“I lati del cerchio” di Aurora Delmonaco

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La recensione di Rita Frattolillo

di Rita Frattolillo - fb

5 ottobre 2020

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Trovarsi tra le mani le lettere che si erano scambiate i propri nonni all’inizio del loro amore, quando i tram erano ancora trainati dai cavalli, può suscitare in una nipote che - oltre un secolo dopo - le legge con rispetto ed emozione, un miscuglio di sentimenti. Sentimenti che vanno dal desiderio di ritrovarli seguendo le loro tracce all’impulso di farli rivivere grazie alla parola. Studiosa e ricercatrice di lungo corso nell’ambito storico, scrittrice di vaglia, Aurora Delmonaco, nipote del capitano di fanteria Stanislao Smiraglia e di Amelia Assante, in quest’ultimo romanzo I lati del cerchio(ed.End, 2019), prendendo le mosse  dalla corrispondenza epistolare tra i  suoi nonni materni, ripercorre le loro vicende personali e familiari collocandole nella realtà storica del primo Novecento, dal  tramonto della Belle époque, descritta nelle sue luci e nelle sue ombre, agli scioperi delle masse scontente, affamate, fino al primo dopoguerra e alle avvisaglie del fascismo.

L’epistolario ha l’effetto di dileguare il limbo remoto e nebuloso in cui i nonni erano stati confinati da Aurora, alla quale si apre un mondo inesplorato da scandagliare con il carico emozionale della nipote e la puntigliosità della ricercatrice.

Fin dalle prime pagine del romanzo penetriamo nel clima di allora, perché quegli scritti sono l’eco o la cronaca di quanto succedeva a Napoli, residenza di Amelia - ragazza istruita di buona famiglia - e la vita del capitano Stanislao a Pantelleria, dove era distaccato.

Due realtà sociali e culturali molto diverse: da un lato la colta, emancipata Napoli di inizio Novecento, aperta a godersi le novità, i teatri, le esposizioni, tutto quanto ha reso irripetibile la Belle époque; dall’altro l’arretrata e povera Pantelleria. Nell’incrocio degli accadimenti piccoli e grandi  raccontati da Amelia e da Stanislao con una prospettiva necessariamente diversa, il lettore viene immerso nella temperie di allora, la respira, fino a sentirsi  parte di ambienti e situazioni, grazie al vivido affresco  delle convenzioni sociali, della mentalità, delle abitudini, creato dall’autrice con una scrittura avvolgente, capace di passare con naturalezza da un registro all’altro, dal tono ironico - con i guizzi peculiari dello spirito napoletano dell’autrice - al tenero, al drammatico.

Al filone principale, quello della famiglia Smiraglia, sempre più numerosa per le nuove nascite che avvengono in città diverse a causa della carriera di Stanislao, s’intrecciano altre vicende, altri personaggi, che una pagina dietro l’altra sentiamo come persone autentiche, che non evaporano come gli eroi di carta di tanti libri.

Walter Benjamin affermava che è più difficile onorare la memoria dei senza nome che non quella degli altri, e dal canto suo Hanna Arendt era convinta che la memoria è l’ossatura della Storia, e come tale va custodita e coltivata.

Storia di un grande amore, saga di memorie familiari private, romanzo appassionante sulla nostra Storia comune, collettiva, I lati del cerchio conferma, in definitiva, che la Storia non va soltanto ricercata, ma narrata, per scongiurarne l’oblio.

di Rita Frattolillo - fb

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