Muoversi nella valle di Boiano in lungo più che in largo

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A differenza delle Mainarde che non ha un polo urbano di riferimento il Matese ne è dotato e questo è Boiano

di Francesco Manfredi-Selvaggi

27 ottobre 2022

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Infatti è una vallata oblunga che ha un asse nettamente prevalente sull’altro. È quella centrale nel comprensorio matesino posta com’è tra quelle dell’alto Tammaro e quella di Pettoranello. A differenza delle Mainarde che non ha un polo urbano di riferimento il Matese ne è dotato e questo è Boiano.

Applicare il metodo della comparazione è indispensabile per far emergere le peculiarità dell’ambito matesino e quale pietra di paragone prendiamo per prossimità il circo-ndario circo-stante il capoluogo di regione. Mentre la struttura insediativa che comprende Campobasso appare essere radiocentrica con i comuni di quella che si chiama “area metropolitana” che si dispongono tutt’intorno alla “capitale” del Molise, circo-ndandola in ogni direzione, nella fascia di territorio sottostante al massiccio del Matese gli agglomerati edilizi stanno, per così dire, in linea, cioè vengono uno dopo l’altro.

Peraltro il passo di tale successione ovvero la distanza tra due centri contigui è sempre la stessa. Boiano si colloca a metà di questa serie di entità urbane; per la sua posizione baricentrica tale cittadina ha acquisito la preminenza nella struttura insediativa del comprensorio. Ben diversa dunque, è la situazione rispetto all’area campobassana dove la viabilità di zona converge da ogni lato secondo un modello stellare sul capoluogo regionale. Oltre alla centralità geografica Boiano ha un vantaggio posizionale nei confronti degli altri comuni, pur’essi pedemontani e però discosti dalla pianura, collocati sui primi rilievi, derivante dall’essere nel fondovalle e ben si sa le arterie di comunicazione principali prediligono il piano.

Oggi la strada statale è tangente all’abitato boianese mentre fino a mezzo secolo fa essa passava nel mezzo dello stesso. Ciò faceva di Boiano un luogo di passaggio obbligato cosa che, questa sì, aveva in comune con Campobasso dove è tuttora necessario transitare per raggiungere, mettiamo, da Ferrazzano Vinchiaturo oppure da Ripalimosani Mirabello. Lo schema viabilistico della vallata matesina, se si esclude dal discorso il nodo di Boiano, lo si può definite a pettine con tanti, quanti sono i paesi che vi appartengono, e brevi tronchi stradali che dai borghi collinari si innestano similmente ai denti del pettine, sull’asta viaria primaria la quale segue il fondo della valle.

Per il distretto di Campobasso abbiamo parlato di radiocentricità anche se tale configurazione viabilistica è più propria di un territorio pianeggiante che di uno di collina qual è il medio Molise e, però, non si addice neanche ad una piana tipo quella di Boiano caratterizzata da una spinta direzionalità; per essere radiali occorre che le direttrici che si diramano dal nodo siano equivalenti, senza che ce ne sia una che predomini, un canale di traffico privilegiato che, uscendo dal’arcano, è il fascio di infrastrutture di trasporto ferroviario, automobilistico e pastorale, il tratturo, che corrono parallele fra loro nel mezzo della conca matesina.

La piana di Boiano è lunga e stretta, connotati che distinguono anche le altre piane che si susseguono al margine del complesso montuoso. È una teoria di piane che comprende, nell’ordine, quelle del Tammaro, dell’alto Biferno, di Pettoranello, di Macchia d’Isernia e di Monteroduni. La piana di Boiano è contraddistinta dall’essere chiusa pressoché da ognuno dei lati, sia quelli lunghi sia quelli corti: nel senso, longitudinale vi sono il Matese e quindi l’Appennino e i rilievi ad esso dirimpettai del cosiddetto piccolo Appennino, dalla Montagnola a m. Saraceno, in quello trasversale vi sono, nei due punti opposti, il Valico di Castelpetroso e la Sella di Vinchiaturo.

Paradossalmente è una concavità morfologica senza sbocco da cui, è il paradosso, trae origine il Biferno, il maggiore fiume interamente molisano, il quale, comunque, riesce a scavarsi un varco per raggiungere il mare. Se prendiamo la questione dell’appartenenza ai bacini idrografici confluenti nel Tirreno o nell’Adriatico, vediamo che la vallata di Boiano è esclusivamente adriatica. C’è da dire, poi, che ad un unico massiccio montuoso il cui nome è al singolare, il Matese, fa riscontro una pluralità di valli, quelle citate prima, al contrario delle Mainarde, nome al plurale, ai piedi delle quali per la porzione rientrante nel Molise vi è una singola valle quella dell’alto Volturno.

Rimanendo al confronto con la realtà mainardina si nota che se il Matese ha un centro di riferimento, anzi due, uno nel versante campobassano, Boiano, uno in quello isernino, la stessa Isernia, le Mainarde ne sono prive; l’assenza di un agglomerato insediativo di taglia consistente al contorno è una carenza non da poco perché comporta la mancata erogazione per la popolazione di servizi di un certo livello specifici delle entità urbanistiche di un qualche rilievo. Bisogna aggiungere, sempre in riguardo al tema del rapporto monte-città, che il Matese ricade nella sfera di influenza dei due capoluoghi di provincia del Molise, la montagna si associa cioè non solo ai piccoli centri, ma anche ai grandi.

Uno è Isernia che, peraltro, comprende nei suoi confini comunali un pezzo di montagna, l’altro è Campobasso che dista appena 15 chilometri dal bordo del rilievo montano, precisamente dalla base del monte Mutria. La già citata area metropolitana del capoluogo regionale si estende, vedi la Metropolitana Leggera, fino a Boiano. Questo centro era un tempo sede della Comunità Montana del Matese la cui direzione amministrativa stava, perciò, nel piano a dimostrazione della compenetrazione tra montagna e piano che contraddistingue questo territorio.

Da quest’ultima considerazione partiamo per la conclusione: piuttosto che una lettura per valli come si è pure proposto finora occorre adottare una chiave interpretativa che tenendo conto dell’unitarietà del massiccio montuoso colga l’ambito ad esso sottostante altrettanto unitario. Usare non semplicemente la stessa ottica a monte e a valle, ma riconoscendo una unità di fondo tra le cose che insistono in questo spazio, sopra e sotto, anche le politiche da mettere in campo per lo sviluppo territoriale devono tendere a ricomporre quella frattura tra i domini spaziali in quota e quelli di bassura manifestatasi con evidenza durante la dominazione romana che si limitò a colonizzare le piane alla quale fece seguito in età medioevale lo spostamento delle persone sulle alture con conseguente ritrazione dalla fascia pianeggiante per arrivare ad oggi in cui la montagna, finita l’economia pastorale, risulta pressoché abbandonata, se non sfruttata per attività poco ecosostenibili quali quelle legate agli sport invernali, alcune di quelle.

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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