla frequentazione dei luoghi da parte di questi plantigradi evitando di intraprendere attività che possano limitarlo a causa della produzione di rumori, polveri, ecc…

Una precauzione dovuta nella realizzazione del tunnel è quella di non alterare la circolazione idrica sotterranea portando, tra l’altro, al disseccamento delle risorgive in cui si abbevera l’orso. Si ritiene, e adesso ci stiamo distaccando dalla vicenda specifica del potenziamento da parte dell’Enel della produzione di energia elettrica da fonte idrica, con l’impianto energetico di Colli a V. già ora il più grande della regione, auspicabile, per assecondare il bisogno di mobilità degli orsi e così la diffusione della specie stabilire ecoconnessioni con complessi montuosi contigui o non troppo distanti ai quali ultimi questo parco sarebbe collegato tramite stepping stones e corridoi ecologici, purché tali monti abbiano habitat idonei alla specie in questione.

Il Matese, che rientra nell’home range di un orso marsicano ha caratteristiche naturalistiche-funzionali appropriate, manca solamente il Parco, organismo imprescindibile per la gestione ambientale. Di qui l’urgenza del varo al più presto del Parco Nazionale del Matese per contribuire alla difesa di questa specie di primaria importanza internazionale attraverso l’estensione del suo areale. In altri termini occorre superare il modello insulare di tutela il quale è, del resto, nelle cose in quanto l’orso marsicano è, appunto, isolato essendo scomparso da secoli l’orso bruno dagli altri massicci dell’Appennino. Da ciò, dal suo isolamento, deriva la scarsa variabilità genetica cui si imputa la sua elevata vulnerabilità ai fattori patogeni.

Nonostante che nel Parco d’Abruzzo, Lazio e Molise vi sia flora commestibile in gran quantità questa risulta essere contesa da una selvaggina, il cinghiale e soprattutto il cervo, che da alcuni decenni è in crescita esponenziale. La montagna matesina è capace di offrire pastura sufficiente e, insieme a ciò, spazi per la disseminazione degli esemplari di orso; la speranza è quella di un aumento del loro numero ormai giunto alla soglia critica che è quella attuale di 50 individui. L’incremento degli orsi portando ad un moltiplicarsi di incroci appare in grado di contenere il preoccupante problema della consanguineità tra gli stessi. Non c’è altra via per contrastare la familiarietà, importare l’orso alpino sarebbe deleterio per la “purezza della razza”. L’orso ha un valore identitario per la popolazione locale e ha le potenzialità per assurgere a simbolo della biodiversità, similmente al panda, vessillo nella lotta per combattere l’impoverimento dell’ecosistema planetario, utile testimonial.

(Foto: F. Morgillo-Veduta del lago di Castel San Vincenzo)

di Francesco Manfredi Selvaggi

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