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Alla scoperta di San Pietro Infine

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La Pompei del ’900

di Angela Iantosca (da agoravox.it)

3 settembre 2020

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Tra le rovine di San Pietro Infine, località nei pressi di Cassino, unico paese italiano distrutto durante la Seconda Guerra Mondiale e mai ricostruito. Da qualche anno la decisione di trasformare le rovine in un luogo della memoria "perché la guerra va ricordata per educare alla pace le nuove generazioni": I progetti, la Fondazione, il Festival, la Grande Guerra e Huston...

Per anni solo silenzio e polvere. Lontano la vita della nuova comunità. Lontano il ricordo, lontano quegli orrori, le grotte, i rifugi, le fughe, la guerra, la morte. Sono bastati 10 giorni per cancellare una storia millenaria e i riti quotidiani della gente di San Pietro Infine, paese medievale, a 9 km da Cassino, divenuto teatro di uno dei momenti più drammatici della Seconda Guerra Mondiale nel dicembre del 1943. Sono passati quasi 70 anni da quella guerra che ha mietuto vittime, lasciando ferite che non si sono mai cicatrizzate veramente.

Ora quel paese ha deciso che la Storia, quella con la esse maiuscola, non può e non deve essere dimenticata, che quelle pietre hanno ancora troppo da dire per essere lasciata così “come una cosa posata in un angolo e dimenticata”. Per questo San Pietro Infine, grazie alla gente volenterosa che lo abita, sta tornando a vivere.

Tra le pietre di ieri e di oggi

Sveglia alle 6 per immortalare quelle pietre con le prime luci dell’alba. A farmi da Cicerone Massimo Giangrande. Cammino fra quelle rocce mentre la mia guida mi spiega come gradualmente il paese vecchio stia riprendendo vita:

"Era un cumulo di macerie e sterpi. Dopo la fine della guerra, pochissima gente è rimasta qui. Poi il paese vecchio è stato completamente abbandonato. A valle ne è stato costruito uno nuovo, ma moltissima gente si è trasferita in cerca di fortuna in Canada".

Le grotte

Cominciamo il cammino dalle grotte nelle quali donne, bambini e uomini si rifugiarono durante i bombardamenti: sono strette, buie anguste. "Le scavarono con i picconi, cercando di farsi largo nella montagna". In quei mesi terribili nacquero anche dei bambini: la vita che si fa strada tra la morte, la gioia che si fa largo nella disperazione. Ci inoltriamo nel paese: case diroccate, alcune con interni ancora intatti, una porta in legno che fa pensare a vite passate. Sembra quasi di cogliere i passi dei sanpietresi di allora, le loro fatiche nel salire quelle scalinate strette che portavano nella parte alta del paese.

E poi la farmacia, l’arco dei baroni e la Chiesa di San Michele:

 "E' pericolante e devono essere compiuti dei lavori di messa in sicurezza – mi spiega l’architetto Paolo Vacca che da anni sta lavorando alla ricostruzione del paese vecchio -. La nostra idea è di non ricostruirla, ma di lasciarla così: lacerata, squarciata, come simbolo di ciò che è stato".

Dalla chiesa si domina il panorama circostante: colline e montagne che sembrano inseguirsi, lontano, mentre il sole comincia ad alzarsi. Scendiamo e raggiungiamo la Piazza che, a breve sarà intitolata a Monicelli: "In questa piazza nel 1959 – continua l’architetto – sono state girate delle scene de La Grande Guerra di Monicelli. Qui sono stati Gassman e Sordi".

Se li ricordano tutti in paese: "Monicelli stava lì, sulla sua sedia, lontano. Sordi e Gassman invece ridevano e scherzavano. Ricordo che ci davano 500 lire se gli andavamo a prendere l’acqua", spiega l’architetto. La piazza è stata ristrutturata ed ora può accogliere anche 1200 persone. Come è avvenuto a fine agosto per la seconda edizione di “Storie nella Storia", festival del cinema, documentario e reportage, curato dal Direttore Artistico Angelo Maria Villani.

"Sono moltissimi i progetti che vorremmo portare avanti (spiega il presidente della neonata Fondazione Parco della Memoria Storica Fabio Vecchiarino) : dal 2002 abbiamo avviato l'opera di ricostruzione, ma stiamo lavorando affinché San Pietro venga considerata una tappa obbligata: il modo migliore per conoscere la storia ed evitare di commettere gli stessi errori è vedere da vicino cosa hanno prodotto gli uomini nel passato. Perché la guerra va ricordata, per educare le future generazioni alla pace". 

