L’assalto dei pirati sul fiume kopotokko

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Racconti di Padre Antonio dalla sua Missione in Bangladesh (tratto da una pagina del diario)

di p. Antonio Germano Das, sx. (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

1 marzo 2020

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Fine di luglio-primo agosto ho partecipato a Khulna (Khulna è il centro della Diocesi) al solito incontro mensile con tutti gli altri padri. Il giorno 2, alle 3 e 30 del pomeriggio prendo la lancia (piccolo battello), che fa servizio giornaliero tra Khulna e Borodol (una distanza di circa 100 km.). Non vi dico che diluvio di pioggia veniva giù; siamo, tra l’altro, nella stagione delle piogge, che è cominciata verso la metà di giugno. Erano circa le sette di sera ed io avevo appena riposto nella borsa il solito libro ammazza-tempo, perché ormai non ci si vedeva più a leggere. Improvvisamente: strilla, urla, fuggi-fuggi generale e qualche rumore di schioppo nell’aria. Quelli che si trovano fuori si precipitano dentro nelle cabine. All’inizio non si capisce di che si tratta e si ha paura di pronunciare la parola che tutti pensano. Ci si è rincantucciati nella cabina e nessuno fiata; si chiudono porte e finestre e si vive nell’attesa del peggio.

Nella lancia ci sono 3 cabine ed io mi trovo in quella di mezzo. Sentiamo che nella cabina di fianco a noi i pirati di fiume (qui si chiamano dakat) incominciano le operazioni. Minacce, bastonate e portano via quanto più possono: take (moneta locale) e oggetti vari (soprattutto orologi). In tutto pare siano una decina i dakat. Uno di questi figuri si fa presente anche nella nostra cabina e strappa via l’orologio ad un giovane che è seduto di fronte a me. Sguscia via e noi richiudiamo subito porte e finestre. Per mia sventura mi trovo seduto proprio vicino al finestrino e perciò sotto tiro. Le serrande dei finestini sono a saracinesca: si chiudono dal basso in alto e si aprono dall’alto in basso. Si cerca di non perdere la calma. Nel frattempo credo di farmi furbo mettendomi l’orologio in tasca. Con un colpo secco scivola giù la piccola seracinesca del finestrino e mi trovo difronte un tipo che con un coltellaccio puntato su di me mi ordina di cedergli l’orologio. Io gli mostro il polso sguarnito; egli immediatamente afferra la mia borsa poggiata sulle ginocchia (c’erano 10 mila take: circa 500 mila lire e cioè la paga dei maestri e la somma per portare avanti un progetto di calzoleria che ho iniziato un paio di settimane fa). Trattengo con forza la borsa e gli presento l’orologio. Per il momento siamo salvi: il tipo se ne va. Ci richiudiamo nel nostro silenzio in attesa che ripiombino di nuovo. Sono momenti un po’ terribili perché non si sa come andrà a finire. Si comincia a bisbigliare qualche parola fra di noi. Improvvissamente dal villaggio dove la lancia aveva attraccato si levano urla che si fanno sempre più vicine e distinte. Capiamo che siamo salvi! Ma c’è l’ultimo parapiglia prima che i dakat battano in ritirata.

Fuori dal pericolo (per fortuna solo qualche contuso, ma con un bottino di una ventina di orologi e non so quante migliaia di take), incomincia una discussione animata con tutte le supposizioni. Sono parecchi a ventilare l’idea che ci sia un tacito accordo con la cricca del battello. Da parte mia, posso ringraziare il Signore, anche se adesso sono costretto a scandire il tempo alla maniera bengalese. Conclusione: d’ora in poi cercherò di arrivare a casa per un’altra strada, perché mi dicono che su quella lancia c’è sempre pericolo. A Borodol sono arrivato di notte, alle 2.40 e cioè dopo 11 ore di viaggio per percorrere una distanza di meno cento chilometri.

Borodol, 06.08.1978

NdR: Per chi volesse contribuire per dare un aiuto agli ultimi tra gli ultimi nella missione di Padre Germano, ecco i dettagli:

  • Beneficiario: Procura Missioni saveriane
  • IBAN beneficiario: IT86P0623012706000072443526
  • Causale: Padre Antonio Germano – Bangladesh )

di p. Antonio Germano Das, sx. (Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.)

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