La sedia di comodo

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Comò, comodino e sedia di comodo nel castello di Venafro ed in quello di Pesche

di Franco Valente - fb

6 ottobre 2021

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Qualche anno fa, arrampicandomi sui muri dell'antico castello di Pesche, notai uno strano buco nel lato più scosceso della muratura perimetrale.
Non era una feritoia perché non traguardava da nessuna delle parti raggiungibili da un ipotetico assalitore.
Mi resi conto che si trattava semplicemente di una "sedia di comodo". Null'altro che un comodo cesso.

Nel castello di Venafro, in due diverse stanze del lato settentrionale, ve ne sono due. Una di esse è dotata di una "ciambella" di legno molto simile a quella dei moderni bagni.
Non credo che questa ciambella sia particolarmente antica, ma sicuramente potrebbe essere considerata come un originale pezzo di antiquariato.
La scoperta di questi strani buchi nella muratura fa venire alla mente la particolare complessità dei servizi igienici all'interno delle antiche abitazioni.
Spesso gli statuti municipali stabilivano norme precise per la dispersione dei liquami.
Ricordo a memoria una delle regole di quelli cinquecenteschi di Venafro che si preoccupava di vietare il lancio dalle finestre "... dell'acqua, nè lorda nè netta, senza pria aver gridato 'guarda chi passa'...".

I servizi igienici rudimentali di Pesche e di Venafro rappresentano comunque una comoda soluzione tecnologica a un problema notturno quando era complicato raggiungere quelle parti della casa collegate alle fogne che nel migliore dei casi si trovavano nei piani terranei.
Furono inventati quei mobili che in Italia, con un francesismo, furono chiamati "comò", che nel tempo divennero importanti elementi di arredo.
L'origine del nome, infatti, è molto più prosaica.

ll "comode" deriva dal francese e nella sostanza si riferisce a quel mobile, a volte incassato nella muratura, dove si riponevano anche gli attrezzi domestici comodi per la notte. 
Compresa la sedia di comodo che noi conosciamo come "pitale".
Il comodino era il piccolo comò in cui si metteva il "pitale".

di Franco Valente - fb

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