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Quale futuro e quali scelte

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Riflessioni in vista del XVIII Capitolo Generale dei Missionari Saveriani che quest’anno si svolgera’ nella Repubblica Democratica del Congo

di p. Antonio Germano Das, sx. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

17 Aprile 2023

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PRIMA DOMANDA: QUALE FUTURO.
Sognare un futuro della missione per la nostra Famiglia Saveriana alla mia età, sulla soglia dei miei 84 anni? Mi viene spontaneo fare riferimento (indegnamente, è ovvio) alle parole di S. Paolo nella seconda lettera a Timoteo: “Quanto a me, io sono già verso la libagione ed è giunto il tempo di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (4,6-7). Ma, mentre riferisco queste parole, mi balza agli occhi della mente la figura di Papa Francesco, anche lui claudicante come me e con tre anni più avanti di me nella corsa verso l’eternità! Con la sua carica di fede pentecostale, con parresia si pone davanti a tutti, credenti e non, a proclamare i valori del Regno e a tener desto il sogno della missione.
Allora mi dico che non è tempo di ammainare le vele, ma è tempo di ripartire: Duc in altum! (Lc.5,4) magari zoppicando e con il bastone in mano! Quale futuro dunque per la Famiglia Missionaria Saveriana? La strada rimane quella di sempre: rifocalizzare la vita, a livello personale e comunitario, in Cristo Gesù per risentire rinnovata in noi la spinta della Caritas Christ urget nos! e ripetere, sempre con S. Paolo: “Vivo ego, iam non ego, vivit vero in me Christus! (Gal.2,20). Questa è e rimane l’unica condizione che tiene aperta la porta al futuro della missione. Se la visione del Cristo, che è stata all’origine della mia chiamata alla missione, non viene messa a fuoco giorno dopo giorno nella mia vita, il futuro della missione rimane precluso!

SECONDA DOMANDA: QUALI SCELTE.
La visione di Cristo rifocalizzata mi mette in grado di saper leggere i segni dei tempi. Le situazioni cambiano e richiedono scelte adeguate. I pionieri della Missione Saveriana nell’allora Pakistan Orientale si trovarono ad affrontare la missione globale: Annuncio della Parola, fondazione della chiesa, far fronte alla situazione di miseria del paese, scolarizzazione. La scelta prioritaria degli ultimi, fatta nei primi tempi, è rimasta costante nel corso degli anni ed è perseguita dal “resto” dei Saveriani di oggi.
Quando io sono arrivato in Bangladesh, 1977, i presbiteri locali della Chiesa di Khulna erano solo 2 e la maggior parte dei Saveriani era occupata nel servizio pastorale nelle parrocchie. Non c’era settore della vita sociale ed ecclesiale che non sperimentasse la creatività della Missione Saveriana: Scuole, Ospedali, Training Centre, BTS, Centri di Handicrafts, ecc.
L’evento del Concilio Vaticano II con la venuta di numerosi Saveriani, imbevuti dello spirito del Concilio, creò un vivace dibattito sulla missione, che diede vita alle cosiddette “vie nuove”, caratteristica propria della Missione Saveriana in Bangladesh. Con l’aumento progressivo del clero locale ed il costante diminuire dei Saveriani per l’età, morte precoce per malattia o incidenti stradali, incominciò il cosiddetto periodo del Phasing out e cioè della graduale uscita dalle istituzioni diocesane da noi create. Il riposizionamento ha già una lunga storia qui da noi in Bangladesh. C’è stata anche l’avventura delle vocazioni Saveriane Bangladeshi (attualmente sono quattro), iniziata e chiusa dopo alcuni anni per mancanza di personale qualificato ed anche per un ripensamento sulla formazione impartita. Quella della riapertura ai Saveriani Bangladeshi sarà uno dei punti chiavi del prossimo Capitolo Regionale che si terrà verso la fine dell’anno. Purtroppo la mancanza di personale non ci consente di mantenere la nostra presenza in quelle che da sempre sono state le nostre scelte prioritarie: Rishi e Tribali.

di p. Antonio Germano Das, sx. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

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