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Piano urbanistico a prova di sisma

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La microzonazione già completata per la provincia di Campobasso e avviata in quella di Isernia, ha l’obiettivo di ridurre il rischio sismico già in fase di redazione degli strumenti urbanistici

di Francesco Manfredi-Selvaggi

30 novembre 2023

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La microzonazione si combina bene con quanto richiede la circolare emanata a seguito dell’entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 1996. Tale documento ha fissato i criteri da seguire per l’esame dei piani urbanistici ai sensi dell’art. 89 del testo unico per l’edilizia; tra gli studi da produrre vi sono tutta una serie di analisi geologiche che vanno riportate in apposite cartografie e, in aggiunta, senza che venga spiegato meglio il coordinamento con le prime, una carta sismica. Ebbene, dopo circa 7 anni, siamo nel 2003 all’indomani del terremoto di S. Giuliano, si ha una compiuta definizione di tale carta con la delibera di giunta regionale che avvia il processo di microzonazione nel Molise.

Non sarebbe stata possibile immaginarla in precedenza, cioè all’epoca della circolare, perché è più recente la consapevolezza nel mondo scientifico e, di conseguenza, nella normativa tecnica degli effetti locali di un sisma. Se fino ad allora l’intensità di un terremoto veniva considerata identica sull’intero territorio comunale, con il recepimento degli eurocodici attraverso l’ordinanza di protezione civile del 2003, la “3274”, si ha l’obbligo di valutare sito per sito la spinta tellurica, non permettendo più di utilizzare un coefficiente unico, differente, è ovvio, se il progetto ricadeva in zona sismica 1 o 2.

Lo stato fornisce i valori di base dell’accelerazione sismica per tantissimi punti del territorio e il progettista ha il dovere di calcolare l’amplificazione che essa subisce in quel determinato luogo. La microzonazione sposta dalla scala del singolo intervento a quella urbanistica la valutazione di quanto si incrementa la scossa sismica. Se il ministero ti fornisce il dato dell’azione su terreno duro e pianeggiante tu, tanto redattore della progettazione di un certo manufatto quanto di compilatore della microzonizzazione, devi analizzare il suo incremento in quel posto dovuto al substrato geologico e alle condizioni morfologiche.

Per quanto riguarda queste ultime si rileva che le aree in cui il terremoto aumenta sono le creste e i versanti dove si ha la focalizzazione delle onde sismiche. Non è proprio possibile costruire quando vi è il pericolo di liquefazione del suolo (se vi è una falda idrica all’interno di uno strato di materiali sabbiosi i quali rischiano, appunto, di liquefarsi per lo scuotimento prodotto da un evento tellurico), né qualora l’ambito è a rischio frana, ma in questo caso già i piani di bacino che nel Molise sono in corso di definitiva approvazione, di regola, impediscono l’edificabilità. Che vi sia una differenza tra le varie parti dell’abitato, per limitarci a questo senza prendere in considerazione l’insieme della superficie comunale, lo dimostra la variabilità spaziale del danno ai fabbricati prodotto dal terremoto (a S. Giuliano i danneggiamenti maggiori si sono avuti lungo il corso Vittorio Emanuele, a L’Aquila via XX Settembre in cui si è avuto il crollo della “casa dello studente”, per non fare che due esempi).

La microzonazione ha proprio il compito di orientare le scelte della pianificazione urbanistica in modo che per le aree fabbricabili si privilegino quelle di minore pericolosità sismica. La microzonazione serve anche a stabilire gli ambiti dove non va costruito affatto. La microzonazione non si limita, di certo, a individuare il grado di pericolo per ogni parte dell’insediamento in quanto fornisce pure i limiti sulla base delle criticità riscontrate per l’attività edilizia. La microzonazione può avvenire a diversi livelli, tre secondo le linee guida predisposte dal dipartimento di protezione civile, ma anche a quello più avanzato essa si limita a definire le gerarchie di pericolosità locale fra i differenti ambiti territoriali senza, va precisato, fornire valori assoluti, quindi la quantificazione dell’accelerazione sismica che, invece, deve essere determinata in sede di predisposizione del progetto di un’opera.

Anche il livello 1, il primo, quello raggiunto dalla microzonazione in provincia di Isernia ha una sua efficacia ai fini della predisposizione degli strumenti urbanistici, perlomeno nella sua fase preliminare, quella della stesura del “rapporto ambientale” a corredo della procedura di valutazione ambientale strategica. Lo studiare la sismicità di un luogo è un’operazione indubbiamente costosa poiché occorrono ricerche di dettaglio come la raccolta dei sondaggi effettuati e delle prove di laboratorio sui campioni di terra prelevati insieme al rilevamento geologico e, pertanto, al fine di limitarne l’onerosità è stato obbligatorio contenere l’estensione della superficie da indagare.

Essa è la ragione per cui la microzonazione non comprende l’intero perimetro comunale, bensì solo il centro abitato e le fasce esterne di interesse per l’espansione dell’urbanizzazione (altrove pure strisce territoriali al contorno di reti infrastrutturali in programma come potrebbe essere, mettiamo, il tracciato dell’autostrada molisana). L’utilità della microzonazione per il tessuto edilizio esistente non è quella di ausilio alla decisione di dove permettere lo sviluppo residenziale o l’installazione di complessi produttivi, ma di individuare le misure per la riduzione del rischio. La microzonazione è indispensabile, inoltre, per la formulazione del piano comunale di protezione civile favorendo l’individuazione di vie di fuga sicure.

La microzonazione accurata ha riguardato la provincia di Campobasso nonostante che quella di Isernia forse abbia un grado superiore, nel complesso, di pericolosità sismica, dunque, è sicuro che si debba raggiungere la parità negli studi sulla sismicità tra i due ambiti provinciali. Nel medesimo tempo, così come si sta facendo, è opportuno fare un aggiornamento della microzonazione esistente nella provincia di Campobasso e un approfondimento in quella di Isernia che lo si è già detto è ancora al livello 1.

Non si vuole, comunque, affermare che non sia utile la microzonazione della costa tenendo conto che pure se nella riclassificazione sismica del territorio nazionale effettuata nel 2004 che prevede zone a pericolosità decrescente essa è zona 3 (l’ultima è la 4 che riguarda tutti gli altri comuni che qui da noi non esiste: zona a pericolosità minima o nulla) in quanto vi è una forte concentrazione di popolazione, la quale si incrementa nel periodo estivo, e di stabilimenti industriali.

Le informazioni sulla sismicità pur se realizzate a scala di “area vasta” fornite dalla microzonazione vanno sfruttate pure nelle relazioni geotecniche e geologiche almeno quali dati da comparare con quelli delle indagini da svolgere in «situ» nella progettazione di un’iniziativa costruttiva qualsiasi. Una precisazione è che le amministrazioni comunali molisane, è questa la scelta fatta, non hanno goduto di alcun margine di autonomia essendo stata eseguita la microzonazione in coerenza con gli indirizzi stabiliti dalla deliberazione regionale che ha uniformato il “prodotto” il quale è così comparabile.

(Foto: Una tavola del piano di Microzonazione Sismica di Roccamandolfi)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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