Il Biferno, la linea più breve tra appennino e mare

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Attraverso di esso si trasferisce in maniera diretta l’acqua dei bacini sotterranei del Matese al litorale; l’unico ostacolo che incontra in questa sua corsa è la diga del Liscione che serve proprio a contenerne l’impetuosità in occasione delle piene

di Francesco Manfredi Selvaggi

10 maggio 2021

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Il Biferno non è il fiume più lungo del Molise poiché il Trigno lo batte per lunghezza e, però, è il più importante. La ragione non è quella che il suo bacino idrografico è più vasto, perché non lo è, non fosse altro che il percorso che compie è più breve di quello del Trigno e, quindi, la vallata che attraversa è più corta; non è detto, comunque, che un bacino idrologico per essere grande basta che abbia uno sviluppo planimetrico esteso in quanto conta che, oltre che in pianta, lo sia in elevato.

In definitiva, sono significative ambedue le dimensioni, quella orizzontale e quella verticale, ma l’altezza dei rilievi che delimitano le due valli sono equiparabili, per cui prevale per stabilire quale sia il maggiore dei bacini l’estensione chilometrica. Un’obiezione da attendersi è che un lato del Biferno è delimitato dal Matese, montagna più alta di qualunque altra che fiancheggia il Trigno dalla quale, però, non si sviluppano corpi idrici penetrando le acque meteoriche nel sottosuolo del massiccio, massiccio anche in larghezza, per via della sua natura carsica.

È proprio il fatto che sia un monte costituito da calcari quello da cui sgorga il Biferno a farne un immenso serbatoio idrico il quale alimenta le sue scaturigini; è, dunque, la portata delle sorgenti, indubbiamente superiore nel Biferno rispetto al Trigno, a determinare la prevalenza del primo fra i corsi d’acqua non solo molisani. Ciò non è più del tutto vero da quando negli anni ’60 del secolo scorso si è avuta la captazione dei tre gruppi sorgentizi (Maiella, Pietrecadute, Riofreddo) che danno vita, in misura oggi ridotta, al Biferno.

Abbiamo iniziato nel descrivere il Biferno dalla comparazione con il Trigno e continuiamo con tale parallelo il quale ci permette di evidenziare una particolare caratteristica delle aste fluviali appenniniche che è quella che esse sono perpendicolari tanto all’Appennino quanto alla costa. Mentre il Trigno fa un’eccezione nel suo tratto iniziale il Biferno dal principio alla fine è rettilineo; a tale andamento dritto deve aver influito pure la presenza della gola del Liscione, che è allineata secondo una linea che è il segmento minore tra la sorgente e il litorale, passaggio obbligato per il corso d’acqua.

Questa strettoia in cui è stata costruita intorno al 1970 un’opera di sbarramento per formare l’invaso di Guardialfiera ha indirizzato, cioè, il percorso del fiume il quale sul suo incedere sembra aver puntato verso di essa in quanto unico varco nel contesto alto collinare di questo ambito sub-regionale. Il fiume in tale suo pezzo non è lo stesso delle origini perché nel frattempo si è ingrossato a seguito dell’apporto degli affluenti, numerosi sia in sponda destra (il Fosso d’Ischia, il Rivolo, il Riomaio fino ad arrivare al Cigno) sia sulla riva sinistra (il Fossaceca, il Vallone Grande, il Cervaro), numerosità dovuta alla scarsa permeabilità dei terreni che l’asse del Biferno incontra nella sua porzione intermedia, anche dopo superato il territorio delle Argille Varicolori.

Tra i corsi d’acqua secondari non si sono elencati finora quelli che entrano nel Biferno nella sua fase finale: al Ponte della Fiumara avviene l’incontro con il Rio Bottoni che ha inglobato il Callora e subito dopo confluisce nel nostro fiume il Quirino. Si tratta di 3 corpi idrici derivanti da complessi montuosi carbonatici, gli ultimi 2 dal Matese, il primo dalla Montagnola; il fenomeno carsico che connota questi rilievi montani comporta che le sorgenti siano perenni, rendendo ben diversi tali tributari da quelli che seguiranno lungo l’alveo del Biferno che, invece, hanno un regime torrentizio.

Da quando il Biferno ha subito il trasferimento di una quota considerevole della sua massa idrica verso la Campania, ha acquistato una notevole importanza quella trasportata dai corpi idrici minori che ne hanno condizionato addirittura la fisionomia facendola diventare di tipo torrentizio con periodi in cui il suo letto rimane quasi a secco. È pressoché costante, va evidenziato, il quantitativo d’acqua nel fiume (salvo eventi eccezionali non trascurabili, causati dai piccolissimi rivi che scendono dall’alto, per la sicurezza dell’abitato di Bojano) nella piana in cui nasce.

Qui la corrente, in conseguenza della pendenza scarsissima, è lenta, a differenza di ciò che avviene in seguito con l’incremento della velocità delle acque spinte da quelle trasportate dai torrenti, specie durante le piene, che si immettono nel fiume Biferno dopo aver compiuto un salto notevole dalle quote collinari da cui provengono al fondovalle. Nella zona in piano dove il fiume cammina piano si pratica la canoa, addirittura nei due sensi di “marcia”, cioè si può andare avanti e indietro, tanto è placido lo scorrere del flusso idrico; il Biferno si può dire che tra il Calderari e la Piana dei Mulini è navigabile tanto è limitato il dislivello del suo letto se non fosse che la sezione è ridotta e la batimetria è insufficiente.

Solitamente l’asta di un fiume presenta caratteri diversi allontanandosi dalla scaturigine: c’è un tratto montano che qui non c’è, uno collinare e uno di pianura. Questi ultimi due, su quello iniziale ci siamo già soffermati, si distinguono fra loro morfologicamente in quanto l’uno passa in una valle stretta e l’altro che parte dai piedi della diga del Liscione divaga, o meglio divagava avendolo costretto tra due consistenti argini, in un vasto ambito pianeggiante.

Nella sezione collinare esso è equidistante dai versanti della vallata che essendo pressoché per intero stretta ha un fondo piatto appena sufficiente ad ospitare il passaggio del corso d’acqua; nella pianura del Basso Molise il Biferno, invece, si accosta una volta al rilievo su cui è ubicato Guglionesi, in riva sinistra, e un’altra volta, muovendo in direzione del litorale, a quello dove sta Campomarino, che è la sponda destra per cui non è simmetrico al territorio che si trova a solcare.

È opportuno, a proposito della superficie di “influenza” del Biferno, fare una precisazione che è la seguente: l’affermazione che tale fiume sia l’asse idrografico cui fa capo la fascia centrale della regione non è del tutto esatta rimanendo il Biferno nella parte finale senza un bacino che graviti su di esso. I corsi idrici di quest’area, che sono brevi con esclusione del Sinarca, concludono il loro percorso direttamente nell’Adriatico (Mergolo, Tecchio, ecc.).

Seppure non molto spesso, a causa della ristrettezza dello spazio concesso ad esso dalla vallata, il Biferno anche perché affiancato dalla Bifernina la quale gli contende la poca superficie del fondovalle, punto di osservazione privilegiato, è ben visibile fino all’invaso del Liscione in cui scompare per ricomparire superato lo sbarramento nell’unica vera piana molisana dove appare come una linea sottilissima, incapace di incidere sul paesaggio, perdendo così la centralità che lo aveva distinto in precedenza.

di Francesco Manfredi Selvaggi

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