Cripta di San Casto nella Cattedrale di Trivento

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Un piccolo gioiello quasi sconosciuto. Un luogo magico dove si viene proiettati in un'atmosfera autenticamente medievale

di Sagre e Feste nei Borghi - fb

21 aprile 2021

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Il bello della nostra Italia è proprio questo, tesori artistici in ogni angolo, ma che spesso nemmeno conosciamo. Ecco in tempi di pandemia, quando viaggiare all'estero è sconsigliato, sarebbe l'occasione per riscoprire un pò questi nostri tesori.

Lontano dai grandi flussi turistici, lontano dalle calche, dal baccano e dagli assembramenti, sarebbe un luogo ideale da poter visitare quest'estate.

“La Cripta di S.Casto si trova nella parte sottostante al presbiterio e a parte della navata centrale della Cattedrale di Trivento.  Riscoperta occasionalmente nel 1928 da mons. Attilio Adinolfi da subito è stata oggetto di ammirazione e di indagine da parte di studiosi. Tra il IV e il V secolo dopo Cristo in questo luogo sorse il primo oratorio per custodire le reliquie del Santo martire Casto, primo vescovo della Diocesi di Trivento. La volta della cripta è a crociera, con archi a tutto sesto che poggiano su sedici colonne in pietra, di cui otto monolitiche, e su due pilastri rettangolari molto grossi. Le colonne e i pilastri sostengono capitelli dalle decorazioni di diversa fattura: molti sono a piramide tronca rovesciata, tipicamente medievali; altri sono in stile ionico, di età romana, riutilizzati. I capitelli “a cubo” potrebbero essere gli unici costruiti “ex novo” e non reimpiegati. Nella Cripta si contano almeno 18 capitelli. Sull’altare della cripta si trova una lunetta in pietra, probabilmente risalente al XIII secolo, che raffigura la Trinità posta tra due angeli e due delfini. All’interno della cripta sono conservate tre sculture lignee, databili tra il ‘200 e il ‘300, e il cippo funerario di Gnesio, sacerdote di Diana. La Cattedrale conserva una loggia lignea del settecento e un organo.
Reperti di epoca romana che si trovano nella Cripta:
• L’epigrafe latina incisa su blocco calcareo riutilizzato alla base di un pilastro ed evocante la dedica del preesistente tempio a Diana: “P. (ublius) FLORIUS P. (ublius) L. (ibertus) GNESIUS AUG. (ur) TERVENT. (i) DIANAE NUMINE IUS. (su) POSUIT”.
• L’epigrafe latina incisa sulla stele funeraria romana riutilizzata come base della mensa d’altare nel vano dell’abside centrale e allusiva al patrono del municipio romano di Trivento e che, tradotta, dice più o meno così: “A Quintilio Suetrio, nipote di Quintilio della tribù Arniense, onesto patrono di Trivento e fratello di Caio Ottavio Suetrio Procuro, questore della provincia Narbonense con incarico di prefetto dei forestieri per la provincia dell’Africa, con decreto dei decurioni, la madre Cassia Massimilla, figlia di Caio, dopo aver pagate le spese alla pubblica amministrazione di Trivento, a sue spese pose”.
• Due spezzoni di muro antichissimi (opus reticolatum) nel corpo della parete sinistra.
Tre sono i soggetti pittorici affrescati (di stile bizantino, probabile opera di monaci brasiliani vittime della persecuzione iconoclasta scoppiata in Grecia verso l’anno mille ad opera di un re fondamentalista che applicava alla lettera la legge mosaica “non ti farai nessuna immagine né di uomo né di animale…”) posti sulle pareti di due pilastri frontalmente disposti tra loro:
• La scena della Crocifissione: Cristo in croce con ai lati la Vergine santa e l’apostolo Giovanni;
• Un santo monaco dalla lunga barba bianca e con un gran libro in mano;
• Un giovane diacono con l’aureola, la tonsura e la dalmatica (pregevole ritratto opera di una mano veramente ispirata).”

[Fonte: Sito web Comune di Trivento]

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