Con il naso in aria per fiutare lo smog

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L’Arpa ha predisposto il Piano di Risanamento della Qualità dell’Aria al quale un contributo decisivo lo può fornire la pianificazione urbanistica

di Francesco Manfredi Selvaggi

29 Settembre 2023

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La qualità dell’aria è tra gli indicatori principali della qualità ambientale nei centri urbani. Nella redazione del «rapporto ambientale» richiesto nella procedura di Valutazione Ambientale Strategica che è obbligatoria nella formazione dei piani urbanistici vi è un capitolo dedicato all’inquinamento atmosferico. I nuovi PRG di diversi Comuni molisani, da Mafalda a Toro, da Mirabello a Colli al Volturno a Sesto Campano, hanno dovuto affrontare il procedimento VAS, con le difficoltà dovute all’essere una materia inedita e non unicamente qui da noi; all’interno di tale Valutazione è compreso lo studio della componente «aria».

Non si tratta solo di studiare, è ovvio, ma pure di definire delle misure appropriate per contrastare il possibile deterioramento dell’atmosfera nell’abitato. Ciò lo si ottiene operando in più campi, in quelli che hanno maggior peso nella determinazione del livello qualitativo dell’aria. La pianificazione riesce a fornire un contributo decisivo limitando le Zone di Espansione, le «zone C», perché la crescita dell’inquinamento aumenta crescendo le distanze tra abitazioni e servizi, un tempo accorpate nel nucleo storico, la conseguente necessità degli spostamenti automobilistici.

Si fa notare che quasi ovunque nel Molise il saldo demografico è nullo per cui non vi sarebbe la spinta allo sviluppo edilizio, ma vi è la sostituzione delle vecchie case perché considerate obsolete ubicate nel borgo antico con nuovi fabbricati all’esterno di esso. Strategie a metà tra urbanistica e piano del traffico sono quelle mirate a rendere la mobilità sostenibile: nei piccoli paesi non esiste il trasporto pubblico cittadino e perciò è alla scala comprensoriale se non regionale che bisogna intervenire migliorando i collegamenti mediante autobus con i posti di lavoro e le attrezzature per l’istruzione per trasferire i viaggiatori dai mezzi privati a quelli collettivi.

Qualcosa, comunque, lo si può fare anche a livello locale così come hanno iniziato a fare Isernia e Campobasso: sono state collocate colonnine per la ricarica delle auto elettriche nei parcheggi, cosa alla quale sono obbligati dal Testo Unico sull’Edilizia i privati per le attività produttive, commerciali e direzionali. Le amministrazioni municipali, e pure ciò è collegato agli spostamenti, devono allontanare i veicoli dalle scuole, prevedendo, in aggiunta, percorsi a piedi protetti tra le residenze e l’edificio scolastico. Bisognerebbe installare, inoltre, almeno negli agglomerati insediativi di pianura, cioè Boiano, Termoli e Venafro, stalli per le biciclette; l’unica pista ciclabile esistente è quella fra il capoluogo regionale e Ferrazzano.

Neanche a Campobasso vi sono corsie preferenziali per gli autobus urbani e zone a traffico limitato mentre vi è un’isola pedonale permanente. Sempre nel tema del traffico rientra la decisione delle domeniche senz’auto quando si ha il superamento dei valori d’inquinamento che non viene adottata neppure a Venafro quando si registra questa criticità, fatto che succede spesso, specie nel periodo invernale in cui all’aumento delle emissioni contribuisce l’incremento dell’uso degli autoveicoli da parte dei residenti per evitare il freddo. Incide sui trasporti la distribuzione dei prodotti agricoli e, perciò, bisognerebbe incentivare il commercio a Km. 0 (in tale ottica è da evitare il cambio di destinazione paventato del «mercato coperto» a Campobasso).

Fortunatamente, nelle aree urbane a maggiore densità edilizia i percorsi viari si fanno stretti e i palazzi alti per cui in tali strade il vento si incanala e riesce a spazzare via lo smog; a via Cavour, nel centro della principale città della regione, diversi anni fa in occasione della manifestazione «Mal d’aria» di Legambiente vennero stese sui balconi al primo piano delle lenzuola bianche che rimasero tutto sommato pulite. Rientra sempre nell’urbanistica la materia dei sistemi di riscaldamento degli alloggi, almeno indirettamente, per via di prescrizioni nei Regolamenti Edilizi riguardanti i locali caldaia, i condotti dei fumi, ecc.

Se non urbanistica è comparto compreso, ad ogni modo, nel corpus organico delle norme sulle costruzioni, il già citato Testo Unico dell’Edilizia, quello del contenimento dei consumi energetici nelle abitazioni che si ottiene con il fotovoltaico sul tetto, con i bruciatori ad alto rendimento i quali qui da noi sono, quasi ovunque, convertirti a metano e con la coibentazione dei fabbricati. Pur se non vi è ancora una apposita legge regionale sul risparmio energetico si sta affermando una classe di certificatori, anche corregionali, capaci di valutare le dispersioni di calore dalle pareti e vi sono proposte da parte di società locali di effettuare con foto aeree agli infrarossi una ricognizione dell’efficienza del patrimonio edilizio esistente rispetto a tale aspetto.

Decisioni lasciate ai sindaci sono quelle di imporre, in particolari momenti di criticità atmosferica, l’abbassamento di 1° C della temperatura negli ambienti riscaldati e stabilire il divieto di combustione di biomasse in camini aperti, in altre parole nelle pizzerie a legna innanzitutto. Opportune scelte di pianificazione urbanistica possono favorire lo sfruttamento del calore residuo, attraverso reti di teleriscaldamento, di centrali termoelettriche come l’impianto HERAmbiente di Pozzilli e la Turbogas nel basso Molise, l’uno prossimo a Venafro e l’altro a Termoli; qualora non si rivelasse conveniente riscaldare i quartieri periferici di questi centri si potrebbe favorire la nascita di serre in territorio rurale che utilizzino l’acqua calda frutto della degradazione dell’energia prodotta per scopi elettrici.

A proposito di simili centrali si rileva che, da un lato, è conveniente che esse siano collocate lontano dagli agglomerati abitativi per evitare l’inquinamento dell’aria (come fece la Cassa per il Mezzogiorno quando negli anni 70 creò i Nuclei industriali di Rivolta del Re, Pozzilli e Campochiaro), anche se il contraltare è che la vicinanza permetterebbe il teleriscaldamento di cui si è detto. Passi ne sono stati fatti in questi Nuclei per favorire il trasporto delle merci su ferro con la predisposizione a S. Polo e a Pozzilli di scali ferroviari e, invece, gli interporti di Termoli e di Venafro sono rimasti sulla carta; il treno è sicuramente un vettore meno inquinante del camion. Per quanto riguarda il trasporto passeggeri va perseguito il rinnovo dei mezzi destinati al servizio pubblico locale con l’acquisto di autobus elettrici il finanziamento dei quali per Venafro ed Isernia era previsto in un programma del Ministero dell’Ambiente per gli ambiti soggetti all’inquinamento atmosferico.

di Francesco Manfredi Selvaggi

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