La catapulta dal letto

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I racconti di Vincenzo Colledanchise hanno la maturità che solo il trascorrere del tempo può produrre

di Vincenzo Colledanchise

15 febbraio 2022

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La vecchia casa era tanto piccola che con due bracciate la si poteva circondare. La cucina all’entrata, la camera da letto appena dopo, con tavolaccio al posto del letto, munito di un logoro materasso riempito di “scarfoglie” di granone. I due ambienti erano divisi solo da un consunto panno nero.
Unico arredo di quella catapecchia era il porta-barile all’entrata, con la vicina tina e maniero di fianco, due scassati barili custodivano l’acqua necessaria per una settimana, utile alle sole esigenze culinarie.  
Il pranzo lo consumavano sul selciato, seduti sugli scanni. Quando pioveva o faceva freddo, consumavano la “pannatella” o “panunto e cipollata “, a turno e in piedi, davanti al camino annerito dal fumo e dalle mosche. 
Ma il vero dramma iniziava solo a nottetempo, almeno per la numerosa prole. 
Il capofamiglia lavorava come forzato tutto il giorno, non aveva vizi particolari, ma quando la sua eccitazione era incontenibile reclamava prepotentemente unirsi in copula con la consorte, lei lo temeva quando caricava la miccia dei suoi bollenti spiriti.
Se la casa era piccola, il letto non poteva certo contenere quella folla di gente. Pur attendendo con pazienza che i pargoli dormissero, era inevitabile che i sobbalzi e i cigolii del letto disturbassero il sonno dei ragazzi quando il capofamiglia dava sfogo a tutte le sue polveri. 
Allora era inevitabile, al culmine della battaglia, che qualcuno dei ragazzi posto alla estremità del letto, venisse catapultato violentemente a terra. 

di Vincenzo Colledanchise

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