La denuncia di un pastore per passione

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“Colpo letale alla pastorizia abruzzese con la nuova pac”, lo denuncia Nunzio Marcelli, allevatore-economista

di Daniela Braccani (da virtuquotidiane.it)

25 gennaio 2022

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“Il ministro delle politiche agricole e forestali Stefano Patuanelli verrà ricordato come responsabile di aver inferto il colpo letale alla pastorizia abruzzese. Il Piano strategico nazionale della nuova Politica agricola comune ne decreta l’arretramento definitivo, favorendo la zootecnia bovina, appannaggio di grosse aziende, condannando palesemente le piccole imprese di pastorizia locale”.
Si esprime senza mezzi termini Nunzio Marcelli, laureato in Economia, pastore per passione da quasi mezzo secolo, titolare del bio-agriturismo La Porta dei Parchi di Anversa degli Abruzzi (L’Aquila), nonché presidente di Rete Appia, la rete italiana della pastorizia, che promuove, tra le altre cose, un dibattito sulla conservazione dei paesaggi pastorali e del loro portato culturale, ambientale ed ecologico, sul rilancio dell’allevamento estensivo e della pastorizia nella gestione e manutenzione del territorio rurale.
In passato consulente del Ministero delle politiche agricole, dialogando con Virtù Quotidiane Marcelli accende i riflettori sul Piano strategico nazionale 2023-2027 per l’attuazione e il coordinamento dei programmi della nuova Pac del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, che verrà discusso con la Commissione europea presumibilmente il mese prossimo.
Il Piano del governo Draghi mette in campo una strategia unitaria, avvalendosi dei diversi strumenti a disposizione, tra cui il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), con un investimento pari a 10 miliardi di euro.

“Da qualche decennio, all’interno delle politiche agricole nazionali, si è costituita una ‘cupola’ che decide le sorti dei provvedimenti comunitari destinandoli a determinati comparti, ma a danno di altri”, denuncia il pastore, tra i più conosciuti d’Abruzzo, alludendo a logiche di mercato in aperto contrasto con la conservazione del territorio pastorale.

Uno di questi comparti sarebbe la zootecnia del sud Italia, Abruzzo compreso, che, secondo Marcelli, è stata fortemente pregiudicata dall’invasione di titoli per l’acquisizione di terreni in affitto che hanno estromesso di fatto i piccoli allevatori. “Un sistema complesso, articolato e purtroppo legalizzato”, ammette.

I titoli sono rappresentati dalla grandezza di un’azienda e dalla sua capacità di spesa. “Tutto parte dalla manovra di liberalizzazione nelle regioni delle quote di questi titoli – spiega Marcelli –  così come era successo per le quote latte e il collasso del settore che ne è derivato”.

La liberalizzazione dei titoli riguarda anche il fenomeno della cosiddetta mafia dei pascoli, di cui questo giornale ha raccontato le profonde ripercussioni sul territorio, che vedrebbe grandi aziende di fuori regione occupare vaste aree di terreni con il solo scopo di accedere ai fondi europei, pur senza garantire l’effettiva attività di pascolo degli animali.
“Nel piano strategico nazionale si registra una forte riduzione dei contributi verso chi svolge attività pastorale ovina, a vantaggio di una zootecnia prevalentemente bovina da carne gestita, proprio grazie ai titoli, prevalentemente da grandi aziende”, spiega Marcelli, già docente presso l’Istituto alberghiero di Roccaraso.

“In rappresentanza del settore pastorale siamo stati invitati ad un tavolo di consultazione dove abbiamo denunciato le ripercussioni sulla zootecnia ovina e caprina locale che, nell’ambito del cosiddetto eco-schema, ha un valore prezioso per la tutela ambientale. La fetta maggiore di contributi, in pratica, va agli allevamenti di bovini, quelli da carne, lasciati allo stato brado”.

“La pastorizia che ha sempre mantenuto un rapporto sostenibile con l’ambiente viene di fatto penalizzata. Come se, in un sistema tributario, si procedesse a tassare ulteriormente chi le tasse le ha sempre pagate e a condonare chi invece non l’ha fatto” dice l’allevatore, precisando che “non è una guerra tra poveri e nemmeno tra allevatori di ovini o bovini, la questione è complessa e articolata e si gioca a livello nazionale”.

Ma, in sostanza, cosa comporta, per l’ambiente e per il territorio, alimentare e sostenere economicamente un tipo di allevamento a discapito di un altro?

“La penalizzazione delle aziende ovine comporterà una loro drastica riduzione e riducendo il patrimonio ovino si renderanno disponibili molte superfici a vantaggio del settore bovino che risponde ad altre logiche, peraltro meno sostenibili per l’ambiente”, risponde Marcelli.

In soldoni, argomenta il pastore-economista, l’equivalente di cento bovini è rappresentato da ben settecento pecore, per i bovini viene pagato un premio di 240 euro a capo, per gli ovini, invece, solo 9 euro a capo. Inoltre, per un gregge di settecento pecore è necessario il lavoro di almeno quattro persone, per un centinaio di mucche da carne al pascolo, invece, il lavoro di una persona è più che sufficiente, considerato lo stato brado.

“Con l’assegnazione dei premi destinati ai bovini e dei titoli, viene svilito irrimediabilmente il valore intrinseco della pastorizia e dei suoi prodotti. Così, ad esempio, un litro di latte dell’entroterra abruzzese arriverebbe addirittura a costare 4 euro, di cui i tre quarti rappresentati dal costo della manodopera”.

“Le realtà virtuose che gestiscono aziende zootecniche, che fanno trasformazione, che fanno agriturismo in piccoli paesi montani, hanno dimostrato con il tempo la capacità di creare occupazione e nuove opportunità di lavoro, di stabilizzare la popolazione locale, contribuire alla conservazione del territorio rurale e alla riduzione dello spopolamento” rileva Marcelli, forte della sua esperienza con l’azienda agricola, fondata nel 1977, con ben 18 dipendenti.

“Gli allevatori sono sempre più soli a tutela di vaste aree montane che rischiano l’abbandono e il degrado. La salvaguardia, la tutela, la conservazione della natura e della cultura che in Abruzzo si è riusciti a valorizzare fino ai giorni nostri, tanto da vantare il Parco più antico d’Europa e l’istituzione di nuovi parchi ed aree protette, appare un valore sempre più a rischio di estinzione, la pastorizia estensiva è una realtà sempre più esigua. Ecco perché le scelte politiche e amministrative sono vitali per il futuro di un territorio, purtroppo però troppo spesso queste scelte virano verso altre logiche”.

“Patuanelli ci sta buttando a mare senza darci strumenti di salvataggio”, accusa Marcelli, tutt’altro che rassegnato agli sviluppi futuri del piano, intenzionato piuttosto a portare avanti la sua battaglia per la salvaguardia di un settore simbolo della regione dei parchi.

di Daniela Braccani (da virtuquotidiane.it)

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