Borodol 1979. La Crisi

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Racconti di Padre Antonio dalla sua Missione in Bangladesh (tratto da una pagina del diario 1978-1990)

di p. Antonio Germano

18 maggio 2020

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Scrivo queste righe dopo la mia lunga parentesi ospedaliera. Solo due mesi dopo infatti son potuto rientrare a Borodol per riprendere la mia attività. Ho così pagato anch’io il mio tributo a questa terra, io che mi gloriavo dinanzi agli altri per il fatto che in due anni mi era andato tutto liscio. “Vedrai che prima o poi arriverà anche il tuo turno!” mi diceva sorridendo un confratello. E difatti il mio turno è arrivato..., ma spero sia anche passato.

“Ma cosa ti è accaduto?” mi chiederete. Tutto è avvenuto ai primi di maggio. Il vescovo Mons. Michael D’Rozario, per la prima volta durante la mia presenza a Borodol, veniva in visita pastorale alla missione ed io l’ho accompagnato in tutti i villaggi. Faceva un caldo tremendo ed io non avevo preso nessuna precauzione nel coprirmi la testa. E così picchia oggi, picchia domani, alla fine la mia testa è scoppiata. Terminata la visita pastorale, col battelo di servizio giornaliero Borodol-Khulna, il vescovo è rientrato in sede. Il giorno dopo verso le due del pomeriggio mi son sentito addosso un febbrone da cavallo. Allora, d’istinto, mi son detto: “Qui, se non parto, ci rimetto le penne!” Ho deciso quindi di andare subito nella vicina missione di Satkhira. Con quale mezzo? Con l’elicottero! Sapete cos’è l’elicottero di Borodol? E’ una bicicletta con il sedile posteriore riservato al passeggero. Lo chiamano elicottero perché è il più veloce mezzo di trasporto nella zona. Corre sull’argine del fiume e si carica facilmente sulla barca per l’attraversamento dei fiumi. Son salito dunque sul mio elicottero sotto un sole che spaccava le pietre, si direbbe in Italia, perché qui da noi non ci sono pietre.

Dopo due ore e mezzo sono arrivato alla missione di Satkhira. Sceso dall’elicottero sono crollato. Spaventati, i padri mi hanno subito accompagnato da un bravo medico pakistano amico della missione, il quale, vedendomi, ha detto che avevo preso un colpo di sole. “Sunstroke!” ha sentenziato. I padri mi hanno poi accompagnato nella casa delle suore, che gestiscono il dispensario della missione. Le due suore infermiere, Sr. Filomena e Sr. Laura, hanno fatto il turno nell’assistermi durante la notte. Secondo il suggerimento del medico, hanno posto una borsa d’acqua ghiacciata sulla mia testa matta. Tutta la notte, mi diranno dopo, sono rimasto in uno stato inconscio. Il giorno dopo P. Gabriele Spiga con Sr. Filomena mi ha accompagnato all’opedale di Jessore con la FIAT 1400 della missione, affidandomi alle cure del dottor Remo Bucari.

Dopo 3 o 4 giorni di semi inconscienza, sono rinvenuto trovandomi addosso un altro malanno. Ogni giorno, ad una determinata ora, dopo un brivido di freddo, mi scoppiava un gran febbrone. Era comparsa la malaria e così sono rimasto bloccato all’ospedale per 40 giorni. Il medico, le suore e le infermiere hanno avuto grande cura di me. Ristabilito in salute, era giunto il momento di tornare a Borodol. Qui incomincia il dramma della mia vita: tornare o non tornare a Borodol? Stando in ospedale avevo ricevuto tanta attenzione: luce elettrica, aria condizionata, cibo squisito, acqua fresca,ecc. Sull’onda dell’entusiamo mi ero avventurato nell’impresa della missione a Borodol; tutto era nuovo per me e avrei affrontato tutto con spirito pionieristico. Ma adesso? Il quadro mi appariva chiaro: sapevo quello che lasciavo e mi veniva paurosamente incontro quello che avrei di nuovo trovato. Vi confesso: non avevo nessuna voglia di tornare a Borodol. Era un lunedì e mi trovavo in questa situazione. Vado nella cappella dell’ospedale a pregare. Al lunedì della quarta settimana del salterio l’Ufficio delle Letture ci fa pregare con il salmo 72. Man mano che mi inoltro nella lettura e nella preghiera ho la sensazione netta che quel salmo è stato scritto per me: quei versetti e quelle parole mi rimbalzano dentro e mi infondono una serenità ed una gioia straordinaria, comunicandomi anche forza e coraggio: “Riflettevo per comprendere, ma fu arduo agli occhi miei, finché non entrai nel Santuario di Dio... Io ero stolto e non capivo... ma io sono con te sempre: tu mi hai preso per la mano destra... Vengono meno la mia carne e il mio cuore; ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre”.(Sl. 72,vv. 16,22,23,26)

La decisione, come all’inizio della mia chiamata alla missione, si rinnova e mi riporta, con un entusiasmo diverso, perché fondato su una Forza diversa, in mezzo a quelli che mi aspettano. Sono dunque a Borodol. C’è ancora un po’ di fiacca, ma pian piano spero di ricuperare le mie forze. Ora siamo nel pieno della stagione delle piogge, che quest’anno sono arrivate in ritardo, causando danni incalcolabili: un raccolto di riso in meno, juta e canna da zucchero che sono andate alla malora. Il prezzo del riso attualmente si aggira intorno alle 7 taka. Se pensate che chi è fortunato guadagna 10 taka al giorno (=600 lire), potete farvi un’idea della cosa. In Occidente è il prezzo del petrolio che condiziona tutto, qui invece è il prezzo del riso. Lascio immaginare a voi quello che ho trovato qui dopo due mesi di assenza: la casa e il giardino tornati di nuovo alla giungla, dove i serpenti son tornati a farsi il nido. Tutte le iniziative intraprese ai vari livelli rimaste bloccate. Si tratta perciò ancora una volta di ricominciare da capo. In questo periodo dell’anno c’è sempre penuria in Bangladesh; quest’anno poi, per le ragioni a cui accennavo, si sente ancora di più. Da tutti i villaggi vengono qui al centro credendo di trovare la manna; purtroppo, però, alle volte bisogna fare anche la parte del duro per scopo educativo. Noi già da molto tempo abbiamo accantonato l’idea di fare l’elemosina, perché l’aiuto dato senza partecipazione dell’individuo crea una mentalità di accattoni, che è diametralmente opposta a quella dello sviluppo. Con i pochi soldi di cui si dispone, si cerca di creare iniziative di lavoro, che possano coinvolgere l’individuo e renderlo partecipe e responsabile del proprio sviluppo. Questa politica non è semplice, perché è molto più facile dare un aiuto spicciolo e lavarsi le mani, lasciando che le cose continuino come prima. (BORODOL, 08.07.1979)

di p. Antonio Germano Das, sx. (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

  • (NdR: Per chi volesse contribuire per dare un aiuto agli ultimi tra gli ultimi nella missione di Padre Germano, ecco i dettagli:
  • Beneficiario: Procura Missioni saveriane
  • IBAN beneficiario: IT86P0623012706000072443526
  • Causale: Padre Antonio Germano – Bangladesh)

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