Sant’Elena Sannita e il suo Patrimonio Mondiale Unesco

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L’Arte dei muretti a secco e delle abitazioni fatte a secco

di Fosca Colli e Marco Baroni

1 marzo 2021

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Chi si trova a Sant’Elena Sannita o passa per suo territorio che si estende per appena poco più di 14 chilometri quadrati forse non sa che qui è presente uno spicchio di Patrimonio Mondiale Unesco, nel caso specifico si parla di “Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità”.

Anche tu che stai leggendo ti sei sorpreso, non è vero? Ebbene sì anche questo piccolo paese medioevale del Molise, noto per essere il borgo degli arrotini e del profumo, ha un qualcosa di prezioso che tutto il mondo invidia tanto da aver avuto in tempi recenti questo prestigioso riconoscimento da parte dell’Unesco.

A questo punto, è giusto soddisfare la tua curiosità e dire di cosa si tratta. Si sta parlando dei muretti a secco e delle abitazioni fatte a secco cioè ricorrendo a questa tecnica. Una tecnica che affonda le sue radici nella notte dei tempi e che viene ancora praticata in alcune parti d’Italia e di Stati quali Cipro (vale in proposito ricordare che Sant’Elena Sannita è gemellata con la località montana cipriota di Platres, il borgo della lavanda), Croazia, Francia, Grecia, Slovenia, Spagna e Svizzera; nazioni che avevano per la cronaca richiesto che si riconoscesse il valore di queste semplici, ma robuste e funzionali strutture fatte con grosse pietre.

L’Arte dei muretti a secco Patrimonio Unesco di Sant’Elena Sannita e del mondo intero

“L’Arte dei muretti a secco” ha trovato un suo degno posto nella lista dei beni immateriali dichiarati Patrimonio dell’umanità perché rappresentano “una relazione armoniosa fra l’uomo e la natura“. Nella motivazione dell’Unesco si legge: “L’arte del muretto a secco riguarda il know-how relativo alla realizzazione di costruzioni in pietra accatastate l’una sull’altra, senza l’utilizzo di altri materiali eccetto il terreno, a volte asciutto” ed aggiunge “La stabilità delle strutture è assicurata dall’attenta selezione e posizionamento delle pietre, e le strutture in pietra a secco hanno modellato numerosi e diversi paesaggi, formando vari modi di abitazione, agricoltura e allevamento. Tali strutture testimoniano i metodi e le pratiche utilizzate dalle persone dalla preistoria ad oggi per organizzare il loro spazio di vita e di lavoro ottimizzando le risorse locali naturali e umane”.

L’Unesco riconosce la difficoltà di questa tecnica, solo apparentemente semplice: “Le strutture in pietra a secco sono sempre realizzate in perfetta armonia con l’ambiente e la tecnica esemplifica un rapporto armonioso tra uomo e natura. La pratica è tramandata principalmente attraverso l’applicazione adattata alle condizioni particolari di ogni luogo“.

I muri a secco si vedono sempre meno in giro proprio perché vi è una carenza di manodopera specializzata e talora anche non di rado l’agricoltura meccanizzata li considera per lo più un ostacolo. Ma continuano ad avere una loro importanza non solo per delimitare e mettere in scurezza delle aree, ma anche perché in questi muretti e muri a secco sopravvive una ricca fauna (le lucertole vi fanno il loro habitat) e flora (ad esempio, i capperi proliferano proprio tra le fessure delle pietre), oltre ad essere un fondamentale elemento di diversificazione ecologica e paesaggistica.

Muretti e muri a secco ancora presenti a Sant’Elena Sannita

Andando a spasso per dintorni e per l’abitato di Sant’Elena Sannita non è difficile imbattersi in un muretto a secco e in antiche case dai muri a secco (queste quasi tutte disabitate o in stato d’abbandono). La tecnica prevede l’incastrare uno sull’altro delle grosse pietre usando al massimo del terriccio. Ma per fortificare questi muretti e pareti talora si è usato uno strato di qualche materiale più forte.

Nonostante ciò, questo Patrimonio dell’Umanità lo si può vedere qui e là per Sant’Elena Sannita.

Ad esempio, ci sono muretti a secco (su uno è ancora presente un anello dove un tempo di agganciava la corda dell’asino) nel giardino del B&B Stella del Nord, nel centro storico (allo Sporto Tiglio, piazzetta Achille Verdile), poi ancora in via Tiglio, e proseguendo verso Santa Maria e scendendo per la ripida strada che porta alla “fonta ball” e poi sul lato che si affaccia su Colle dell’Orso e proseguendo verso l’antico lavatoio in località “Scarnecchia” e da lì proseguendo a sinistra verso Frosolone (una testimonianza la si vede di fronte alla casa azzurra) oppure salendo su verso il Saletto e poi proseguendo verso la Piazza Trento e Trieste dove si trova il Monumento ai Caduti…

Insomma, sarà un’esperienza gratificante ed emozionante se ci si vorrà dedicare ad una vera e propria “caccia al tesoro” andando in lungo e il largo per il territorio di Sant’Elena Sannita e sbirciando anche tra la fitta boscaglia alla ricerca di un Patrimonio Mondiale dell’Unesco che il tutto il mondo c’invidia.

di Fosca Colli e Marco Baroni (da santelenasannita.altervista.org)

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