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Tratturo, la linea di massimo sviluppo del Molise

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Si è detto linea, ma per il suo spessore si sarebbe dovuto dire nastro. È la diagonale la direttrice più lunga in qualsiasi superficie di tipo rettangolare, come quella della nostra regione (in qualche modo); i percorsi tratturali camminano in senso obliquo nel territorio regionale

di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it)

22 dicembre 2020

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Il tratturo va preso unitariamente, anche se poi è evidente che le escursioni, salvo trekking veramente lunghi, lo percorrono per tratti. Infatti, le greggi ci si immettevano nel suo punto d’inizio, o pressappoco perché vi confluivano pure le pecore “altomolisane”, e ne uscivano fuori alla sua conclusione che è il Tavoliere; utilizzando l’immagine di un tapis roulant o di un nastro trasportatore, gli armenti vi salivano sopra in territorio abruzzese, e pure in quello dell’alto Molise, e ne discendevano solamente allorché arrivavano in Puglia.

Non erano previsti tragitti più corti perché i pascoli da sfruttare stavano in suolo pugliese che è pianeggiante come si conviene, vale pure per gli altopiani, alle superfici pascolive e lo stesso dicasi per i prati da sfruttare in estate che sono necessariamente montani, dunque nell’Abruzzo. Ovviamente c’erano delle eccezioni che, però, erano rare. In definitiva, il tracciato tratturale non può essere scambiato con una strada quanto piuttosto con un’autostrada con un numero di uscite intermedie limitato.

Ancora meglio, si assimila alle rotte marittime o aeree, con le quali ha in comune il fatto che anche il tratturo è scarsamente percepibile a terra, quasi una semplice direttrice, così come in cielo e in mare, rispettivamente per gli aerei e le navi, le rotte corrispondenti non sono segni fisici; ciò che è visibile sono i porti e gli aeroporti, da dove le imbarcazioni e gli aeroplani partono e arrivano, di nuovo per la rete tratturale i monti abruzzesi e le piane pugliesi cioè l’inizio e la fine della transumanza.

Rimanendo per un altro attimo alla comparazione in corso si rileva che in tutti e tre questi spostamenti non sono previsti incroci, né in aria per i velivoli, né nella distesa marina per i navigli, né tra le piste tratturali: esclusivamente a Campobasso queste ultime si intersecano innestandosi il Braccio Tratturale Cortile-Matese nel Castel di Sangro-Lucera. È da segnalare, visto che ne abbiamo parlato, che il sistema autostradale, in qualche modo, prevede, tramite i raccordi, che le arterie autostradali si incontrino fra loro, ma ciò non produce la formazione di un luogo per gli scambi (commerciali, sociali, culturali, ecc. come sono le città).

Ricapitolando e calando quanto detto nel comprensorio in cui si è svolto il cammino di più giorni nell’agosto 2020 della Sezione di Campobasso del CAI, poiché questo, in parte, rientra nell’alto Molise, il quale è caratterizzato dall’attività pastorale da cui è scontato “entrare” nei tratturi per effettuare la transumanza. Il flusso, degli animali provenienti dai monti abruzzesi man mano si ingrossa attraversando il nostro ambito sub-regionale e di conseguenza è in quest’ultimo che si ha il transito del maggior numero di capi ovini, superiore a quello che si registra al passaggio del Sangro.

Riprendendo un ulteriore argomento cui si è accennato in precedenza, quello dell’assenza di congiunzioni tra i tratturi le quali implicitamente avrebbero generato dei momenti di mercato, è da rilevare che ciò non è stabilito da nessuna parte, nonostante che solitamente è alla convergenza tra due assi viari che il commercio si sviluppa, e la dimostrazione è il Pescasseroli-Candela lungo il quale sorgono in serie Isernia, Bojano e Altilia dove prosperava l’economia mercantile e non sono nodi tratturali.

Nella zona percorsa dai Soci del Club Alpino Italiano nell’estate di quest’anno non si ha nulla che possa assomigliare a quanto avviene nella fascia pedemontana del Matese in quanto qui, per una serie di ragioni storiche e geografiche, non si è avuta la nascita di entità urbane consistenti, le condizioni insediative che attraggono i mercanti. I presupposti, dunque, non c’erano, pur riscontrando che il Castel di Sangro-Lucera si colloca in prossimità degli abitati, non, comunque, all’interno come avviene nei vecchi Municipi romani in cui, addirittura, il tratturo condiziona l’impianto urbanistico.

Quest’asta tratturale nell’intorno territoriale oggetto del viaggio estivo a piedi del CAI, è tangente a Pescolanciano, Civitanova, Duronia, Torella (c’è poi Castropignano), cosa che non succede prima, Roccasicura, e nemmeno in seguito con tanta frequenza e neppure nel Celano-Foggia (metà della vacanza deambulante è stata trascorsa sul suo sedime) il quale sistematicamente corre distante dagli agglomerati abitativi, perciò non solo qui.

Che la transumanza non sia un vettore di merci da scambiare è dimostrato, oltre che dalla sua cadenza bistagionale la quale impedisce la continuità dei rapporti di compra-vendita, dalla gravitazione, per gli acquisti, di ciascuno dei paesi toccati dalla settimana itinerante del Club Alpino con altrettanti nuclei abitativi ai quali non sono collegati mediante i tratturi: Civitanova e Duronia con Frosolone, Pescolanciano, Carovilli e Pietrabbondante con Agnone, Bagnoli e Salcito con Trivento.

Neanche per i traffici a lungo raggio, ai quali si presterebbe bene, non solo per quelli a breve, veniva utilizzato il tratturo; a proposito della estensione del camminamento non si può escludere, per il Celano-Foggia specialmente che è il maggiormente prossimo visitato tra i due visitati dal CAI un mese circa fa, al Gargano, che esso fosse parte di un itinerario più ampio, di scala nazionale se non internazionale, avente quale meta il santuario dell’Arcangelo Michele, un segmento della via Micaelica. È da far presente che in passato cammino e pellegrinaggio erano due parole pressoché equivalenti.

Accanto alla venerazione per S. Michele, peraltro il protettore del mondo pastorale, vi era quella estremamente diffusa nei comuni toccati dalle vie della transumanza per la Madonna dell’Incoronata di Foggia, città in cui convergono tutti i tratturi (sue statue sono presenti a Carovilli, Torella, ecc.). In conclusione, per tirare le fila del discorso avviato al principio si riconosce che occorre trattare il tratturo nella sua interezza, comprese le pecore che sono la sua linfa vitale assomigliando figurativamente, ad un organismo che, similmente a quelli animali, una sorta di grande mostro, ha un capo, i monti dell’Abruzzo, e una coda palmata, il Tavoliere e il corpo esso stesso, oppure a quelli vegetali, un patriarca verde con radici nella Puglia, un gambo o tronco, la striscia erbosa che in diagonale taglia la nostra regione, e una chioma o corolla, situati in Abruzzo.

Ci manca poco che non sia animato, un superessere! Oggi invece a seguito della perdita della sua funzionalità, la bestia si è sopita, il tratturo non è sentito come una struttura composta di parti fortemente integrate l’una con l’altra, una cosa unitaria, bensì scomposta in pezzi tanti quanti sono gli assegnatari del demanio tratturale per i quali esiste l’appezzamento di terra che hanno in concessione senza conoscere ciò che avviene sopra e sotto.

di Francesco Manfredi Selvaggi (da ilbenecomune.it)

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