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Sono i rilievi situati alle spalle della linea costiera, costretti tra quest’ultima e le emergenze collinari del Molise Centrale. Pur essendo una fascia di transizione essa ha una propria identità

di Francesco Manfredi-Selvaggi

5 Settembre 2023

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È un’area della quale è difficile determinare i confini. Uno solo è certo ed è quello che la divide con la pianura costiera, la stretta fascia di territorio antistante il mare dalla quale il nostro comprensorio si distingue per via della morfologia del suolo, piatta in un caso e mossa nell’altro. Date per scontate le terminazioni a nord e a sud, rispettivamente con l’Abruzzo e la Puglia, è problematica la delimitazione verso l’interno della regione, per intenderci verso ovest. Il Molise si differenzia dalle altre regioni adriatiche perché qui l’Appennino non coincide con l’asse mediano della Penisola, bensì è spostato verso il Tirreno per cui a questa terra non si adatta il classico modello di costa-collina-montagna.

Invece di una sola fila di colline ne troviamo molteplici. Vi è, comunque, una gradazione di altimetria del sistema collinare procedendo in direzione della catena appenninica con alcuni rilievi nella fascia più arretrata di altezza significativa, vedi monte Mauro considerato una prosecuzione in territorio molisano dei Monti Frentani. Sono proprio queste emergenze montuose, tra le quali si citano Serra Guardiola (Guardialfiera), Colle Marasca (Lucito), Cerro del Ruccolo (Casacalenda) e m. Crocella (tra Colletorto e S. Giuliano di Puglia), seppure isolate e disposte in modo frammentario a definire il termine dell’ambito in esame.

Ciò perché esse bloccano le masse d’aria provenienti dal mare, come si nota con le perturbazioni che provengono dai Balcani. In effetti, le influenze marine si stemperano, non solo perché bloccate dai blocchi montagnosi, ma anche in relazione alla distanza che intercorre con il litorale. Sono queste ad ogni modo minime variazioni, davvero poco significative se non si superano un paio di decine di chilometri. Dipende poi dalla presenza delle vallate, le principali sono quelle del Biferno e del Trigno che costituiscono ampi canali di penetrazione dei venti dell’Adriatico, garantendo un clima temperato anche nella zona mediana del Molise; tali valli con fondo alluvionale costituiscono in qualche modo il prolungamento in seno alla parte centrale della regione del paesaggio di pianura e, quindi, pure sotto l’aspetto visivo si rileva il collegamento con l’ambito costiero.

Seppure localmente, ma non tanto vista l’estensione notevole dell’invaso del Liscione, il più prossimo alla linea litoranea posto lungo il corso del Biferno (assai distanti sono invece Occhito alla confluenza tra Tappino e Fortore e Chiauci sul Trigno), si aggiunge alla mitigazione del clima continentale la presenza del bacino lacustre. Non sono cosa da poco i vantaggi climatici dovuti alla funzione termoregolatrice del mare, incrementata dagli effetti dovuti al grande lago forti nel comprensorio ad esso circostante e che si riverberano all’intorno. Finora si è posta la questione climatica quale discriminante per la delimitazione dell’ambito intermedio, intermedio tra il Molise centrale e il Basso Molise, ma essa non è sufficiente, anche perché, come si è osservato, vi è incertezza sulla profondità che raggiungono gli influssi marini, da un lato, appunto, quello verso l’Adriatico, e, dall’altro lato, in direzione dell’Appennino, per la continuità morfologica con il paesaggio collinare della zona mediana del Molise, seppure con quote costantemente inferiori.

Se ci basiamo sul modo di sentire della popolazione riscontriamo una forte evoluzione nel tempo, specie nell’ultimo mezzo secolo quando la costa è diventata tra le maggiori aree di gravitazione della regione, quando cioè si è avuto lo sviluppo industriale cominciato con l’installazione dello stabilimento FIAT e l’affermarsi del turismo balneare. Prima di allora pur distando pochi chilometri dal litorale e pure se il mare si scorge da tanti nuclei abitati di questo ambito territoriale gli abitanti non hanno la sensazione di essere «marittimi». Ciò può risultare difficilmente comprensibile per chi vive nella Pianura Padana o nelle regioni alpine, ma anche in quei tratti dell’Italia peninsulare, si pensi all’Appennino Tosco-Emiliano, davvero distanti dalle marine.

Per chi risiede a Milano o nelle altre città del Nord il mare è legato esclusivamente alla villeggiatura estiva. Da noi, quando la zona costiera si è trasformata, da desertica ad una fascia di concentrazione di occasioni lavorative e di residenze la visione del mare, pure per i borghi dell’immediato entroterra, fa parte dell’esperienza quotidiana di ognuno, della vita di tutti i giorni, nonostante che, magari, non si è funzionalmente legati alle attività che vi si svolgono. Le percorrenze, infatti, hanno quali canali prioritari le infrastrutture che seguono la linea costiera e, alla stessa maniera, sono state le fondovalli lungo i più grandi solchi vallivi, quelli del Biferno e del Trigno, ed avvicinare i molisani, pure dell’interno, al litorale; si è spezzato con queste arterie l’isolamento o, comunque, la separatezza del cosiddetto Basso Molise dal resto della regione (il Contado di Molise si fermava a Larino).

Trasversalmente, dunque, si è ottenuta una qualche integrazione tra i vari comprensori molisani, che si accentua se si considerano solo quelli vicini alla pianura litoranea i quali hanno, ormai, superato la condizione di luoghi appartati. Ci stiamo riferendo alle autentiche «isole» di etnia albanese e slava situate sulle due opposte sponde del Biferno il quale le divide (con l’eccezione di Montecilfone). Tale estraneità dal contesto molisano dal punto di vista fisico e antropologico, in verità, ha favorito la conservazione di una interessante cultura che altrimenti sarebbe estinta da un bel po’; l’essere in una posizione marginale ha, per certi versi, protetto le due énclave che intorno al XV secolo si stabilirono nel Molise provenendo dall’altra sponda dell’Adriatico.

C‘è stato un altro fatto che ha inciso nell’unificazione della costa almeno con le colline prossime ad essa ed è stata la bonifica agraria. Gli immensi latifondi, tipici dell’organizzazione terriera della vicina Capitanata, provincia alla quale apparteneva il territorio bassomolisano antecedentemente all’inclusione nel Molise, con la Riforma Fondiaria vengono suddivisi in parcelle minute ed assegnati ai contadini. Si è ottenuta, attraverso tale incisiva operazione agraria, l’affermazione di colture permanenti, dai vigneti ai frutteti agli oliveti e di piantagioni orticole, anche se le coltivazioni cerealicole dominano sempre nelle porzioni non raggiunte dall’irrigazione. Nell’immagine paesaggistica le campagne delle fasce collinari e pianeggianti si fondono, le prime, però, costellate di insediamenti, tutti di antica origine, e le seconde dominate dal consistente episodio urbano di Termoli e dall’agglomerato industriale.

(Foto: Alessio Manfredi Selvaggi-Veduta di Campomarino)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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