Civitanova del Sannio: la forma urbana

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Le interpretazioni della forma urbana di Civitanova possono essere molteplici. Ne mettiamo a raffronto due, entrambi plausibili

di Francesco Manfredi-Selvaggi

27 luglio 2021

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Le interpretazioni della forma urbana di Civitanova possono essere molteplici. Ne mettiamo a raffronto due, entrambi plausibili.
Una di queste attribuisce a questo centro la natura di un insediamento “di impianto”, cioè di un agglomerato nato da un preciso disegno urbanistico, almeno nella parte collocata sul promontorio roccioso.
Questa configurazione è basata sulla presenza di una strada centrale, via Fedele Cardarelli, che corre proprio lungo il promontorio. Parallela a questa vi è, da un lato, una strada posta a mezza costa e, dall’altro, la viabilità della zona alta dell’abitato; ortogonali a tali arterie vi sono una serie di stradine che permettono di superare i salti di quota all’interno dell’aggregato abitativo. Una simile struttura urbanistica a sviluppo longitudinale con marcata prevalenza di una direzione rispetto all’altra determina la formazione di due periferie sia rispetto al baricentro dell’asse viario principale, sia nel verso trasversale a questo, cioè negli opposti lati corti. Indifferentemente, invece della parola periferia può essere usata la parola confine per descrivere la particolarità degli ambiti più esterni dell’insediamento edilizio; sembra più appropriato utilizzare il termine periferia per la zona alta dell’abitato, mentre per il fronte di via Umberto che delimita il paese verso la campagna è possibile parlare di confine. Se la chiesa parrocchiale sta nel cuore del nucleo urbano, il palazzo feudale è situato in posizione periferica. Probabilmente la sua posizione è dettata dall’esigenza di proteggere il punto di ingresso all’agglomerato urbano. Questo palazzo seppure non presenta caratteri militari va letto insieme al suo giardino che è pensile in quanto sostenuto da un alto muro; il giardino doveva formare una parte integrante della struttura difensiva costituendo una corte cintata intorno alla quale si deve essere sviluppato il fabbricato. L’origine dei castelli molisani va sempre cercata nella parte “vuota” che, munita di un muro al contorno, era il recetto. Il palazzo feudale pur rappresentando una funzione particolare, “specialistica”, non si lega ad un qualche isolato “specialistico”, ma il lotto al quale appartiene è rispettoso della forma della maglia insediativa. Oggi il palazzo feudale viene a trovarsi in un importante “nodo” urbano, essendo all’incrocio tra via Fedele Cardarelli e via Roma, acquistando una centralità all’interno del centro urbano. Non è solo il palazzo feudale a trovarsi in un punto terminale di una schiera edilizia poiché vi è anche il palazzo Cardarelli che è anch’esso una casa d’angolo; con la sua disposizione ad L possibile solo agli edifici di estremità, crea uno slargo, piazza Diaz, affianco al quale vi è un giardinetto pubblico, la cui presenza rivela l’intenzione di voler imitare i centri maggiori dove a partire dal XIX secolo si afferma la necessità del verde collettivo.
Si è detto all’inizio che sono possibili più ipotesi di lettura della forma urbana. Oltre quella riportata sopra, quella cioè di un centro d’impianto, ve ne è una diversa che individua varie fasi formative del tessuto urbano. La prima di queste fasi va collocata sul cosiddetto colle, la parte più alta del paese. Questo, poiché pianeggiante, è una sorta di acrocoro, difeso naturalmente dal lato di via Trieste da un’alta scarpata. Su questo pianoro poggia anche la chiesa la quale è raggiunta da via F. Cardarelli mediante una scalinata. Mentre nelle zone di epoca successiva si può parlare di una impronta urbana data dalla viabilità piuttosto che dall’edilizia, qui non vi sono veri e propri percorsi se non viuzze tortuose. In seguito deve essere stato colmato il fossato lungo le mura e creato così l’odierna via Fedele Cardarelli; un’ulteriore espansione deve essere avvenuta in seguito con la formazione di via Umberto che è parallela alla prima. Si è avuta una sorta di raddoppio che però non sembra aver mutato le regole costitutive dell’insediamento perché le due strade hanno il medesimo andamento. Quando il promontorio di cui si è detto non è più in grado di ospitare la crescita della popolazione si prosegue l’espansione nell’area attigua, non più, quindi, per successivi raddoppi dell’abitato come era successo fino ad allora.
