C’erano una volta le “ndocce”…

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Le torce della tradizione civile e religiosa

di Franco Valente - fb

5 dicembre 2022

Le “ndocce” sono torce molto particolari perché fatte senza la cera.

Fra qualche anno ai nostri rappresentanti politici faranno dire anche la Messa di Natale di fronte alla giusta indifferenza dell’autorità religiosa per questo genere di manifestazione folkloristica.
Totalmente ignorato dagli studiosi di antropologia, questo fenomeno oggi è una straordinaria e suggestiva celebrazione della gioia effimera per il godimento estetico occasionale.
Uno sforzo colossale che dimostra come la rivisitazione della consuetudine antica di recarsi dalle campagne alla chiesa del paese illuminando la via con le “ndocce” possa diventare un richiamo turistico di valore internazionale.

Le 'ndocce sono realizzate con legno di abete bianco abilmente fasciato di ginestre secche.
In origine erano di assoluta semplicità e individualmente si portavano a spalla perché potevano superare anche un paio di metri.
Nella pratica era una sorgente di luce coillettiva perché accompagnava i gruppi familiari che si recavano in chiesa la notte di natale.
Poi, piano piano, la singolarità di questo sistema di illuminazione ha determinato una sorta di competizione tra i portatori e le “ndocce” hanno cominciato ad assumere una forma particolarmente complessa. Soprattutto a ventaglio in maniera che ogni singolo portatore possa portare più di una torcia. Prima due torce, poi quattro, poi quante ne poteva portare un giovane di bella corporatura. Addirittura fino a venti.

È uno spettacolo collettivo straordinario che ha raggiunto il massimo della notorietà quando gli organizzatori, grazie ai rapporti dei Pontefici romani con la famiglia Marinelli di Agnone, hanno affascinato il mondo intero illuminando la via della Conciliazione.
In quella occasione insieme a crepitio delle ginestre incendiate è esplosa anche la genialità degli Agnonesi che sono riusciti a suggerire al Papa di annunciare “urbi et orbi” che quella cerimonia fosse originata da una antica tradizione legata alle celebrazioni del solstizio d’inverno!
Era l’8 dicembre del 1996. Giovanni Paolo II era stato in Agnone un anno e mezzo prima, in occasione del cinquantesimo del suo sacerdozio:
“Grazie di questo spettacolo, grazie per il falò della fratellanza. Grazie alla diletta città di Agnone…il fuoco purificatore che i vostri padri accendevano in occasione del solstizio è divenuto segno di Cristo, di Gesù luce del mondo. Le crepitanti fiaccole ci ricordano che Cristo è la vera Luce. Possa il fuoco trasformarvi in portatori di gioie per il Natale, ad Agnone ed al Molise tutto”.
E se lo ha detto il Papa, nessuno ha avuto più il coraggio di smentirlo.

Oggi è lo spettacolo politico più suggestivo del Molise.
E noi di questo siamo contenti!

di Franco Valente - fb

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