Un esempio di itinerario matesino

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Un Itinerario esemplare che ripercorre il percorso che i pastori effettuano nell’alpeggio

di Francesco Manfredi Selvaggi

27 Gennaio 2023

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Si propone un itinerario significativo che si sviluppa da valle a monte permettendo di entrare in contatto con differenti ambienti, da quello di collina a quello di media montagna, fino a quello propriamente montano. 

Il percorso inizia dal centro urbano di S. Polo seguendo una strada sterrata che porta fino a Fonte S. Maria dove accanto ad una sorgente c’è una cappella votiva. Si prosegue con una mulattiera che conduce attraverso una bellissima faggeta ai prati di Civita, un’ampia distesa prativa utilizzata come pascolo intermedio durante la migrazione stagionale delle pecore tra il fondovalle e l’altipiano per rendere più lungo il periodo dell’alpeggio. Altri pianori destinati a pascolo li si incontrano continuando il cammino verso monte, in località Iaccitelli e alla Piana dell’Acerone.

La presenza di questi pascoli ad una altitudine appena un po’ superiore ai 1000 metri sembra contraddire la successione, ricorrente nel comprensorio matesino, tra colture, bosco e pascolo determinata dall’altimetria la quale, a sua volta, è caratterizzata da un determinato clima, fattori che condizionano l’attecchimento alle varie quote di specifiche essenze vegetali ed arboree. Questi pascoli costituiscono delle eccezioni che confermano la regola che vede gli ambienti naturali succedersi dalla pianura alla montagna secondo le fasce vegetazionali.

Appena superata questa zona il sentiero comincia ad inerpicarsi perché aumenta la rapidità del pendio; questa, insieme al forte dislivello tra monte e valle, costituisce uno dei caratteri distintivi della montagna la quale è connotata dall’energia con cui sono stati formati i suoi rilievi (al contrario, per spiegarci, delle colline che invece hanno una morfologia dolce): per questo aspetto il Matese è, dunque, una vera e propria montagna. Il versante della montagna diventa più accidentato e così per la ripidezza del pendio vi sono pochi sentieri per salire a Campitello.

Dovendo evitare le pareti delle Tre Finestre sotto le cui cime si trovano profondi canaloni ombrosi come il Fosso della Neve, non rimane che passare per il Guado della Borea il quale è tra i pochi valichi del gruppo montuoso. Del resto è lo stesso toponimo «guado» a rimandare alla funzione di passaggio. In generale qui la toponomastica è significativa: Colle di Mastro Cosimo, nei pressi del Guado della Borea e Colle Samuele, che sta un po’ discosto, rimandano ad episodi di brigantaggio, mentre Colle Bellavista, sempre verso il basso, è un nuovo toponimo creato qualche decennio fa a fini di richiamo turistico.

Una volta raggiunto il culmine del passo l’andamento del rilievo si fa ondulato. La montagna acquista l’aspetto di un altopiano per la presenza di una serie di doline come quella di Campo dell’Orso che sono conche chiuse, non molto ampie, prive di deflusso all’esterno di esse delle acque meteoriche che devono così infiltrarsi negli inghiottitoi (fessure poste nel fondo della dolina tipiche delle zone carsiche). Gli unici segni antropici sono stazzi e rozzi rifugi, piuttosto che ricoveri per pastori. Da poco si sono aggiunte in località Sogli, appena valicato il Guado della Borea, strutture per l’abbeveraggio.

Nel centro di questa conca prativa che un tempo doveva essere un lago primaverile (così come per gli altri bacini quali Campo delle Ortiche, Campo dell’Arco, ecc. che si aprono tra le vette del Matese, montagna dalla natura carsica di cui si è detto) vi è un pozzo per la raccolta delle acque, convogliate ad essa con opere di drenaggio, a servizio dell’allevamento la quale sottolinea quasi l’immagine del bacino. Al di sopra di questi prati che formano un grande altopiano il quale costituisce il pascolo d’alta quota si apre la veduta della Gallinola, il cui toponimo descrive la sua forma che assomiglia a quella di una cresta.

Questa è la seconda vetta del massiccio del Matese dopo monte Miletto, la quale presenta un profilo tormentato con pareti formate da nude rocce che si pongono in forte contrasto con i pascoli e boschi sottostanti. Il paesaggio cambia staccandosi nettamente da quello dei rilievi sottostanti con i loro rivestimenti boscosi, mentre qui le pareti rocciose, vagamente dolomitiche, rievocano l’immagine classica della montagna alpina consacrata dai pittori ottocenteschi. La montagna ora acquista un aspetto severo assumendo un cipiglio da dominatrice del territorio che la circonda, nel quale non è la pianura, quella della vallata dell’alto Biferno, ad essere l’elemento centrale della struttura geologica dell’uomo (come pure si verifica altrove, ad es. nella Pianura Padana), bensì la montagna in quanto la pianura essendo di origine alluvionale è piuttosto il frutto del deposito di detriti scivolati dalle pareti del Matese.

L’ambiente montano è disponibile solo per l’allevamento che si svolge, quello bovino, nell’altopiano, mentre gli ovini si adattano ai magri pascoli che stanno alle quote più elevate. L’alpeggio è ormai ridotto di consistenza e ciò sta comportando, anche perché l’economia del bosco è ormai diventata inesistente, la cancellazione di molti sentieri non più praticati dall’uomo. Il CAI perciò, recuperando sentieri e attrezzandoli con cartelli indicatori come in pezzi di questo percorso, rende un servizio importante, permettendo la fruizione e la conoscenza delle nostre zone montane.

Un cenno spetta di diritto alle presenze umane che si possono incontrare lungo questo itinerario, che sono i boscaioli, i pastori, oltre ai cacciatori. Per quanto riguarda i pastori bisogna distinguere quelli che percorrevano il tratturo, che sta all’inizio del nostro percorso, nel comune di S. Paolo e quelli che praticano la monticazione. La differenza tra alpeggio e transumanza sta nel fatto che mentre in una società transumante alla pastorizia si aggiunge il nomadismo, con l’alpeggio o monticazione si ha sì una società che dipende dai prodotti della pastorizia, ma che pur nello spostarsi stagionale fra monte e piano ha un rapporto stabile con il territorio.

Perciò i pastori sono i più assidui frequentatori della montagna ed essi possono fornire preziose indicazioni agli escursionisti; l’incontro con i pastori è dunque un’occasione di arricchimento di informazioni sui luoghi sia che si tratti di pastori del posto sia che si tratti di pastori di origine slava, presenti pure sul Matese, assunti da qualche proprietario di bestiame, l’unica categoria di operatori del comparto agricolo che, dalle nostre parti, ha dei dipendenti, in quanto i proprietari di terreni qui da noi piuttosto che assumere addetti dà i propri campi in affitto o li concede in mezzadria.

Infine il percorso giunge a Campitello che è una delle maggiori stazioni sciistiche del Centro-Sud Italia, ma anche una località di grande rilevanza paesaggistica caratterizzata da un’estesa conca sul fondo della quale fino a qualche decennio or sono si formava un lago per l’ostruzione dell’«inghiottitoio» (un fenomeno legato al carsismo del Matese) con terriccio o altro materiale impermeabile. Campitello è anche un insediamento turistico i cui limiti sono che esso è stato creato da un’impresa privata piuttosto che dalla popolazione locale e che vi sono molte case per vacanze e relativamente pochi alberghi.

(Foto: M. Martusciello - Gallinola da Serra Tre Finestre)

di Francesco Manfredi Selvaggi

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