Cambiato il sito si ha una diversa conformazione del tessuto edilizio a causa dei condizionamenti di tipo geomorfologico; le nuove costruzioni si attestano intorno ad un nuovo asse, via Antonio Cardarelli, e si ha così lo spostamento progressivo del centro nella direzione dell’espansione urbana. La chiesa da centrale che era diventa periferica. Si determina un organismo insediativo nel quale sono distinguibili ambiti autonomi dal punto di vista formale. Differisce anche il modo in cui avviene l’edificazione sulla strada che in via A. Cardarelli penetra poco in profondità. Il nucleo precedente conserva intatta la configurazione che aveva raggiunto, ma rimane sempre più marginalizzato. Il paese da centro di crinale, si presenta adesso come centro in prevalenza di versante e, in quanto tale, viene inevitabilmente interessato da incisioni vallive. La zona di espansione, infatti, ingloba il corso del Pantaniello, un piccolo torrente che di lì a poco confluisce nel Pincio. Un diverso fattore di trasformazione urbanistica è costituito dalla strada provinciale Garibaldi, la quale segue un’importante direttrice di collegamento del passato che in qualche maniera può essere considerata il primo generatore dell’insediamento. Esso infatti è tangente alla strada proprio nel punto in cui esso si dirama in più direzioni.
A fine ‘800 la strada viene radicalmente ammodernata utilizzando le moderne tecniche costruttive dagli ingegneri formati nelle scuole di Ponti e Strade: si avverte un netto contrasto tra le caratteristiche di questa strada quando attraversa il paese e la viabilità urbana preesistente che ha invece connotati tradizionali. La strada Garibaldi che si chiama nell’ambito cittadino corso Vittorio Emanuele spezza prima una scalinata che segue il tracciato del tratturo e, poi (di fronte all’edificio scolastico di oggi) la trama edilizia correndo in rilevato, ragione per cui è impossibile, nel lato a valle l’edificazione al suo fianco. Spostandoci ancora di più all’esterno dell’abitato troviamo la cintura degli orti, i più pregiati dei quali stanno in località significativamente chiamata giardino. Gli orti devono essere facilmente raggiungibili e perciò, a differenza dei campi coltivati e, ancor di più, dei boschi e dei pascoli, devono trovarsi in prossimità delle abitazioni. Va notato che per l’elevata densità edilizia non si hanno orti all’interno del nucleo urbano.
Rientriamo da questo momento nel nucleo che abbiamo definito, per identificarlo, “d’impianto” per affrontare alcune questioni di morfologia urbana.
La prima è quella della gerarchia delle facciate delle case che hanno fronti su più strade. Via F. Cardarelli si distingue per la preminenza di tale arteria sui vincoli secondari che si diramano da essa perché è su questa strada che affacciano i portoni principali, mentre sulle strade laterali si aprono per lo più gli ingressi alle rimesse (le quali molte volte possono essere fruite in maniera indipendente dall’alloggio). Da questa regola urbanistica, che va precisato è una regola non codificata da alcuna norma, discende che le case per poter avere tutte il fronte sulle strade (che sono via Umberto e via F. Cardarelli) devono essere lunghe e strette; in questo modo, infatti, si consuma meno spazio della strada. Gli isolati urbani formati dalle schiere edilizie si dispongono, pertanto, ortogonalmente alle strade principali. Questi isolati diventano i moduli dell’insediamento e la loro profondità dipende dall’esigenza di assicurare alle case che li compongono l’accesso dalle strade principali che sono contrapposte fra loro. Il medesimo isolato ha quindi ingressi ai blocchi edilizi sui due lati opposti, oltre che ovviamente nei vicoletti dove di norma vi sono le aperture delle cantine. È significativo rilevare che questi vicoletti non hanno sempre lo sbocco su ambedue le strade, ma spesso solo dal lato di via F. Cardarelli la quale, pertanto, può essere considerata l’asse primario. Alcune volte i vicoletti si concludono con delle piccole corti che ne costituiscono le terminazioni verso il lato di via Umberto. Più raramente il vicoletto, e ciò si verifica anche salendo verso il colle, passa sotto un supportico; i supportici si trovano nelle parti conclusive delle stradine laterali quando ormai, potendosi aprire finestre sulla strada principale, viene meno l’esigenza per i corpi edilizi che formano l’isolato di prendere luce sulla stradina secondaria (le funzioni di queste ultime, infatti, sono oltre che quelle di permettere l’ingresso ai locali di servizio, quello di permettere l’illuminazione dei vani dell’abitazione). Si conclude bruscamente l’analisi della struttura urbana ritenendo che essa non possa mai dirsi completa per gli spunti interpretativi ai quali essa può sempre dar luogo; queste brevi note, così, possono essere intese solo come un paragrafo di una lettura complessiva.

di Francesco Manfredi-Selvaggi

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