Piano piano, ma si fa il piano (paesistico)

Visite: 217

Il percorso per la formazione dei nuovi piani paesistici è iniziato da tempo; esso ora potrà subire una accelerazione in quanto è prossima la stipula del Protocollo d’Intesa tra il Ministero per i Beni Culturali e la Regione

di Francesco Manfredi-Selvaggi

26 Aprile 2023

Back

La legge regionale n. 24 del 1989 è interamente dedicata a fissare i criteri da seguire nella redazione dei piani paesistici che da questa, oltre che dalla legge Galasso, prende avvio. In tale legge vengono riconosciuti i vari interessi che sono ricompresi nel paesaggio i quali vanno da quello naturalistico a quello percettivo a quello storico a quello geologico a quello agronomico. Da questa suddivisione del paesaggio in specifici interessi derivano le analisi ricomprese nel piano paesistico.

Esse sono state principalmente di tipo tecnico-scientifico (ad esempio la carta della vegetazione, quella sulla potenzialità d’uso dei suoli, ecc.) con una particolare attenzione agli aspetti della morfologia fisica; quest’ultima è essenziale, va rilevato, perché la comprensione del territorio molisano fatto com’è di montagne, colline, valli, con scarse pianure passa in primo luogo per la conoscenza delle forme del terreno. La scomposizione dell’insieme paesaggistico nei suoi elementi costituenti non deve rappresentare la rinuncia ad una lettura globale del paesaggio per cui all’approccio analitico articolato in più filoni di indagine occorre far seguire (ora manca) una fase di sintesi con l’illustrazione dei principali meccanismi che legano fra di loro, ad opportune scale, i diversi fattori del sistema paesaggistico.

Tra questi vanno inclusi pure quello antropologico, capace di cogliere il significato simbolico, il «senso» dei luoghi e, quindi, i valori identitari. Passiamo ora ad un altro aspetto della pianificazione paesistica che è quello della delimitazione degli ambiti territoriali. Cominciamo con il discutere brevemente la storia dei vincoli nel Molise in riguardo ai limiti delle aree tutelate. Il territorio molisano, per circa il 60% della sua estensione, è coperto da piani paesistici. Essi sono 8 e coincidono con i comprensori oggetto dei cosiddetti Galassini dei quali in parte costituiscono una conferma e per la restante parte un ampliamento perché la Regione nel 1991 volle includere nei piani l’intero perimetro dei Comuni inseriti anche solo parzialmente nei Galassini.

Il risultato è che ci sono 8 aree individuate, prevalentemente sulla base, ancora una volta, della morfogenesi (il Matese, la Montagnola, la valle del Volturno, la costa, l’alto Molise) con un restante numero di piani riguardanti zone con minore individualità; esse sono quelle collinari poste nella fascia mediana della regione e nel suo angolo occidentale. La dimensione è analoga in tutti i piani, ma in alcuni, quelli dove la configurazione del territorio è meglio definita, cioè quelli riguardanti le zone montane e la fascia costiera, si coglie una unitarietà delle condizioni ambientali, mentre negli altri, piuttosto che una maggiore complessità, vi è una lettura più difficile della struttura dell’ambiente, mancando un fattore dominante.

Una distinzione differente tra i piani, che, però, non sembra aver influito nella delimitazione dei confini delle aree di pianificazione, è che vi sono piani in cui è forte la componente naturalistica, quelli montani, e piani connotati dalla presenza umana. La porzione di Molise non soggetta a pianificazione, il 40%, è influenzata, seppure non in maniera rilevante con l’eccezione dei circondari che comprendono i due capoluoghi di provincia, dall’antropizzazione per cui i nuovi piani dovranno misurarsi con i problemi dell’urbanismo.

Scendendo di scala si passa dagli ambiti di pianificazione ad una sorta di unità minime di paesaggio, numerose anche a livello di singolo comune. Esse sono state individuate basandosi sulla omogeneità in quel pezzo di territorio di molteplici aspetti (geologico, vegetazionale, ecc.) che sono, poi, gli stessi oggetto delle analisi di piano, ritrovata mediante la loro sovrapposizione in planimetria. Si è detto che queste unità territoriali sono tante ed adesso si precisa che, comunque, non sono tantissime: se è più facile trattare pezzi di territorio piccoli essi devono essere ad ogni modo sufficientemente ampi.

Ciò per garantire l’unitarietà delle norme di tutela per porzioni di territorio abbastanza estese. La scansione in ambiti omogenei è funzionale all’applicazione di normative unitarie. La normativa rimane, però, sempre settoriale, riferita ad uno specifico aspetto dell’ambiente, gli aspetti dei quali si è detto (con l’esclusione del piano paesistico n. 4 in cui per ogni unità di paesaggio è stabilita un’unica modalità di tutela; in verità ciò accade pure per il piano paesistico del Matese, dove questo fatto si giustifica con l’aumento della naturalità all’aumento dell’altitudine).

Si ritiene che possa confermarsi nella revisione dei piani paesistici tale impostazione. Cambiando argomento, ma rimanendo nel campo delle normative di tutela si riscontra una forte attenzione all’operatività dei piani. Vi è stata, però, anche una rinunzia all’attivazione di altri livelli istituzionali, rimanendo la pianificazione interamente in capo alla Regione. L’esperienza di pianificazione paesistica nel Molise non è stata in grado di innescare un processo di pianificazione che coinvolgesse i vari livelli istituzionali.

Ciò è conseguenza anche del fatto che il piano paesistico è stato sentito dalle amministrazioni alla stregua di un piano delle «condizioni», mirante a salvaguardare innanzitutto le «invarianti» ambientali con ridotte ricadute sul resto del mondo pianificatorio. C’è, poi, da dire che le disposizioni di piano sono, per tantissimi riguardi, direttamente operative, non necessitando, dunque, di traduzioni per la loro efficacia in regole urbanistiche. D’altro canto in questa regione la stragrande maggioranza dei Comuni, in stragrande maggioranza piccolissimi, è dotata di Programmi di Fabbricazione i quali di certo presentano scarsi contenuti ambientali per cui non possono ambire a diventare piani di dettaglio del piano paesistico, ma devono limitarsi ad uniformarsi ad esso.

È da evidenziare, pure, che in molteplici situazioni territoriali, quelle più delicate dal punto di vista ambientale, i piani paesistici non contengono determinazioni definitive rimandando per la valutazione della compatibilità paesaggistica degli interventi alla presentazione di una Verifica di Ammissibilità; esse sono imposte per definite categorie di opere, ma non in dipendenza delle dimensioni delle stesse, al contrario della VIA e, rispetto a quest’ultima, inoltre, esse sono predisposte per specifici aspetti dell’ambiente (quelli oggetto delle Analisi di piano) e non per l’ambiente nella sua globalità. Per quanto esposto si riconosce la apprezzabilità del metodo seguito.

(Foto: F. Morgillo)

di Francesco Manfredi-Selvaggi

Back