La Tavola Osca e il sacrario delle sementi

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Un po’ alla volta stiamo svelando la piu’ grande truffa della storia archeologica molisana.

di Franco Valente - fb

2 Maggio 2023

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E’ una strada complicata che percorriamo grazie all’ostinazione di un manipolo di studiosi di buona volontà. 

LA TAVOLA OSCA DI PIETRABBONDANTE E IL SACRARIO DELLE SEMENTI.
Una delle scoperte più importanti degli ultimi decenni a Pietrabbondante è stata fatta a lato del grande recinto del Teatro.
I giornali di scavo non vengono messi a disposizione degli studiosi e per saperne di più bisogna far ricorso alle eccellenti pubblicazioni dall’Istituto Nazionale di Archeologia e Storia dell'Arte, presieduto da Adriano La Regina, concessionario dello scavo archeologico. 

L’Istituto pubblica regolarmente i risultati degli scavi che vengono illustrati con interpretazioni di altissimo livello scientifico che hanno bisogno, comunque, come è nell’ordine naturale delle cose, di ulteriori approfondimenti.
Sicché la lettura delle relazioni deve essere associata a una ricontestualizzazione delle descrizioni archeologiche dopo aver depurato gli scritti dai pregiudizi interpretativi.

In altri termini bisogna evitare di essere stritolati da quel sistema deleterio con il quale si stabilisce prima della ricerca dove si voglia arrivare e poi si mettano in fila solo gli elementi utili per giungere alle conclusioni prestabilite. 

In questi ultimi mesi si è scoperto, grazie a un pugno di ricercatori testardi (tra i quali il metallologo Pietro Mastronardi), che la cosiddetta Tavola di Agnone depositata al British Museum è una clamorosa patacca rifilata nell’Ottocento da Saverio Cremonese, uomo colto e sindaco di Agnone, in associazione al suo compare Giangregorio Falconi, barone di Capracotta.
L’originale, fortunatamente, è ancora in Italia presso gli eredi Amicarelli-D’Onofrio che l’acquistarono da Pietro Tisone nel 1848. 

Sulla Tavola cosiddetta di Agnone (la patacca di Londra) sono state scritte montagne di cose di alto profilo scientifico e tutte indistintamente orientate a sostenere che le descrizioni del bronzo in lingua osca sono compatibili con la descrizione di Tito Livio del luogo della battaglia e del giuramento di Aquilonia.
Quindi vi sono ragionevoli motivi per ritenere che la Tavola Osca (quella vera e non la patacca londinese) sia stata trovata ad Aquilonia. Cioè a Pietrabbondante e non a Capracotta dove fu inscenata una scoperta truffaldina. 

Orbene, poiché una parte del mondo archeologico per motivi di bottega rifiuta di accettare che Aquilonia sia Pietrabbondante, tutte le scoperte archeologiche che potrebbero mettere fine a questa inutile polemica, vengono sistematicamente orientate a far capire molte cose, ma non la verità.

E’ il caso dell’edificio che con una certa fretta è stato definito “Domus Publica” attribuendo ad esso una funzione che probabilmente è stata pure assolta in un certo momento della sua storia plurisecolare, ma che non è quella originale.

La verità ci viene dall’ultimo studio sulla Tavola Osca che, per una serie di equivoci e di truffe archeologiche, viene definita Tavola di Capracotta.
Chi ha riaperto i termini della questione interpretativa è stata la studiosa Paola Di Giannantonio che pochi mesi fa, prima che scoppiasse lo scandalo della patacca londinese, ha pubblicato una nuova lettura del bronzo sannita sotto il titolo “LA TAVOLA OSCA DI CAPRACOTTA”.
Lo studio della professoressa Di Giannantonio prescinde dal luogo del ritrovamento. Che è un accidente irrilevante ai fini della comprensione dei significati del testo. 

Quale è la novità dell’interpretazione? 

