Oratino: che fine ha fatto la Via Crucis!

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Le sculture di Renato Chiocchio rimosse 8 anni fa per far posto a calchi in gesso. I silenzi della Chiesa e della Soprintendenza

di Giovanni Mascia

11 marzo 2021

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Novembre 2011. La rimozione dalle pareti della parrocchiale di Oratino delle formelle in pietra della Via Crucis, scolpite venti anni prima da Renato Chiocchio, fu dovuta a indifferenza artistica o addirittura a ostracismo? Perché l’opera d’arte firmata da un apprezzato scultore del luogo, fu sostituita da una sfilza dozzinale di stampi in gesso colorato? Perché non è stata mai motivata tale scelta? Perché si è risposto con il silenzio alle richieste di chiarimenti? Siamo davanti al classico nemo propheta in patria o c’è una spiegazione più ragionevole? E che fine hanno fatto i pannelli della Via Crucis rimossa? A chiederselo è buona parte della popolazione di Oratino, che a otto anni di distanza, ancora non si capacita, né della scelta né del silenzio che ha accompagnato quella scelta, giudicata inconcepibile. Analoga, per capirci, a quella delle popolane, che a cavallo degli Anni Cinquanta-Sessanta del secolo scorso, abboccando all’amo dei venditori ambulanti, si lasciavano sedurre da una bambola, o più spesso da un secchiello o da una bacinella di plastica, allora novità assolute da queste parti, e per averli cedevano in cambio la tina o la conca di rame. O alla decisione dei loro uomini di sostituire i portali in pietra e gli stipiti di finestre e balconi, anch’essi in pietra, con lastre di travertino, e i portoni di legno massiccio con porte in alluminio. Ma andiamo con ordine, precisando il contesto e gli attori di una vicenda, che merita di essere conosciuta e vagliata anche al di là delle mura paesane. La lavorazione della pietra ha costituito per secoli una importante fonte di reddito della popolazione di Oratino. A metà Ottocento, Paride Latessa aveva creato un quartiere riservato ai proprietari delle cave e alle famiglie di chi vi lavorava. Un secolo dopo, nel 1950, erano ancora attive nell’agro ben undici cave di pietra. Il patrimonio artistico di valore lasciato dagli scalpellini ha fatto del paese il Borgo della Pietra. I portali, le abitazioni, le opere d’arte lì conservati e in tantissime chiese e piazze del Molise e delle regioni limitrofe sono la prova della loro straordinaria vocazione creativa ed artistica.

Renato Chiocchio è l’ultimo discendente di una importante famiglia di valenti scalpellini oratinesi, ai quali si deve tra l’altro la realizzazione della facciata della basilica di Castelpetroso. Le sue opere, monumenti, fontane, sculture, altari, amboni, tabernacoli, portali, abbelliscono spazi pubblici, chiese e abitazioni private. A inizio degli Anni Novanta del secolo scorso, tre rispettabili concittadini, Gennaro Lavecchia, Bartolomeo Tizzani e Loreto Petti, si recarono nella sua bottega per commissionargli le quattordici formelle in pietra della Via Crucis, che una volta realizzate furono donate alla Parrocchia di Oratino, nella persona del parroco don Francesco Lanese, il quale provvide a sistemarle sulle pareti e sulle colonne della chiesa di Santa Maria Assunta, a quel tempo appena restaurata. L’opera esclusiva, autorizzata dalla Soprintendenza per i Beni Artistici e Ambientali del Molise, e scolpita con maestria da Chiocchio, nel rispetto dell’antica tradizione locale, fu inaugurata e consacrata dall'Arcivescovo di Campobasso, mons. Ettore Di Filippo, e apprezzata dalla popolazione. 

di Giovanni Mascia (articolo pubblicato sul «Quotidiano del Molise» del 14 gennaio 2019)

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