Stampa 

“Nell’Ade”

Visite: 209

La ‘chiave’ per interpretare una poesia

di Filomena Giannotti (da lafonte.tv)

19 Aprile 2023

Back

Sarà capitato a tutti, almeno una volta nella vita, di trovare qualcosa mentre si stava cercando altro. Serendipity è il suggestivo termine inglese con cui si indica una scoperta avvenuta per puro caso. L’inaspettato ritrovamento è stato per me, dopo venti anni, quello di alcuni versi della poetessa romana di origini sarde, Antonella Anedda, considerata una delle principali voci della poesia contemporanea italiana, e nota per l’attenzione con cui, senza infingimenti, guarda ai temi, anche più tragici, di stringente attualità. Così, scorrendo una raccolta ormai irreperibile, Il catalogo della gioia (Roma, Donzelli editore, 2003), mentre ero alla ricerca di riferimenti ai classici, attratta dalla parola “Ade”, mi sono casualmente imbattuta in una poesia senza titolo della sezione Frammenti:

… nessuno contro il destino poteva portarvi nell’Ade, eppure alcuni

 di voi, così piccoli hanno dovuto affrontare il terrore come già

adulti e in guerra, prede di un odioso nemico.

La terra che si copre di fiori ora si apre a ferita a inghiottire

i corpi leggeri scuotendoli prima come fossero in culle.

Ahi le madri che vi hanno portato al mattino alla morte

ignare che fosse l’abbraccio l’ultima stretta e ora morte

per sempre alla vita. Come parlare a quei cuori come non provare

vergogna per la durezza del cielo? Come non piangere il dubbio

che avrebbe spinta qualcuna a salire le scale di pietra e a strappare

alla morte il figlio diletto? Dormite adesso senza compiti oscuri. 

Non ci sono preghiere. L’animo è cavo. Raccoglie la pioggia fino

all’orlo più estremo e quando è ricolmo lascia

che scorra in eterno come mai a lacrima umana il tempo concede. 

In fondo alla pagina, in queste parole riportate fra parentesi, la ‘chiave’ per interpretare la poesia: (Il giorno 31 ottobre 2002, una violenta scossa di terremoto a San Giuliano di Puglia fece crollare una scuola uccidendo, tra altri, 26 bambini della prima elementare).

Come ogni lettore di questo nostro “periodico dei terremotati” avrà notato, la notizia contiene un’imprecisione: 26 è il numero totale dei bambini morti nel crollo, a cui vanno aggiunti la maestra Carmela e il piccolo Umberto, deceduto un mese dopo al Bambin Gesù di Roma; il numero dei bambini della classe prima, interamente cancellata dal terremoto, è di 9.

Il tema è quello della morte improvvisa, per un ingiusto sopruso, nella fattispecie una catastrofe naturale: il terremoto, voluto da una “durezza del cielo” in veste di “destino”. L’evento si è manifestato come “un odioso nemico”, trascinando i bambini in quell’Ade cui anche la guerra, per altra via, conduce. La terra, che sentiamo come materna e ci conforta con il suo spettacolo quando si copre di fiori, ha preso a scuotersi, si è aperta, ha inghiottito quei “corpi leggeri” mentre si addestravano alla vita. Chi avrà il coraggio di rivolgersi alle madri tentando di consolarle? Nel loro animo si è aperto un vuoto destinato a colmarsi in eterno di una pioggia di dolore, inesauribile, perennemente traboccante.

Questo frammento di saggezza giunge con ritardo, in forma di minimo omaggio poetico, a quelle piccole vittime (e alle loro famiglie). Ma le unisce idealmente alle migliaia di bambini rimasti uccisi dal devastante terremoto in Turchia e Siria lo scorso febbraio, durante il sonno, mentre erano “in culle”.

di Filomena Giannotti (da lafonte.tv)

Back

memento