Il battesimo di mio fratello

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

28 giugno 2022

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Quando nacque il mio terzo fratello ricordo il via vai della levatrice, con i suoi semplici attrezzi, per aiutare la mamma a partorire. Nel 1956 si partoriva in casa.
Il bimbo venne amorevolmente fasciato in tutto il suo corpicino, per farlo crescere "diritto", gli fu fatto "'u rabbuglie", cioè venne avvolto in una lunghissima fascia. 
Fu condotto in corteo in chiesa una domenica sera, il rituale prevedeva una funzione a parte presso l’antico fonte battesimale posto nella cappella di S. Michele.
Infatti, prima della Riforma Conciliare il battesimo non si officiava durante la messa.
Il corteo era formato dalla madrina che portava il neonato col vestitino bianco; dietro la "comare" seguivano il "compare ", la levatrice, e alcuni parenti con uno stuolo di ragazzi festanti.
Ricordo mia cugina, a capo del corteo, che portava la giara d’acqua con la fetta di pane posta sopra, come era in uso allora.
Mio padre, durante la veloce somministrazione del sacramento aspettò fuori dalla chiesa, mia madre restò invece a casa, come si usava.
Dopo il battesimo si dette un rinfresco a casa del neonato, con rosolio, biscotti e la "pizza dolce".
Ci si teneva molto, tutti festeggiavano il lieto evento coinvolgendo i vicini, poichè il rito del "S. Giovanni" doveva essere onorato per sempre nel vincolo strettissimo dei genitori coi "compari".
Quest'ultimi regalarono al battezzato una catenina d’oro.

(Foto: vecchio fonte battesimale di Toro, stele del III secolo)

di Vincenzo Colledanchise

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