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Usiamo il Recoveryfund per una pesca sostenibile

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Il mare non può vivere senza pescatori e i pescatori non possono vivere senza pesci

di  Pasquale Di Lena

8 marzo 2021

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Davvero interessante l’incontro in teleconferenza promosso dal mensile, La Fonte, coordinato dall’on. Giovanni Di Stasi, aperto da S.E. Mons. De Luca, vescovo della Diocesi Termoli-Larino, introdotto da due illustri esperti del territorio marino, i prof. Ferdinando Boero,ordinario di zoologia alla Federico II, Silvio Greco, biologo marino, e concluso, dopo gli interventi di due rappresentanti del mondo della pesca termolese, Domenico Guidotti, presidente Federagripesca Molise e Sebastiano Battista, pescatore Co.Ge. Vo. Molise; dal ristoratore Leonardo Moriello e dall’avv. Mario Ialenti, presidente di Molise domani, dall’on. Famiano Crucianelli, già sottosegretario agli esteri e, oggi, presidente di uno dei più attivi distretti biologici, quello della Valle Amerina e delle Forre nella Tuscia. 

Un’ora e mezza di confronto serrato per dare un nuovo futuro alla pesca che ha nella marineria termolese una delle attività più importanti del Molise con oltre 500 persone impegnate, età media 45 anni. In pratica una realtà con una presenza forte di giovani e, come tale, pienamente consapevole della questione delle questioni, il clima; delle problematiche ambientali e della necessità di operare per la tutela dell’ambiente e la sua sostenibilità. Bisogna perseguire con decisione l’obiettivo di utilizzare bene le risorse comunitarie destinate da Next Genaration EU alla protezione dell’ambiente marino. 

Purtroppo, però, il Recovery Plan predisposto dal governo italiano non ha previsto nulla in questa direzione - il mare non viene neanche citato- ciò che fa dire che chi ha nelle mani le sorti e il futuro del Paese non ancora si è reso conto che è lo stivale è toccato dal mare per 8.500 chilometri! Sta qui la necessità di stare insieme e, insieme, sviluppare quella progettualità che serve per dare un futuro alla pesca, una prospettiva di sviluppo sostenibile in grado di andare oltre la crisi e ripartire in modo diverso per affermare una nuova normalità, del tutto diversa e opposta da quella del passato. 

Una progettualità che apre alla speranza, quella di cui tutti abbiamo bisogno di vivere in questo momento difficile, tragico, per uscire e vivere un nuovo domani. Siamo diventati, per colpa di un tipo di sviluppo che non ha il senso del limite e del finito, ma solo quello del profitto per il profitto, noi i grandi predatori che, basta ancora poco, per ritrovarsi senza più prede e tutto grazie alla forte pressione fino ad oggi esercitata. Siamo alla fine di un percorso se non rispettiamo le regole dettate dalla natura. Le aree protette non servono se l’ambiente intorno è inquinato, se si continua a dare spazio alla pesca industriale che ha dimostrato, anche a chi non vuol vedere, che è un vero disastro. Sta distruggendo tutto nonostante i pesci, a differenza di altri animali, producono 200mila uova ogni anno. Tant’è che là dove questa pratica disastrosa non viene attivata i pesci aumentano, per la regola che più siamo tecnologicamente efficienti e più distruggiamo quello che la natura ci mette a disposizione. Bisogna essere saggi e capire quello che si può o non si può fare, si deve o non si deve fare, e ciò è tanto più possibile se riusciamo a stabilire un patto tra pescatori, che, però, non basta per poter guardare lontano utilizzando al meglio la risorsa pesce, se non vengono coinvolti altri soggetti, consumatori, ristoratori, operatori del turismo, aziende e gli stessi enti locali. 

Qui l’idea di dar vita a un Distretto della Pesca che, in simbiosi con Biomolise, metta insieme la filiera della pesca locale e quella dell’agricoltura biologica molisana per un agroalimentare rappresentativo del cibo nel suo complesso, che ha l’origine in due territori, mare e terra, pur sempre territori, cioè bene comuni inalienabili diventati merce preziosa con l’avvento del neoliberismo. La situazione pesante che vive il mare non è solo colpa dei pescatori, che hanno tutte le possibilità di rimediare allo spreco di pesce: utilizzando maglie più larghe; promuovendo un patto con i consumatori e i ristoratori per promuovere il pesce, sapendo che delle 167 specie di pesce, oggi, se ne consumano poco più di 12, fra queste quelle che sono conosciute come “pesce bistecca” o, come nel caso della frittura, quella mista diffusa lungo tutto l’Adriatico, ridotta a anelli di calamari. Il pesce al pari degli altri prodotti dell’agroalimentare ha bisogno di una narrazione capace di coinvolgere il consumatore (l’origine, sapendo che la qualità è nel territorio, le caratteristiche e le possibilità di utilizzo per una piena degustazione), come pure di una modernizzazione della sua vendita. Il pesce più venduto in Italia è il salmone di allevamento, colorato artificialmente, che arriva dalla Norvegia. Non male pensare alla elaborazione di una carta vocazionale del mare. Importanti progetti , riguardanti il cibo, la sua qualità e la sua capacità di essere la ragione della convivialità. messi in campo dai paesi che hanno nel mare Adriatico, un territorio in comune. 

Altri si possono impostare e realizzare aprendo a una convivialità molto più ampia con il mare come tavola comune e, con il mare, il cibo prodotto da un’attività, l’agricoltura,che ha problemi simili a quelli della pesca da risolvere (anche quest’attività primaria non ha trovato il dovuto spazio nel Ricovery fund, al pari della biodiversità), in primo luogo il suo abbandono politico, culturale,sociale. Ciò che fa dire; il mare starà bene fin a quando ci saranno i pescatori e i pescatori staranno bene fino a quando ci saranno i pesci; la terra starà bene fino a quando ci saranno i coltivatori e i coltivatori staranno bene fino a quando ci sarà suolo fertile e biodiversità. 

Se mare e terra staranno bene respira anche il clima e, con esso, l’ambiente. Non a caso è stato ricordato che la sostenibilità ambientale è premessa indispensabile per la sostenibilità finanziaria e sociale. Il racconto di un’ora e mezza di confronto si chiude con la frase di uno del pescatore Domenico Guidotti “Al Recovery Plan che si è dimenticato del mare non chiediamo i soldi per i pescatori, ma tutte le risorse che servono per tenere pulito il mare”.

di  Pasquale Di Lena

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