Cos’è il turismo lento?

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Intervista a Paolo Piacentini di Federtrek

di Irene Burlando (da changethefuture.it)

3 giugno 2020

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Sono stati mesi – è doveroso ripeterlo – molto duri. Siamo stati scaraventati senza preavviso in una spaventosa realtà quasi inverosimile, “da film”. Il tempo si è fermato. Gli impegni, le corse, le commissioni, gli appuntamenti, il parrucchiere, l’estetista, la vacanza last-minute, improvvisamente sono diventati superflui. Come forse mai prima d’ora abbiamo riscoperto il valore più profondo del tempo.

n questi primi giorni di cauta riapertura, conseguentemente alle consapevolezze acquisite, si è molto parlato di turismo lento, di riabitare la montagna e le aree interne, di lasciare la città. Il luogo simbolo della vivacità e quasi della stessa vita è diventato un posto vuoto, grigio, pericoloso, ostile. Ma siamo davvero consapevoli di cosa realmente comporti questo spostamento? Per averne un’inquadratura più realistica abbiamo scelto di parlarne con Paolo Piacentini, presidente di Federtrek.

Vorrei chiederti di presentare Federtreck, in particolare in relazione a quello che è il suo impegno verso le Aree Interne.

L’associazione nasce nel 2011 in relazione a un manifesto sul camminare e all’istituzione della giornata nazionale del camminare, che si tiene durante la seconda settimana di ottobre. Questo illustra bene la maniera in cui Federtrek si sviluppa su un discorso legato alla cultura del camminare, non solo in montagna ma anche in città.

Le attività principali di Federtrek durante l’anno consistono nell’escursionismo, nel turismo lento e in tutte le attività delle organizzazioni che aderiscono. Infine ci occupiamo di portare anche le persone diversamente abili a praticare l’escursionismo lungo i sentieri utilizzando la Joelette (una sorta di carrozzina con una ruota molto grande, ndr) che permette loro di fruire pienamente della natura e dei parchi. Sulle Aree Interne il lavoro è molto:giro l’Appennino, racconto le storie di chi rimane e di chi torna. In questo periodo in particolare c’è molta voglia di ripartire e di rinnovarsi, soprattutto per quanto riguarda il turismo lento; siamo tutti consapevoli del fatto che forse è proprio nelle Aree Interne che può avvenire una fruizione più attenta al distanziamento fisico – e non sociale.

Potresti spiegarci cosa significa turismo lento?

Turismo lento significa riprendere il vero significato del viaggiare. Più che essere turisti, essere viaggiatori. Il viaggio di due secoli fa era un viaggio di formazione, non un turismo mordi-e-fuggi. In turismo lento noi facciamo rientrare il camminare, l’escursionismo, il viaggio con il treno storico, il cicloturismo… tutto quello che ha un legame profondo con il paesaggio, con la storia, con la cultura della natura e ha con esse un approccio di ritmo più dolce. È anche un turismo più rispettoso, e anche su questo aspetto bisogna poi costruire un buon livello di consapevolezza, perché paradossalmente anche il “cicloturista” rischia di consumare il viaggio, se percorre un’unica pista ciclabile famosa senza mai guardarsi intorno.

In che modo le Aree Interne possono rappresentare una risorsa in questa riapertura e come si sta muovendo Federtrek?

Adesso piano piano con le varie ordinanze ci stiamo muovendo in ambito regionale, assieme anche ad altre associazioni che fanno attività di questo tipo; gli escursionisti e gli accompagnatori professionisti stanno riprendendo queste attività, sia su lunghi cammini che sulla rete sentieristica. Federtrek ha elaborato anche un proprio codice di comportamento – che riprende un po’ anche i codici sviluppati da altre associazioni – per definire le modalità per muoversi in sicurezza nel rispetto delle norme che volta per volta ci vengono date dal Governo e dalle Regioni. Quello che noi pensiamo possa dare come contributo il turismo lento, consapevole e responsabile, nelle Aree Interne è rimettere in campo delle micro-economie: i piccoli paesi e i piccoli borghi potrebbero essere sostenuti in maniera determinante se si riuscissero a creare delle micro-economie concrete, legate per esempio alla rinascita di un Bed and Breakfast per turisti ed escursionisti come è successo nella Via degli Dei, tra Bologna e Firenze.

Il ruolo del camminare e del turismo lento, che sono il fulcro di Federtrek, ha sicuramente un valore aggiunto in questo momento: si parla molto di turismo di “prossimità”, di turismo domestico, di superamento dell’overturism dei grandi centri e nelle grandi città. Si è molto parlato anche del “riabitare la montagna”

Esattamente. Il problema è che occorre farlo in maniera sostenibile. Andare a vivere in montagna non significa andarci soltanto perché “scappo dalla città”. Spesso anche gli abitacnti sono “colonizzati” dalla cultura urbana: praticamente non conoscevano più neanche il territorio in cui vivevano. Riabitare la montagna significa riabitarla in modo consapevole. Anche il turismo è un pezzo dell’economia della montagna, ma non può essere il solo. Anche le comunità devono tornare a riabitare diversamente la propria terra, devono prendersene cura. Non ha senso che gli abitanti della città vadano via per respirare meglio… Eh no! Devono cambiare la loro città che deve essere più in salute.

di Irene Burlando (da changethefuture.it)

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