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Una ferrovia pericolosamente vicina al mare

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Il Molise è stato interessato, da quando è nato lo Stato italiano, da solamente due primari assi di comunicazione di livello nazionale, ferroviario e carrabile, i quali entrambi corrono lungo la costa

di Francesco Manfredi Selvaggi

15 aprile 2022

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In passato si riteneva troppo esposta, specie nel tratto Termoli – Lesina per il quale vi è il progetto di raddoppio dei binari, ai bombardamenti di navi nemiche con lo scopo di interrompere i collegamenti, anche delle truppe, tra il Settentrione e il Meridione d’Italia; oggi essa è un elemento di segregazione della striscia litoranea riducendo l’accessibilità alle località balneari, per cui il raddoppio predetto è un pericolo.

Il Molise è stato interessato, da quando è nato lo Stato italiano, da solamente due primari assi di comunicazione di livello nazionale, ferroviario e carrabile, evoluto il secondo in autostrada e, il primo, in corso di evoluzione in Alta Velocità, i quali entrambi corrono lungo la costa, beneficiandone dei suoi effetti che, al fondo, sono la rottura dell’atavico isolamento della regione in generale e del litorale in particolare.

Quest’ultimo, in precedenza, non era raggiungibile né via terra né, peraltro, via mare. Un conto sono le conseguenze a scala regionale, l’intero Molise, un conto sono quelle a livello sub-regionale, il Basso Molise il cui lembo estremo lato-mare ha ricevuto da tali infrastrutture accanto a vantaggi pure danni. Per il caso in ispecie occorre capovolgere i termini della massima di Vico nel senso che le opportunità si trasformano in problemi, smentendo il grande filosofo napoletano. Non si potrà parlare neanche di ribaltamento nell’eventualità che l’Alta Velocità in programma con il raddoppio dei binari sulla tratta Lesina – Termoli non preveda un adeguato numero di fermate nella stazione di quest’ultimo centro, si potrà parlare unicamente di problemi.

La linea ferroviaria litoranea è stata il volano per la valorizzazione della fascia marina molisana: la Marina di Petacciato e il Lido di Campomarino si sono sviluppati in prossimità degli scali del treno, l’unico mezzo in circolazione a disposizione della massa fino all’avvento della motorizzazione di massa. Ha permesso ai nostri corregionali di riversarsi, appunto in massa, sulle belle spiagge sabbiose dell’Adriatico. In seguito, però, la strada ferrata si è rivelata, e lo sarà ancora di più con la duplicazione dei binari, un ostacolo che si frappone tra il mare e la strada asfaltata, il canale di spostamento che con la diffusione delle auto private diventa il maggiormente frequentato.

La ferrovia è una barriera insormontabile e i soli punti in cui è possibile oltrepassarla sono i passaggi a livello che nella costiera adriatica sono rari; le cose rare sono, di per sé, preziose, da tenere care, da non farsele sfuggire perché hanno valore così come ha valore un passaggio a livello tanto che sistematicamente lì dove sono presenti sorgono le località balneari, vedi Campomarino.

È da segnalare che mentre si chiede, in varie occasioni, la realizzazione di sovrappassi o sottopassi per superare i binari, due tipologie di scavalco proposte, in alternativa fra loro, a Campomarino (a Petacciato c’è un sottopassaggio), non si formula mai la richiesta di ulteriori passaggi a livello e una ragione c’è ed è la seguente: la consapevolezza che non sarebbero accettate (accettabili?) riduzioni dei tempi di viaggio dei treni a lunga percorrenza poiché collegando il Sud al Nord della Penisola sono strategici per la vita della Nazione.

Bisogna aggiungere che una sosta davanti ad un passaggio a livello abbassato non è un dramma per un automobilista in vacanza, bensì qualora si tratti di un’ambulanza è un dramma; tutto ciò per dire che per i passaggi a livello oltre alla quantità ha un peso la frequenza delle chiusure con i relativi minuti di stop dei veicoli e, forse, su tali operazioni si può intervenire (non approfondiamo qui il come) per migliorare l’accessibilità alla striscia rivierasca.

La strada ferrata che è in piano costituisce un limite anche se non è un muro, infatti non è un setto verticale, né un fossato, infatti non è un solco incassato e, però, qualsiasi cosa essa sia è lunghissima, spaccando autenticamente in due gli ambiti che solca; essa è un elemento di divisione privo di corporeità essendo una semplice fettuccia di terreno, un fatto intangibile nella duplice accezione del termine, da un lato, letteralmente, una cosa che non si può toccare, perché immateriale, dall’altro lato, sempre secondo dizionario, una cosa che non si deve toccare, perché corridoio “dedicato” riservato al trasporto su ferro.

Ci deve fare i conti chi intende recarsi a fare il bagno a mare, specie se pendolare, meno ovviamente, se stanziale nel senso che soggiorna in villeggiatura in quell’insediamento balneare. Il binario, unico o doppio che sia, per la sua continuità determina una frattura nel territorio che attraversa. Penalizza pure i collegamenti dei capoluoghi comunali con le loro “zone”, urbanisticamente parlando, marittime riducendo le prospettive degli abitati originari che stanno in altura di sviluppo turistico.

Questi se avessero facilitato l’accesso al mare potrebbero legittimamente aspirare a diventare essi stessi centri per vacanze in cui al piacere del bagno si aggiungerebbe l’apprezzamento delle bellezze paesaggistiche dell’entroterra da godere anche nelle stagioni intermedie. Con il binario, come previsto per la tratta Termoli – Lesina, che raddoppia il comune ancora di più si sdoppia: non è uno slogan, è che si accentuerà ulteriormente la divergenza a Campomarino tra i suoi poli residenziali comunali, vacanziero quello in basso e stabile quello in alto.

È da dire, ad ogni modo, che siamo di fronte ad entità distinte con distinte ragioni d’essere, scarsamente complementari fra loro. La formazione del villaggio turistico, peraltro, non è avvenuta a scapito di altre potenzialità di sfruttamento degli appezzamenti di terra su cui è stato costruito trattandosi di terra, per l’appunto, strappata al mare, il toponimo è Marinelle Vecchie. Non c’era niente qui, perlomeno antecedentemente alla Bonifica Integrale con cui è stato prosciugato il suolo. Ne è pensabile che l’occupazione da parte delle iniziative turistiche abbia sottratto superficie per l’espansione urbana della cittadina datosi è che il fenomeno della discesa a valle delle abitazioni comune a molte realtà insediative collinari della regione non ha attecchito nel comprensorio basso-molisano.

Piace, al margine, elencare le tre fasi in cui si è proceduto al riordino terriero alle spalle della battigia partendo dall’ultima. La terza è legata all’industria della balneazione con l’intensa edificazione fin sulla spiaggia, la seconda all’opera di Bonifica iniziata meno di un secolo fa che ha eliminato l’impaludamento della campagna, la prima a Federico II che, circa un millennio fa, dotando la costa di una serie di torrette di avvistamento dovette far provvedere conseguentemente a disboscare le rive al fine di permettere ai sorveglianti di scorgere con prontezza coloro che vi approdavano furtivamente e con atteggiamenti minacciosi, la boscaglia li avrebbe occultati alla vista.

di Francesco Manfredi Selvaggi

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