Al funerale di mio zio Michele

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

7 luglio 2022

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Quando c'era un funerale era uno strazio per quel ragazzo che non sopportava vedere la gente piangere, perchè si commuoveva facilmente.
In paese, in passato, tutti adempivano al dovere di porgere le condoglianze ai congiunti del defunto in casa dell'estinto.
Era deceduto un lontano parente di Vincenzo, per cui la zia lo rimproverò severamente: "Corri a dare le condoglianze anche tu: svergognato! "
Lui all'inizio non volle andare, poi pentitosi andò, ma in ritardo, ad esequie terminate e il defunto già l'avevano portato al camposanto.
I parenti tornati a casa dal camposanto, si erano riuniti non più intorno al feretro nella sua stanza matrimoniale, come avevano fatto per quasi due giorni, ma intorno al camino in cucina.
Il ragazzo entrò precipitoso, guadagnò la stanza dove si vedeva ancora un catafalco e lì rimase in cerca del morto. Cercava di capire, invano, perché il morto non era più su quel catafalco.
I parenti, sbalorditi e attoniti, seguivano quasi spaventati l'affannosa ricerca cui il ragazzo era intento.
Ormai rassegnato, il ragazzo uscì dalla stanza vuota e rivoltosi ai parenti riuniti in cucina, stretti intorno al camino, disse per giustificarsi: "Cercavo zio Michele, vedo che non c'è più, l'avete già portato al camposanto?
Un vecchio con il naso paonazzo, completamente bagnato dal pianto rispose gelido: "Aspettavamo a te!”

(Foto: lunga fila per porgere le condoglianze in casa dell'estinto a Toro, anni sessanta)

di Vincenzo Colledanchise

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