“L’elenco delle cerimonie del Lato A della Tavola si conclude con 4 altari dedicati a 4 riti che celebrano il principio generativo della Terra in 3 di essi: nei semi, nelle gemme, nelle acque sorgive, pernaì kerrìiaì, ammaìkerrìiaì, fluusaì kerrìiaì, mentre il quarto rito è dedicato al principio generativo maschile della pioggia: evklùì patereì. I semi, le gemme, le acque sorgive appartengono a Kerres, alla madre-terra, mentre l’acqua piovana appartiene al padre-cielo. È detto espressamente nel Lato A 20 che questiriti si svolgevano “az hùrtùm”, all’esterno dell’”hurz”, forse in omaggio alla terra non coltivata. Come già detto, nella Tavola non sono nominate divinità residenti al difuori della terra perché il concetto di trascendenza era assente dalla mentalità degli agricoltori-allevatori italici sanniti del II secolo a.C..
Al contrario, in questo stesso periodo, nelle città della Grecia si era già consolidato il pensiero di una sacralità trascendente che considerava gli dei residenti al di fuori della terra, un’idea già presente nei poemi omerici.”

“La Tavola (continua Paola Di Giannantonio) riporta le cerimonie in onore della terra-Kerres nominandone tutte le implicazioni: le acque, i semi, i fiori ei frutti, ma nel contempo dà anche l’informazione su un rito speciale che doveva essere molto importante se per la sua descrizione nel testo scarno della Tavola sono usate ben 8 parole.
La descrizione si trova nel Lato A in b 17 e viene ripetuta nel Lato B in b20 ed è degna di particolare attenzione.
Le 8 parole descrivono un rito speciale: “assaì purasaiaì saahtùm tefùrùm alttreì pùtereìpid akeneì /sakahitèr”. 

La studiosa poi riconosce ad Adriano La Regina un’importante intuizione:
“L’intuizione del professore La Regina relativa alla presenza di un altare igneo è pertinente in quanto si parla effettivamente di un sacrificio sul fuoco. 
La parola tefùrùm, se si tiene conto della metatesi di r con f, contiene tutte le consonanti del verbo greco “terfòo” che significa incenerire. 
Quindi per sacrificio di incenerimento si intende il bruciare la vittima, sicuramente un animale. Per quanto riguarda le parole “assaì purasaì”, è di aiuto il greco: “assaì” può essere una forma derivante da “sàrcs-sarkòs” (di nuovo con variazione da metatesi ed in più con assonanza) che significa carne e “purasaì” che più chiaramente deriva dal greco pùr-puròs che significa fuoco.
La traduzione completa della frase “assaì purasiaì saahtùm tefùrùm alttreì pùtereìpid akeneì /sakahìter” potrebbe essere: (altare) per il sacrificio di incenerimento (della vittima-animale) che si ripete ogni tre anni per i semi da spargere in occasione della putrefazione, come le due parole “pùtereì pidakeneì” lasciano intendere.
Per quanto riguarda l’interpretazione della parola “putereipìd” può essere una parola composta dalla radice latina “pute” da “puteo” che significa essere putrefatto e dalla radice greca “rei” da “rèo”, un verbo che ha come secondo significato spargere, seminare. 
È possibile trovare nella lingua osca parole con entrambe le radici, sia quella greca sia quella latina.” 

Insomma la Tavola Osca stava in un luogo dove erano presenti una dozzina di altari, alcuni pietra, altri in legno. Una sorta di edificio analogo (mi si consenta questo indegno paragone) a una chiesa cristiana dove sono allineati tanti diversi altari aventi tutti la medesima dedicazione alla Madonna.
Dunque tutti gli elementi concorrono a individuare in Aquilonia il luogo di collocazione originaria della Tavola.
Mancava il dato archeologico.
Ora abbiamo anche quello. 
Si tratta proprio dell’edificio scavato accanto al Teatro di Pietrabbondante.
Per convincersi che sia questo il luogo in cui era collocata la nostra tavola di bronzo basta leggere la relazione di Adriano La Regina.
Nonostante egli ancora faccia parte della cordata dei negazionisti che ancora non vogliono riconoscere che l’area sacra dei Pietrabbondante sia quella dell’antica Aquilonia dei Sanniti.
https://www.inasaroma.org/.../PIETRABBONDANTE-S.E.-2012.pdf
A questo punto consiglierei pure di leggere il prezioso volume di Paolo Nuvoli e Bruno Paglione GLI ENIGMA. LA TAVOLA OSCA E PIETRABBONDANTE. Pubblicato prima che si scoprisse che il bronzo di Londra fosse un falso e che l’originale stesse ancora in Italia.

Buona lettura.

di Franco Valente - fb

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