La didattica è una tecnica del corpo

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Insegnare è postura, fiato pompato nei polmoni dal diaframma, scelta di gestualità, gestione delle traiettorie dello sguardo, toni della voce, spartito di vocalità e tenori dell'emissione di suono a calmierare, far risaltare, creare intensità

di Letizia Bindi 

14 maggio 2020

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Ho terminato i tre corsi di questo semestre 'a distanza'. Sono tra quelli che apprezzano il modo in cui le Università hanno saputo reagire alla mannaia del lockdown sull'interazione profonda dell'incontro formativo. 

Grata ai colleghi, generosi di competenza e di tempo, che in una settimana hanno saputo approntare un ambiente digitale fruibile friendly perché tutti potessero agilmente accedervi. Ho fatto lezione in diretta, senza registrare prima. Rispondendo mentre procedevo nella lezione alle molte domande e commenti che venivano nella chat. Leggendo materiali con loro e guardando insieme documenti per poi commentarli insieme. Gli studenti delle diverse classi hanno presentato interessanti elaborati come lavoro intermedio per i frequentanti. Si può abitare nonostante tutto questo spazio virtuale in modo non vano e non frustrante. 

Tuttavia proprio una mia passata studentessa mi ha ricordato le code di chiacchiere sulle scale dell'università o nel cortile dopo le lezioni. Altri mi hanno ricordato le visite di studio lungo i cammini processionali. Ho sentito in modo tangibile l'assenza del respiro delle classi e mi è mancato quella ineffabile corrispondenza di sguardi che a volte ti fa virare in un attimo toni, esempi, parole, ritmo del parlare per un riflesso che ti viene dal lungo insegnare. Ho dato la mia prima lezione in un'aula universitaria a 27 anni, se non vado errata. Ho assistito a un colloquio d'esame da quando ne avevo 24. 

Insegnare è, tra le molte altre cose, una tecnica del corpo - come le chiamava Marcel Mauss. È postura, fiato pompato nei polmoni dal diaframma, scelta di gestualità, gestione delle traiettorie dello sguardo, toni della voce, spartito di vocalità e tenori dell'emissione di suono a calmierare, far risaltare, creare intensità. Gestione dei silenzi a risaltare la presa di parola. È tecnica di ascolto. Accoglienza di ogni domanda come una imperdibile finestra sulle persone e le classi. Come quando fai ricerca sul campo e ogni frase prende corpo e senso come una piccola rivelazione. Insegnare ha bisogno del viaggio che serve a recarsi in sede. 

Che siano i lunghi spostamenti in auto o in treno di quando sei fuori sede o la passeggiata di un paio di chilometri nell'aria mattutina che ti porta a lezione facendoti prender fiato e durante la quale già pensi a come inizierai, quel giorno, a suonare il tuo piffero per provare, non sempre con la stessa ispirazione, certo, né con lo stesso seguito a richiamare all'ascolto. Insegnare ha bisogno delle mani che disegnano nell'aria - nel mio caso ad ampi gesti - le forme sottili delle idee. Per questo sono tanto contenta e fiera di non aver lasciato indietro un giorno della mia didattica a distanza, ma so anche che mi emozionerò non poco quando potrò tornare in aula e guardare dritto negli occhi ogni studente. Corrispondenza di sguardi e trasmissione di sapere. È quello il lievito che trasforma le conoscenze apprese e discusse in alimento che non finisce.

di Letizia Bindi (Docente c/o Unimol) - fb

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