Spigolature feudali

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Il virus e l’importanza della memoria

di Franco Valente – fb (2020)

7 Febbraio 2023

Spesso gli oggetti e gli edifici del “mondo che ci circonda”, come lo definivano i nostri professori di Liceo, sono registratori di cose che appartengono al passato.
Eppure è difficile capire cosa essi abbiano registrato se non si è capaci di tradurre i loro caratteri fisici in un racconto. Potremmo sostenere che la storia dell’arte e dell’architettura non è altro che la trascrizione letteraria di un racconto registrato dagli uomini nel tempo.
La memoria, pertanto, diventa un mezzo indispensabile dell’uomo quando non può vedere fisicamente un oggetto che conserva la registrazione di una storia. Ciò vale, forse a maggior ragione, anche per la musica.
Fino a qualche anno fa, quando non si poteva andare a vedere qualcosa, era indispensabile avere un libro o una rivista dove quella cosa era riprodotta fotograficamente. E se non si possedeva in casa quel libro o quella rivista ci si doveva recare in biblioteca.
Prima la televisione e oggi Internet hanno rivoluzionato il modo e la velocità di trasferimento delle immagini (e della musica) direttamente nel cervello.
La conseguenza è che diventiamo sempre più pigri e siamo sempre più dipendenti da chi possiede i mezzi di comunicazione.
Soprattutto in questo momento in cui anche quelli che hanno il privilegio di potersi muovere sono costretti a stare in casa.
Esattamente un anno fa, per un accidente cardiaco, ho perso per qualche mese la memoria. Come se si fosse scassato il registratore. Poi, grazie al sistema medico italiano, ai medici che mi hanno assistito e alla mano della Madonna (come sostiene il mio cardiologo), ho recuperato la memoria. Forse pure troppo…
Perciò, in questi giorni di fermo obbligatorio, la memoria diventa un attrezzo formidabile per dare un senso alla impossibilità di muoversi. Diventano importanti anche cose che probabilmente, sul piano pratico, sembrerebbero non servire a niente.
Mi sono ricordato di aver visto una decina di anni fa un portale molto particolare a Busso, ma non avevo alcuna immagine per capire perché mi era rimasto impresso.
Approfittando della disponibilità di un giovane amico, Pierfrancesco Frezza, ho chiesto telefonicamente di farmi e inviarmi l’immagine di un portale che ormai non dice più niente agli abitanti di Busso, i quali non ricordano manco il nome dell’originario proprietario. Anche perché lo stemma, che sicuramente sormontava l’ingresso, da tempo immemorabile è stato trafugato se addirittura non sia stato condannato a una probabile “damnatio memoriae”.
Quando mi è arrivata l’immagine si è aperto nella mia mente uno scenario e il registratore ha cominciato a raccontare che si tratta di un portale gemello di quello che sopravvive dignitosamente sulla facciata del palazzotto baronale, una volta Castello, di Oratino.

Il perché di questa duplicazione si capisce rileggendo Giambattista Masciotta (Il Molise dalle origini ai nostri giorni) che riassume le ultime vicende del feudo di Oratino:
Il duca Girolamo Vitagliano mori nel 1684, lasciando erede il figlio Antonio procreatogli da Candida Moccia, consorte Antonio fu il quarto ed ultimo titolare, ed era in vita nel 1699. Egli, dopo pochi mesi di possesso, si disfece del feudo vendendolo a Marcantonio Giordano.
Marcantonio Giordano - di famiglia patrizia romana - ebbe ad erede nel feudo il figlio Nicolò.
Nicolò Giordano, marito di una Vitagliano-Moccia, lasciò successore del feudo il figlio Giovanni Girolamo.
Giovanni Girolamo Giordano con diploma 10 agosto 1729 consegui il titolo ducale sul feudo; e nel 1726 pubblicò per le stampe a Benevento un volume degli" Inni sacri latini parafrasati in versi toscani" dedicato al pontefice Benedetto XIII, già Arcivescovo di quella metropolitana. Riteniamo fosse fratello di Gennaro, a cui il poeta campobassano Belvedere dedicò nel 1723 un volume di versi.
Erede di Giovanni Girolamo fu il nipote Giuseppe, figliuolo del di lui germano Marcantonio. Giuseppe Giordano ascese a grande notorietà nei nostri luoghi per mecenatismo, per carattere bizzarro e per l'insuperabile stoicità.
Un suo amico - il de Martino di Toro - lasciò scritto di questo feudatario, che mentre in Oratino molti fuggivano dalle case e vivevano sotto tende e barracche, non volle mai dipartirsi dal suo palazzo, nè anche dopo la scossa del 14 ottobre 1805, la quale distrusse " un angolo della sua stanza. Altro non fece in quella notte che passar tranquillamente a dormire in altra stanza contigua.
Siccome poetava, così scrisse sul terremoto vari carmi, che aveva la cortesia di dirigermi; io risposi ad alcuni, ed egli con filosofica libertà mi comunicava la sua censura o la sua approvazione. Passava il tempo nello studio delle lettere e nella coltura dei suoi poderi. Aveva introdotto in Oratino le arti del ferraro, del vetraro, della scoltura in legno, e della pittura d'ornato. Vigilava per la retta amministrazione della giustizia, e sovveniva gli indigenti. Il Solitario del Sannio (così soleva lui stesso chiamarsi) viveva senza lusso, senza ambizione, senza moglie. Partecipava i suoi pensieri ed i suoi scritti (che ordinariamente contenevano una coperta censura delle cose pubbliche) a qualche amico, ed indi li gettava in una cassa. Il palazzo di lui era un ospizio dei forestieri. Amava la quiete, a cui tutto pospo-neva; curava le sue infermità con una stretta dieta, senza chiamar mai medici.
Morì in Oratino nel 1814”.

Masciotta si occupa anche delle vicende di Busso ricordando che “i Cavaniglia nel 1708 venderono l'università (di Busso) alla famiglia Giordano, la quale la conservò in feudo sino all'eversione della feudalità”.
Dunque è tutto chiaro. Quando Marcantonio Giordano acquisì prima il feudo di Oratino e subito dopo quello di Busso ricostruì interamente il palazzotto di Oratino e modificò sostanzialmente quello di Busso.
Quest’ultimo, diviso in più lotti immobiliari, nel tempo ha perso tutti i caratteri dell’antico castello e finalmente si è persa anche la memoria della famiglia Giordano che ne era stata proprietaria.

Del Palazzo baronale di Oratino avremo modo di parlare seguendo le considerazioni, stimolanti, dell’amico Carmelo Fatica.
Ma questa è un’altra storia…

di Franco Valente – fb (2020)

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