Coronavirus

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Decalogo contro la paura

di Franco Arminio, paesologo, poeta e scrittore – fb

24 febbraio 2020

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  1. Le passioni, quelle intime e quelle civili, aumentano le difese immunitarie. Essere entusiasti per qualcuno o per qualcosa ci difende da molte malattie.
  2. Leggere un libro piuttosto che andare al centro commerciale.
  3. Fare l’amore piuttosto che andare in pizzeria.
  4. Camminare in campagna o in paesi quasi vuoti.
  5. Capire che noi siamo immersi nell’universo e che non potremmo vivere senza le piante mentre le piante resterebbero al mondo anche senza di noi. Stare un poco di tempo lontani dai luoghi affollati può essere un’occasione per ritrovare un rapporto con la natura, a partire da quella che è in noi.
  6. Viaggiare nei dintorni. Il turismo è una peste molto più grande del coronavirus. È assurdo inquinare il pianeta coi voli aerei solo per il fatto che non sappiamo più stare fermi.
  7. Sapere che la vita commerciale non è l’unica vita possibile, esiste anche la vita lirica. La crisi economica è grave, ma assai meno della crisi teologica: perdere un’azienda è meno grave che perdere il senso del sacro.
  8.  La vita è pericolosa, sarà sempre pericolosa, ognuno di noi può morire per un motivo qualsiasi nei prossimi dieci minuti, non esiste nessuna possibilità di non morire.
  9. Lavarsi le mani molto spesso, informarsi ma senza esagerare. Sapere che abbiamo anche una brama di paura e subito si trova qualcuno che ce la vende. La nostra vocazione al consumo ora ci rende consumatori di paura. C’è il rischio che il panico diventi una forma di intrattenimento.
  10. Stare zitti ogni tanto, guardare più che parlare. Sapere che la cura prima che dalla medicina viene dalla forma che diamo alla nostra vita. Per sfuggire alla dittatura dell’epoca e ai suoi mali bisogna essere attenti, rapidi e leggeri, esatti e plurali.

Ossessivamente su televisioni e giornali veniamo aggiornati sul numero dei contagiati. Da una parte la conta ha dei toni apocalittici, dall’altra si dice che l’influenza stagionale fa molti più danni. Oscilliamo tra la paranoia collettiva e l’illusione che presto questa storia finirà e riprenderemo il corso della vita normale. La verità è che nella vita delle nazioni e degli individui ci sono delle sventure che possono essere occasione di crescita. Questo è il compito che abbiamo come comunità nazionale. Dobbiamo prendere atto della nostra fragilità emotiva. Il coronavirus sta impietosamente mettendo in rilievo la psicologia di una nazione che non ha mai fatto i conti coi suoi traumi: basti pensare alle vicende dell’ultima guerra. Adesso non è il momento di mandare tutta la nazione in psicoterapia, ma la politica, la stampa e tutte le persone che hanno una qualche minima rilevanza devono prendere atto che serve attenzione e rigore, serve un ripensamento radicale dei nostri stili di vita. L’Italia sta male, noi stiamo male. Per guarire dobbiamo partire da qui, dalla clamorosa debolezza collettiva che stiamo rivelando in questi giorni. La risposta non è chiudere tutto, ma ragionare con calma sulle nostre virtù e sui nostri difetti. Forse non dobbiamo restringere la nostra vita, ma ampliarla, prendere tutte le precauzioni, aver cura di ragionare lucidamente su cosa siamo diventati in questi ultimi decenni. Non bastano le ordinanze, è un duro lavoro collettivo a cui non siamo abituati. Dobbiamo inventare in queste settimane una nazione coesa e coraggiosa che non c’è mai stata.

di Franco Arminio, paesologo, poeta e scrittore – fb

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