Cinema e musica

Nel 1944 J. Huston, padre di Angelica, realizzò un film, “The Battle of San Pietro”, riconosciuto dalla critica cinematografica il più grande documentario di guerra mai girato in cui vengono raccolte immagini di sanpietresi che escono dalle grotte dopo la liberazione. Ad esso si ispirò il regista Steven Spielberg nel girare il film “Salvate il soldato Ryan”.

Gli stessi U2 scelsero immagini del film di Huston nel loro videoclip “In God’s Country”.

Le storie: Rosvelt e Erminia Colella

A San Pietro Infine ti capita di incontrare ancora la gente che quella Guerra l'ha vista. Che ha sentito le bombe. Che è vissuta nelle grotte e che si ricorda degli americani, gentili e premurosi. E poi c'è chi l'ha vissuta senza accorgersene, perché sotto quelle bombe c'è nato. Come Rosvelt.

"Sono nato il 13 dicembre del 1943. Io mi ricordo, attraverso mio padre e mia madre: mi hanno raccontato quando nacqui. E mi hanno messo questo nome perché c’erano gi americani. Noi eravamo nelle grotte. E mio padre disse: "battezziamolo". E il cappellano disse "ma perché non mettiamo il nome Rosvelt", visto che il Presidente degli Stati Uniti era Roosevelt. E gli americani mi fecero volare per festeggiarmi...".

Dove è vissuto?

"A San Pietro Infine vecchia, fine agli anni Cinquanta: c’era ancora l’asilo. Poi giù a San pietro Infine nuova, vicino alla fontana. Ci siamo trasferiti nel 50/51. Nel 1960 sono andato in Francia, dove facevo il camionista. Poi Roma e nel 1968 sono tornato a San Pietro. Ed ora ho costruito una casetta a San Vittore, ma sto sempre nel mio paese".

I compaesani come la chiamavano?

"Qualcuno Rosvelto. Rosveltino… e quindi Tino!"

Nel 1958 quando è tornato Huston lei lo incontrò?

"Sì, ma non lo ricordo. Ricordo la Mangano quando vennero a girare "La Grande Guerra" e la Mangano ci dava i soldi!"...

E poi c'è Erminia Colella, immortalata da Huston nelle sue riprese, che ricorda quei giorni terribili, l'assenza degli uomini, la forza delle donne capaci di difendere il proprio onore. "Ricordo che quando arrivò, Huston mi disse di sorridere. Avevo 17 anni. Sono stata la prima ad essere stata fotografata! Quando entrarono in San Pietro, noi stavamo sotto i ricoveri, mi ero stufata a volte uscivo fuori e dicevo “voglio morire”. Noi stavamo nelle cantine della casa che era vicino alle grotte. Era umido, colava l’acqua. Eravamo una decina di persone in tutto. E siamo stati lì da novembre fino al giorno prima di Natale. Uscivamo… ogni tanto".

E i tedeschi come si comportarono nei mesi di assedio?

"Erano furbi... Ricordo che una notte vennero alle 11 di sera. Dentro quella casa eravamo io, mia sorella e mia cugina… i vecchi erano tutti scappati! Mio padre era nella grotta. Comunque volevano che qualcuna di noi andasse a pulire le patate. Dissi che mia sorella e mia cugina erano malate e che io non mi sarei mossa. Mi sedetti per terra e dissi che piuttosto sarei morta lì… e loro se ne andarono!".

 Che ricordo ha dell’arrivo degli americani?

"Arrivarono in silenzio. Ricordo che ci fu la sospensione dei bombardamenti, i tedeschi se ne andarono e arrivarono loro... - si commuove nel raccontare –: ci hanno trattato bene. Qundo poi io sono uscita, mi sono messa al sole e arrivò un uomo con la cinepresa che girava continuamente. Mi disse “Hallo” e io gli risposi “hallo”. Ricordo che aveva questo giaccone pieno di tasche e mi diede tantissimo cioccolato. Era Huston. Da solo. Non era con l’esercito. Dietro di lui c’erano gli italiani che venivano da Montelungo per vedere cosa era successo".

Come erano gli americani?

"Erano educati… ci facevano scaldare se c’era freddo. Ci davano il sapone e ci pagavano se gli andavamo a lavare gli abiti, ci regalavano la cioccolata. Gli animali non c’erano più e i campi non potevano essere coltivati perché erano pieni di mine! Abbiamo sofferto molto e fino al 1946 è stata durissima".

di Angela Iantosca (da agoravox.it)

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