Il cimitero, non più solo un luogo di sepoltura

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Il crematorio che dovrebbe nascere a S. Giovanni in Galdo è, potenzialmente, in grado di alterare l’immagine del camposanto come lo conosciamo oggi

di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it) 

11 gennaio 2021

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Il forno crematorio per incenerire salme qui trasportate da altre zone è una cosa che non ha nulla a che vedere con l’identità del posto. Contrasta con l’immaginario collettivo che vede nel paese il luogo in cui si vive e in cui si muore, anche se, bisogna dirlo, è spesso accettato che qui ricevano sepoltura persone che in vita non erano residenti nel comune le cui famiglie, però, siano originarie di tale località (in questo caso prevale l’appartenenza ad un gruppo familiare, sentimento molto forte nel Meridione d’Italia, piuttosto che il legame con il centro).

Senza voler ricorrere all’affermazione del famoso studioso americano L. Mumford che “la città dei vivi” in tantissime civiltà si accompagna alla “città dei morti” è ben evidente che all’abitato si associa il cimitero. È doveroso evidenziare, ulteriore inciso, comunque su un tema differente da quello precedente, che da noi non è stato sempre così perché prima del decreto di Napoleone, siamo agli inizi del XIX secolo, si seppelliva all’interno delle chiese, in fosse comuni (salvo i personaggi di rilievo), ma tant’è, oggi è radicato nelle coscienze di ciascuno di noi, nella consapevolezza che abbiamo del mondo, la presenza dell’area cimiteriale.

Si è consolidata, in definitiva, in questi duecento anni di storia l’idea che l’insediamento umano si componga di due fatti distinti e, nello stesso tempo, collegati fra loro, il borgo e il cimitero il quale ha il significato, vale la pena ripeterlo, di superficie dove si accolgono i resti terreni dei suoi abitanti. Tale complementarietà, se ci si vuole esprimere così, è un elemento costitutivo dell’essenza stessa di una unità insediativa e l’aggiunta al cimitero di un forno crematorio destinato a un’utenza “forestiera” rischierebbe di rendere meno leggibile questo rapporto il quale ha un valore quasi identitario.

La modifica di alcuno dei termini sui quali si fonda la vita associata potrebbe mettere in crisi gli equilibri che tengono in piedi una comunità, sempre più fragili nell’epoca contemporanea, minacciati dai cambiamenti avvenuti nell’occupazione della popolazione con l’assenza di lavoro in loco, nella mobilità che produce una spinta centrifuga e così via. Una realtà urbana, piccola o grande che sia, non è qualcosa di dato per sempre, bensì frutto del particolare modo di insediarsi di una società, per così dire un prodotto storico che, in quanto tale è soggetto ad evoluzione, la quale se non accortamente guidata può essere un pericolo, che di solito non si valuta, quello del cambiamento della natura stessa dell’insieme urbanistico; il mutamento del significato del cimitero per via dell’aggiunta del forno crematorio, essendo una componente essenziale della struttura urbana è possibile che causi disagio, psicologico e morale, nella popolazione.

Per la gente di quel paese il cimitero è un ambito di grande intensità emotiva essendovi sepolti i propri cari; esso evoca il ricordo di chi non c’è più, familiare o amico, suscitando sentimenti di malinconia la quale non vuol dire necessariamente tristezza, ma uno stato d’animo se non piacevole, almeno sereno che porta a mettere per un attimo da parte le ambasce dell’esistenza quotidiana. Nel cimitero si trova la pace, il silenzio in contrapposizione al frastuono che fa da sottofondo alla civiltà contemporanea.

L’andirivieni giornaliero di carri funebri diretti al forno crematorio non favorisce una disposizione dello spirito di tipo contemplativo, non fosse altro, per il costante movimento dei mezzi. La poesia dei cimiteri di campagna come sono quelli dei nostri piccoli borghi verrebbe meno. Nella cultura tradizionale il cimitero è sentito alla stregua di una superficie “ricreativa”, dell’anima e non del corpo, di certo, e in ciò tale modo di sentire è indotto dalla presenza di vegetazione al suo interno come accade nelle “zone a verde” cittadine.

Le specie arboree impiantate nelle aree cimiteriali non sono scelte a caso per cui domina il cipresso, albero simbolo dell’eternità in quanto sempreverde, un ulteriore fattore di ispirazione per la riflessione la quale, è scontato, richiede tranquillità che, invece, verrebbe compromessa dalle operazioni di cremazione svolte in continuo in prossimità. Il cimitero ha l’impostazione, con i suoi viali contornati di frequente da siepi, di un giardino, immerso, peraltro, in un contesto di valenze paesaggistiche notevoli come accade nei cimiteri dei centri minori di gran parte della regione: le qualità estetiche dello stesso verrebbero alterate dalla costruzione al suo fianco di un volume edilizio, al di là della sua destinazione d’uso che in questo caso è quella di forno crematorio (gli unici fabbricati ammessi nell’idea che abbiamo noi, che si è sedimentata nella coscienza collettiva, di cimitero sono la chiesa e le cappelle gentilizie oltre che alcuni minimi edifici di servizio).

Nel cimitero si va a visitare le tombe dei propri congiunti estinti o di conoscenti con i quali si avevano legami di amicizia, pratica cui si addice l’assunzione di un atteggiamento composto, non si vuole usare la parola formale, portando in dono dei fiori (con o meno il cero), alla stregua di quanto si fa, secondo consuetudini borghesi, nelle visite di cortesia; l’atmosfera di compostezza che è di rispetto verso i defunti verrebbe incrinata dai rumori, dalle voci degli addetti, provenienti dal vicino forno crematorio come si conviene ad un’attività lavorativa.

Non si è detto finora nulla del significato religioso del cimitero, o meglio, da questa angolatura, camposanto perché per i fedeli del credo cattolico è uno spazio intriso di sacralità, un momento di raccoglimento nel quale pregare e pure in riguardo a ciò bisognoso di isolamento da ogni forma di disturbo, acustico se ci riferisce al lavoro richiesto per la cremazione. In definitiva, sia se lo si considera dal punto di vista dei credenti sia se lo si legge quale istituzione laica, concepita per ragioni igieniche le quali impongono che esso stia lontano dall’abitato alla stessa maniera del mattatoio, dei depuratori e, in passato, del lazzaretto e, sempre per questioni di igiene pubblica, e non a scopo decorativo, arredato con essenze vegetali, le stesse che nel medesimo periodo iniziarono a comparire nei nuclei residenziali ai fini, in ambedue le situazioni, della salubrità dell’aria, il cimitero è un elemento primario nell’organizzazione territoriale.

Il suo essere separato dal resto delle funzioni urbane non va interpretato come succede per le carceri e, di nuovo, i mattatoi e i depuratori quale segno di respingimento dal consorzio sociale, quanto piuttosto espressione di riguardo alle sue esigenze di riservatezza, usualmente e inconsciamente tenute in conto nella localizzazione di discoteche, impianti sportivi, centri commerciali, industrie e che imporrebbero di adottare un comportamento prudente nel prendere decisioni relative all’ubicazione di opere, come il crematorio, potenzialmente in grado di comprometterne la quiete o addirittura di alterarne il senso.

di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it) 

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